venerdì 9 agosto 2013

Balzarino Pusterla e la sua Certosa di Baggio e diffida del 1407.

                 


 Di primo piano nel potere finanziario dello stato visconteo nella seconda parte del Trecento da Bernabò a Gian Galeazzo; una vita tra affari, guerre, potere e ultime volontà impugnate


I Pusterla furono a Milano, dal periodo comunale al signorile, una delle prime famiglie ghibelline. 
Nel secolo XIII ser Norando e ser Ubertario o Ubertaccio Pusterla, fratelli, hanno proprietà in Milano tra il monastero di S. Celso e la chiesa di S. Lorenzo maggiore, mentre altre loro proprietà confinano con quelle della chiesa di S. Giorgio al Palazzo,[1] nelle cui vicinanze si elevano le loro case fortificate, parte delle quali sono arrivate al XIX secolo, rispettivamente in parrocchia di S. Giorgio al Palazzo ed in parrocchia di S. Sebastiano. Come le dimore signorili che furono di Francescolo e di Balzarino Pusterla, i quali nel secolo successivo seguirono percorsi paralleli. Accomunano entrambi la  benevolenza del principe ed una moglie della casata dei Visconti. Il primo discendente da Macario ed il secondo da Martino, figli di Norando Pusterla. Francescolo, che entrò nella storia di Milano per la morte alla quale lo condannò, insieme a sua moglie Margherita Visconti,[2] Luchino Visconti signore di Milano, raggiunse con Azzone Visconti la posizione più elevata nella corte viscontea, accrescendo anche di molto il suo patrimonio unitamente al suo potere politico. Ma, morto Azzone nel 1339, Francescolo, agli occhi dei suoi successori, Luchino e Giovanni, figli di Matteo I, miranti all'ampliamento del dominio ed ancora più all’ accentramento  nella Signoria di tutti i poteri, rappresentò un ostacolo che si doveva rimuovere e con lui coloro che si erano sentiti per sangue e per ricchezze pari ai Visconti. E per l'accusa di avere congiurato contro Luchino che reggeva Milano e la Signoria con il fratello, l'arcivescovo Giovanni, mente dello Stato, Francescolo Pusterla, la moglie Margherita Visconti, cugina germana di Luchino, i loro figli, ed altri nobili milanesi a loro vicini, perdettero la vita tra il 1340 e il 1341 e tutti i loro averi vennero confiscati. E' nello sfondo di quello scenario che Balzarino visse i suoi primi anni di vita. Non sappiamo quale impatto possa avere avuto su di lui , nato sul finire degli anni Quaranta, tale ricordo di famiglia. Egli, infatti, seguì, per certi aspetti, lo stesso percorso di Francescolo, ma senza tentare mai, per quello che ne sappiamo, di superare l'ombra del principe. I figli di Stefano, fratello di Matteo Magno, Matteo II, Bernabò e Galeazzo II, succeduti a Luchino ed a Giovanni nel 1354, ai Pusterla non solo non chiusero le porte della corte ma elargirono loro favori. Cionostante il grande patrimonio confiscato a Francescolo, e devoluto alla Camera viscontea, non venne restituito ai Pusterla.[3] Balzarino, dunque, preferì la fedeltà al principe godendo delle immunità che questi gli concedeva, vale a dire l'esenzione dai munera, dalle taglie, dalla giurisdizione ordinaria, tra favoritismi personali e di opportunità politica, divenendo così sempre più ricco in quarant'anni di investimenti immobiliari e speculazioni finanziarie.
 Di Balzarino[4] hanno scritto Gino Barbieri[5] e Bianca Betto.[6]  Di Ursina, sua prima moglie, invece, compare solo qualche volta il nome.[7]
Il prof. Barbieri, il quale si è occupato anche della parte economica e finanziaria per i secoli XIV e XV, scrive: " figlio di Francesco Pusterla, Balzarino entra giovanissimo nelle milizie viscontee e partecipa deciso per Bernabò, che diviene dopo un periodo di triarchia, l'unico signore di Milano".[8]  Se così è stato, ed altra versione non ho trovato, rimane solo da conoscere  chi abbia armato cavaliere il nostro Balzarino.[9] Non  si può escludere che a ciò abbia provveduto lo stesso Bernabò dinanzi ad un giovane promettente ed in linea con le sue vedute ed aspettative.[10] Bernabò, che aveva dato in sposa Caterina, la figlia legittima del defunto fratello Matteo II, ad Ugolino Gonzaga nel 1358 secondo le condizioni di pace da lui fissate per Mantova,[11]diede Ursina, figlia naturale di Matteo, in moglie a Balzarino. Verosimilmente nel 1375, anno al quale risalirebbe la dote di Ursina[12] e la richiesta di Caterina Visconti, figlia di Bernabò, del 25 dicembre dello stesso anno a Ludovico Gonzaga per un suo intervento contro Foziolo de Gorzonibus di Brescia "qui certa bona Balzarino Pusterla cognato suo foratus est".[13]   “ Ebbe  inizio così, prosegue il Barbieri, anche la sua carriera politico-diplomatica che lo porterà da un lato a ricoprire incarichi di grande rilievo negli ultimi tre lustri del Trecento, ed insieme a godere di larghi privilegi e forti appannaggi, che fecero di Balzarino Pusterla una delle figure più ricche ed influenti nel Ducato ambrosiano".[14]  Purtroppo i dati sulla vita di Balzarino sono pochi e frammentari: in atti notarili e da testimonianze indirette. Alla figura sua, ed ancor più a quella di Ursina che senza dubbio ha avuto un ruolo nella vita pubblica e privata del marito, mancano, pertanto, molti tratti ed in più di un punto si perdono, forse, nel buio di qualche archivio da me non esplorato. In ogni caso le tracce di Balzarino da me documentabili  sono prevalentemente in campo immobiliare e finanziario.
 Il 5 aprile 1384 i Veneti conferirono a Balzarino la cittadinanza per i meriti da lui acquisiti nella ripresa di Venezia dopo l'assedio dei Genovesi. Egli compare accanto a Donnina de Porris, figlia di Leone giurisperito nobile milanese, tra le numerose donne di Bernabò quella  più fedele ed a lui vicina fino alla morte, che a Venezia svolgeva con Balzarino incarichi commerciali e finanziari di rilievo. In questo periodo il Pusterla, oltre ai meriti politici, concluse anche per sè affari finanziari e mercantili. I consistenti depositi di capitali che egli collocò nel Prestito del comune di Venezia non potevano provenire solo dalle sue operazioni immobiliari e finanziarie in patria. Balzarino è già sulla scena da tre lustri e con molto impegno. Da documenti da me esaminati, infatti, egli, prima ancora di essere cavaliere, si presenta all'inizio del 1368 dedito alla compravendita immobiliare in Nesporigo ed a Videserto dove sarà ancora attivo nel 1403. La moltiplicazione della compravendita di terre, di diritti fondiari seguì di poco quella dei prestiti. Anche Balzarino ci arrivò attraverso i crediti. Trafficanti arricchiti anticipavano denaro a chi era pressato dal bisogno, ai cavalieri ricevendone in pegno qualche fondo ed acquistando in blocco terre e diritti. Il denaro pubblicamente prestato rendeva allora circa il 4%, ma in certi casi anche di più.[15] Sia dagli atti del 1368, che da quelli del 1374 ,[16] si evidenzia l'appartenenza di Balzarino alla vecchia aristocrazia fondiaria, che non rifuggiva dai commerci e dal prestare denaro ai nobili dissestati espropriando poi le loro terre e le loro case.[17]           
Immaginare attraverso quali esperienze, militari, diplomatiche  politiche e affari di varia natura, sia passato Balzarino cercando di destreggiarsi tra le vicende degli anni in cui visse non è impossibile. Impossibile o quasi è, invece, focalizzare, precisare e soprattutto documentare tali esperienze. Il nostro personaggio non ci si presenta certo come Bernabò al quale fu molto vicino fino al 1385, ma con sfaccettature diverse più consone ad un suddito  privilegiato, i cui privilegi crescono con la fedeltà al principe.

 Gian Galeazzo, eliminato lo zio Bernabò, come considerò i protetti del suo predecessore? Il nuovo signore non li accolse tutti a braccia aperte. E in quanto a Balzarino egli  non potè non valutarlo per quello che era, un fedele e zelante servitore dei Visconti. E si avvalse delle sue capacità e della sua opera. Non è improbabile, tuttavia, che anche in Balzarino il momento di transizione possa avere suscitato qualche perplessità. Non saprei, infatti, come interpretare i suoi movimenti  nella conduzione degli affari. Perché, proprio nel 1385, Balzarino inizia  a  condurre i suoi affari immobiliari e finanziari insieme alla moglie Ursina ed al cugino Pietro Pusterla quali suoi procuratori, entrambi in solidum.[18] E' vero che Balzarino ed Ursina erano legati a Caterina, figlia di Bernabò che dal 1380 era la seconda moglie del cugino Gian Galeazzo, tuttavia anche per loro potrebbe esservi stato un attimo di esitazione nel passaggio dalla vecchia alla nuova corte quali familiari del deposto signore. Bernabò, "deciso fautore di una politica aperta alle forze popolari e minute, comprese quelle campagnole, e comunque escluse dai profitti della classe mercantile...benevolo verso le categorie agrarie e burocratiche, in quest'ultime comprese i milites, i familiari e magari gli uomini di medicina e di legge[19] ...ed  i decreti di esenzione verso i membri della Casata, come pure quelli concessi ai familiari ed ai milites che hanno un grande rilievo nella politica di espansione e di consolidamento del regime visconteo",[20] è stato per Balzarino una guida ed un valido sostegno. E Balzarino, facendo gli interessi pubblici e privati del principe, finì per incrementare i propri.
E se, subito dopo il colpo di stato compiuto da Gian Galeazzo, Balzarino può avere avuto qualche timore, questo scompare ben presto dinanzi alla nuova politica del futuro duca. Alla sua politica non alla sua personalità che con quella di Bernabò aveva ben poco da dividere, se non la Signoria politica.[21] Balzarino é ora un uomo ricco, con rapporti finanziari con Venezia[22] dove sono collocate le sue maggiori poste creditizie sull'estero , altre ne ha a Genova, e si può considerare già un capitalista. Sarà, difatti, della collaborazione della classe capitalistica, specie di quella bancaria, grazie alla sua generosa accoglienza alla vigorosa plutocrazia trecentesca in seno alla nobiltà, che Gian Galeazzo si avvarrà per imporre alla politica viscontea un nuovo corso che seppellirà la vecchia forma di governo nella quale Bernabò si poteva identificare. Il fiuto politico di Balzarino alla corte di Gian Galeazzo, i suoi rapporti di parentela e finanziari con i Visconti, congiuntamente alla sua buona stella, continueranno a pilotarlo spingendolo sempre più avanti, mai, però, oltre l'ombra del principe. Ciò non significa che Balzarino sia passato, dopo l'eliminazione di Bernabò da parte del nipote,[23] al nuovo signore di Milano senza soluzione di continuità.  Quando incontro di nuovo il Pusterla è il 1387, anno in cui Gian Galeazzo, dopo la caduta della signoria scaligera e Vicenza sottomessasi a Caterina sua moglie, gli avrebbe affidato il castello di Soave. Ora il conte di Virtù, tolto di mezzo lo zio Bernabò ed unificato tutto il dominio visconteo, dà il là al suo piano di espansione territoriale occupando lo stato scaligero cui seguiranno gli accordi per la spartizione dei territori con Venezia. Nella politica estera del conte di Virtù l’amicizia con Venezia fu un punto di partenza per poter avere Vicenza e Verona. E, in questo momento, Balzarino potrebbe essere l'uomo giusto al posto giusto. La carica di podestà che Gian Galeazzo gli conferirà nel 1392 per  Verona parrebbe confermarlo. Non é Balzarino, inoltre, un uomo che rispetta le regole del gioco e che non opera senza il beneplacito del principe? Non per nulla egli ha consolidato un rapporto finanziario e politico con Venezia, dove deve avere imparato anche molto per la parte politico-diplomatica e  della quale ha ottenuto la cittadinanza. E non va trascurato il fatto che per la sua attività immobiliare e finanziaria Balzarino, anche se  non sono in grado di concretizzare i dati che lo circoscrivano con esattezza,  si può collocare nell'area bancaria del tempo, e non si discosta altresì, se non nelle forme, da un moderno importante uomo d'affari. Sono tempi questi in cui ingenti disponibilità finanziarie vengono procurate all'erario visconteo, ed ancor più ai principi, da chi nel ceto bancario ci appare, talvolta, come una persona qualunque, senza notorietà internazionale; non paragonabile certo al Pusterla con le sue risorse,[24] noto in patria ed all'estero con utilità propria e del principe. Ed al suo fianco sono la moglie Ursina ed il cugino Pietro: una società. Incontriamo i due Pusterla, il 17 settembre 1389, insieme nella protesta del Consorzio degli utenti delle acque della Vettabia  indirizzata agli ingegneri della Fabbrica del Duomo di Milano che intendevano derivare da quella un canale secondario.[25]
 Nei primi anni novanta, Balzarino podestà di Verona, la più insigne magistratura, ottiene da Gian Galeazzo l'infeudazione di beni nel veronese, "con l'annua rendita di 400 fiorini d'oro, che corrispondevano ad un capitale di circa 10.000 fiorini".[26] E, dopo cinque anni, Gian Galeazzo, duca di Milano, provvedeva a commutare tali fonti di reddito con facoltà di alienarle. Operazioni come questa non erano dettate quasi mai da amicizia o simpatia solamente. Tra il 1393 ed il 1399  Balzarino, "fine conoscitore delle umane vicende", come scrive il Barbieri, compare accanto a Pietro Philargès di Candia, frate francescano, prima vescovo di Novara, poi arcivescovo di Milano (1402) ed, infine, papa Alessandro V (1409), che pare abbia conosciuto nel 1389.[27] Gian Galeazzo utilizza, sia il Filargo che il Pusterla in missioni diplomatiche, ciascuno per la propria abilità, conoscenza ed esperienza.

Fu in questi anni che il mondo religioso  si impose al pensiero di Balzarino? Il Litta, il Barbieri e la Betto nominano la Terrasanta dove il Pusterla sarebbe andato in pellegrinaggio. Il Barbieri scrive che Balzarino visitò Gerusalemme ed i Luoghi Santi al tempo del suo soggiorno in Venezia; la seconda, citando il Litta, fa risalire la visita al S. Sepolcro di Gerusalemme al 1394.[28] Il capitolo VI del testamento di Balzarino, del 16 febbraio 1407 rogato dal notaio Vittore Panigada, lo confermerebbe lasciando senza risposta quando ciò avvenne. Vi si legge, infatti, "...lego al guardiano, ai frati ed al convento della Casa di S. Francesco dell'Ordine dei Minori, che risiedono in Gerusalemme, 50 ducati d'oro ogni anno, in perpetuo, da prelevarsi dai miei denari depositati al Prestito del Comune di Venezia, quando essi li richiederanno, affinchè celebrino ogni giorno due messe, una all'altare del S. Sepolcro e l'altra all'altare nella chiesa di S. Maria di Betlemme; e tengano una lampada accesa ininterrottamente accanto al Sepolcro del Signore, insieme con i divini uffici per l'anima mia e per le anime dei miei defunti". Un'altra data da me non reperita é quella relativa alla sua visita al monastero di Monte Oliveto Maggiore.[29]  Nel 1394 Balzarino avrebbe fondato, altresì, e dotato la cappella di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Sebastiano in Milano; mentre nel settembre dello stesso anno egli "promette fiorini 200 a garanzia della fedeltà dei nobili Spinola verso Gian Galeazzo Visconti".[30] Non ho trovato, invece, indicata da  coloro che hanno scritto di Balzarino la data del 19 agosto 1394  quando egli ottiene dal conte di Virtù il placet a legare trasferire e donare alcuni dei suoi beni "ordini sive fratribus Cartusiae...pro missis et orationibus dicendis…".[31] Eppure essa segna con precisione una tappa importante in quella che sarà la realizzazione di Balzarino, vale a dire la Certosa di Baggio. Mentre Gian Galeazzo pensa già alla sua Certosa di Pavia.[32]  Ancora nel 1407, alla fine del capitolo III del suo testamento, Balzarino dice "...monasterii de Monte Oliveto ordinis cartusiensis, constructi per me testatorem prope locum de Badagio...". Ma i Certosini saranno nella Certosa pubblica di Pavia, mentre nella Certosa privata di Baggio saranno gli Olivetani.  Intanto Balzarino continua a condurre i suoi affari e Gian Galeazzo la sua politica. Si arriva così al 1395 anno in cui viene conferito al conte di Virtù il titolo di duca per ottenere il quale egli ha inviato a Praga il Filargo presso l'imperatore Venceslao. La cerimonia si svolse in S. Ambrogio la domenica 5 settembre ed il mercoledì 8 si tenne la prima giostra, secondo il Giulini, alla quale prese parte anche Balzarino.[33] In questo stesso anno, il 27 ottobre, Balzarino acquista dai fratelli Litta un sedime con edificio in Baggio e subito dopo egli investe Giovanolo Pusterla di tutti i suoi possessi in questa località ad eccezione di un sedime affittato ai fratelli Litta.[34]  L'anno seguente "il duca Gian Galeazzo, vuoi per le ricorrenti guerre, vuoi  per le enormi spese incontrate " per ottenere il titolo, "nulla potendo più cavare dai già esausti popoli, sottoposti a ripetuti prestiti forzosi che la burocrazia viscontea chiamava sussidi, aveva dovuto ricorrere a sua volta a gravosi prestiti". Anche l’interesse corrisposto da Gian Galeazzo fu a volte del 10%.[35] "Tra i suoi creditori  vi era uno dei maestri delle sue entrate ordinarie, il nobile Milano Malabarba de' Capitani di Sesto, al quale il duca doveva 10.000 fiorini d'oro, somma a quei tempi assai rilevante. Per tacitarlo, il duca gli assegnava a titolo di pagamento, le possessioni e il castello di Carimate...".[36] E che anche Balzarino possa avere prestato sia al conte di Virtù come poi al duca, non mi sembra  azzardato congetturare. Un sostegno finanziario era indispensabile ormai da anni ai Visconti per le loro operazioni  militari e politiche. Ed il Pusterla era nelle condizioni di fornirglielo. Anche se le  carte del monastero di S. Vittore al Corpo e quelle del Formentini ci parlano solamente della sua attività immobiliare fino al 1403,[37] tra le righe degli atti riguardanti le numerose transazioni di Balzarino questo traspare. Inoltre le esenzioni fiscali concessegli dal duca di Milano non possono essere frutto esclusivo di servizi, ancora  imprecisati, a Gian Galeazzo prestati.[38] E quando, nel 1399, iniziano carestia e peste, che nel 1400 colpirà prevalentemente Milano provocando le vittime maggiori fra poveri ed infermi, Balzarino si sta occupando con il Filargo alla sottomissione di Siena al duca di Milano.[39]  Mentre " dalla Francia, ed anche da altri paesi più lontani, penetrò in Italia uno spirito di devozione" che sembra rinnovare gli ardori ascetici dell'anno dell'Alleluia (1233) e delle turbe dei flagellanti (1260). Compagnie di devoti, "scalzi e coperti da capo a piedi da bianche lenzuola (onde Bianchi erano detti) muovevano processionalmente di terra in terra, implorando pace e perdono, cantando Stabat mater dolorosa, Ante crucem lacrimosa...o litanie ed altre preci".[40]

E tra la generale rilassatezza dei costumi e la scarsa moralità del clero permane "il profondo timore della morte e della vita ultraterrena, che si cercava di esorcizzare con messe ed uffici funebri pro anima ai quali si destinavano anche cospicui legati testamentari".[41] Le condizioni sociali e politiche del secolo XIV avevano influito negativamente  sulla vita religiosa. La residenza avignonese del papato (1305-1378) e il Grande Scisma d'Occidente (1378-1431) finirono per scardinarla un po' ovunque. Gli antichi istituti monastici declinarono e la loro vita venne disertata. Vi subentrarono i nuovi movimenti monastici sostenitori della vita apostolica che "si accontentavano di possedere proprietà sufficienti alle loro necessità e rifiutarono di beneficiare di una rendita fondiaria per non essere presi nella trappola del sistema signorile".[42] Ma "il fatto veramente nuovo della storia monastica italiana del '300 é, però, la fondazione di Monte Oliveto (Siena) dovuto  ai tre nobili senesi B. Bernardo Tolomei, Patrizio Patrizi e Ambrogio Piccolomini (1313). Iniziata secondo una prassi assai diffusa come esperienza eremitica, la vita penitente di questi asceti andò assumendo forme sempre più cenobitiche e diffondendosi in varie località dell'Italia Centrale...".[43] "Ultima fra le congregazioni monastiche di fine Medioevo, quella di S. Maria di Monte Oliveto (detti Olivetani) nasce, si sviluppa ed inizia la sua rapida diffusione, in questo secolo...L'osservanza della Regola, nelle sue componenti spirituali e disciplinari, era rigorosa: preghiera, lectio divina, digiuno, povertà, ospitalità, lavoro manuale, silenzio, temporaneità degli uffici,  ne erano i cardini. Una sola abbazia, un solo abate, quello di Monte Oliveto, al quale facevano capo tutti i monasteri dell'ordine attraverso l'opera attenta di monaci visitatori, eletti, come l'abate e i priori, dal capitolo generale, annuale o triennale (solo organo legislativo), vero perno dell'istituzione. Da quest'ultimo veniva altresì stabilita, di volta in volta, la composizione delle “familiae” con frequenti spostamenti dei monaci all'interno dell'istituto… circolarità dei monaci nell'intera area della Congregazione e temporaneità dei superiori - abate generale compreso - sono le caratteristiche giuridiche di maggiore rilievo".[44]  Nella decadenza della vita monastica gli Olivetani rappresentarono una corrente nuova volta a vivere integralmente la regola benedettina, recuperandone gli ideali ascetici, esercitandosi nello studio delle Scritture ed aspirando ad un rinnovamento religioso rispondente alla problematica contemporanea di certi strati sociali. Un compito arduo in un mondo in cui la violenza, la superstizione, il magismo , radicati com'erano, interagivano. "L'uomo medioevale concepisce le sue relazioni con il Creatore su modello di quelle che esistevano fra un re e i suoi vassalli. Questi erano legati al primo in maniera personale e indissolubile atttraverso i legami dell'omaggio...all'infuori della preghiera liturgica dei monaci essa non é affatto conosciuta...La manifestazione che occupa il primo posto nella pietà dei fedeli è indubbiamente il pellegrinaggio."[45] Ma il quotidiano complicava loro la vita:"Il fatto economico si coniugava spesso con l'affettivo e l'emotivo"[46] e con gli esempi che venivano dai principi e dai ricchi. Bernabò "...così superstizioso e ignorante da credere di essere perdonato da ogni delitto ed empietà con ripetute donazioni ai conventi e alle chiese"[47] non rappresentò un'eccezione. Come lui i funzionari pubblici di qualche importanza ed i mercanti investiti di funzioni pubbliche nelle città. Questi, una volta giunti al limitare della loro esistenza terrena, chi per posizione sociale, chi per spirito religioso, si dedicavano alla beneficenza quasi mai personalmente. Costoro o compaiono nelle liste dei benefattori o tra gli amministratori della Fabbrica del Duomo. Ma nell'un caso come nell'altro ai numerosi poveri provvedevano chiese, luoghi pii e consorzi.[48]  Milano, nei primi anni del '400, si trovava in una grave situazione di necessità..."il problema dei poveri - residenti in città e in essa rifugiatisi a causa della carestia , delle guerre e delle epidemie - era ormai un problema di ordine pubblico".[49] E, mentre l'attività di beneficenza era concentrata in persone del ceto di governo e dei ceti elevati, il povero era ovunque. Il povero, pauper, era colui che non era in grado di vivere “secundum conditionem suam”. Ma i poveri ai quali costoro davano un pane erano quei poveri di Cristo che pure Balzarino ricorda nelle sue ultime volontà e che a noi appaiono come inopes e cioè coloro che proprio non avevano nulla. Questo povero " é qualcuno che non si vorrebbe: come Dio, il dolore, la morte...Il quale povero è sì oggetto di elemosina, come di solito si afferma, ma è uno specchio di sentimenti mutevoli, sintesi di strutture soggiacenti e di un immaginario socioreligioso, che di volta in volta vanno specificati: una cosa, infatti, è far carità (rimanendo all'equazione carità=elemosina) pro remedio animae, e un'altra per amore come fa capire Mazzolari".[50]  Ma il povero era anche un inerme, un essere che non incuteva paura se non gli si permetteva di aggregarsi agli altri suoi simili.   

Balzarino, al pari di alcuni suoi contemporanei ricchi e potenti, pensa anche pauperibus Christi; ma il suo pensiero principale sono le preghiere che religiosi di chiese e monasteri diranno per lui, pro remedio animae, dopo la sua morte. Preoccupati più di un aldilà, cui poco o affatto hanno pensato nel corso della loro vita, che non del mondo in cui hanno vissuto nel quale i poveri erano una moltitudine. Balzarino, rispetto ad altri “divites, nobiles et magnates,” cittadini importanti per autorità e potenza, rimarca gli ultimi suoi passi “ pro pauperibus et infirmis .”  In quegli anni si stanno, però, verificando i primi mutamenti politici, che iniziano a segnare qualche modifica negli schemi generali di vita e nella mentalità. "Fu proprio il tardo secolo XIV a costituire una svolta nella concezione della pubblica assistenza da parte dei signori".[51]  Ma neppure si può dire che il Pusterla, pur avendo frequentato il Filargo e il suo ambiente, non sia stato mosso, invece, solo dal pensiero dell'aldilà, di ciò che lo poteva attendere dopo la morte. La fantasia medievale disseminata di ingenue, ma all'ultimo stadio della vita efficaci, rappresentazioni dell'oltretomba, dell'inferno fondato su un senso diffuso di sgomento, sue caratteristiche, può avere suscitato pure in lui qualche turbamento? O “…conseguire là pienamente ciò che tutto il tempo della sua vita l’ebbe affannato?[52]   Al 1394 appartiene anche la sua petizione al conte di Virtù per poter “… legare, tradere et donare ordini sive fratribus Cartusie et cuilibet ecclesie et ecclesiastice persone, capitulo et conventui…aliquas ex proprietatibus…pro missis et orationibus dicendis pro anima  ipsius et deffunctorum suorum…”. Pietra miliare nel cammino di Balzarino.
 Ora egli elegge Baggio  sede della sua Certosa. Qui i Pusterla avevano proprietà immobiliari ed attività commerciali dal Duecento[53], e forse anche da prima. Tali proprietà Balzarino, dopo averle accresciute, dona ai monaci di Monte Oliveto per l’edificazione del loro monastero , il primo nella diocesi di Milano. Lo si apprende dall’atto di donazione  irrevocabile tra vivi che Balzarino detta, ed Ursina avvalla, il 25 luglio 1400.[54] Il Pusterla attua così il suo disegno: sorgono a Baggio chiesa e monastero dedicati a S. Maria di Monte Oliveto. Sono presenti alla stesura dell’atto frate Ippolito da Camenago[55], abate generale dell’Ordine di Monte Oliveto, e Francesco Verano, “consule iustitie Mediolani camere civitatis et omnium fagiarum comitatus Mediolani pro tribunali sedente in domo habitationis” di Balzarino in Baggio. Si tratta di una ben nutrita donazione destinata all’erezione ed alla conservazione del monastero olivetano. Vi compaiono numerose proprietà, con relativi denominazioni, confini e misure, di Balzarino in Baggio, Seguro e Gudo Gambaredo. Sono caseggiati, forniti di pozzo e di torchio; appezzamenti di terreno (campi, prati, vigne e boschi) e diritti d’acqua (ius aquae ipsius rugie quae vocatur Orona;…ius aquae fontanilis…) per un totale di circa 2000 pertiche.[56] Alle quali Balzarino aggiunge 246 fiorini annui, somma che gli viene pagata “omni anno usque in imperpetum in civitate Ianue et per comune ipsius civitatis ei et prae illo iure denariorum quod ipse dominus Balzarinus habet in locis civitatis predicte Ianue…”. E prosegue stabilendo che “in ipsa ecclesia seu monasterio de Badagio debeant residere et interesse inter priorem, monachos et conversos de dicto ordine de Monteoliveti saltem numero viginti qui secundum prefati beati Benedicti Regulam et instituta dicti ordinis devotum impendant perpetuo Altissimo …”  e 12 sacerdoti siano presenti alla celebrazione delle messe e dei divini offizi nel monastero, o almeno 10, più o meno secondo le disponibilità del medesimo. Seguono alcune precise clausole relative alla vendita, all’alienazione ed  alla permuta dei beni da lui donati; e disposizioni a favore dell’anima sua. E l’obbligo per priore, monaci e conversi di celebrare il suo annuale dispensando “amore dei” moggia 4 di pane  cotto di frumento; ed ogni mese, in perpetuo, distribuire ai poveri di Cristo staia 4 di pane per l’anima sua, dopo la sua morte. L’Abate ed i monaci presenti solennemente accettano in nome dell’Ordine di Monte Oliveto “bona donata in dotem et pro dote ipsius ecclesie et monaterii” con i redditi derivantine che consentiranno loro di vivere “congrue” e danno il loro consenso alla costruzione della chiesa e del monastero, chiesa che sarà dotata di altari, campanile con campane, che Bardino Santopietro di Abbiategrasso fonderà, “et aliis officinis”. E così termina l’atto di Balzarino.
 “Postea vero suprascriptis anno, indictione et die dominico” Ursina dà il proprio avvallo all’esposizione del marito per la realizzazione della Certosa di Baggio. Ursina, insomma, dopo avere preso  visione del testo della donazione, rinuncia a quanto a  lei spetterebbe sui beni donati dal marito e garantisce per lui.[57]
Del 4 dicembre 1400 sono, invece, i patti e le convenzioni tra Balzarino e Ardighino de Orsenigo, costruttore, per l’ erezione del dormitorio e laboratorio e la realizzazione del capitolo e del refettorio.[58] Il Pusterla  si reca in seguito a Baggio per seguire di persona l’avvio e le prime fasi della costruzione  e con il denaro fornisce ogni volta al costruttore istruzioni affinchè tutto avvenga secondo i suoi desideri. 
In questo anno  si trovano già a Milano quattro monaci olivetani.[59] Ma una famiglia monastica completa a Baggio si ha l’anno successivo[60]. Nessuno, sino a questo momento, ha fornito una descrizione o una planimetria del complesso dopo la sua edificazione. Ciò che abbiamo sono poche linee di quanto è rimasto. Sul finire del secolo XIX si legge: “Chiesa e casa religiosa vennero soppresse nel 1773, ma ancor rimangono alcune parti di quest’ultima, fatto di privato possesso, e abitata da villici. Gli avanzi mostrano una costruzione robusta e caratteristica, senza essere gran che sontuosa… avanzi del prisco monastero vi giacciono, come capitelli, lapidi, ecc., che non giovò domandare, o non fu possibile ottenere”.[61] A metà del secolo scorso, invece, è stato scritto: “ La costruzione, che ha tutte le caratteristiche del periodo lombardo di transizione, è un’opera ben legata e risponde al principio informatore che ne voleva l’abbazia rispecchiante l’importanza e la potenza della Congregazione. Nella sua impostazione si nota una concezione unitaria quattrocentesca; mentre la realizzazione delle singole parti oscilla tra il 1400 e il 1500 in quanto con l’aumentare della potenza dei monaci aumentarono ovviamente le esigenze che portarono a rimaneggiamenti nella costruzione senza però distaccarsi mai dal tracciato originale. Ad uno sguardo d’insieme l’abbazia si presenta composta dal monastero propriamente detto gravitante intorno a due chiostri, dal rustico con grande cortile e da un vasto appezzamento di terreno circostante. Il complesso è ancora notevole  malgrado molte umiliazioni dovute al tempo ed agli avvenimenti… il cimitero si trovava presso la chiesa dalla parte della sacrestia ed alla fine del portico, davanti al quale i monaci passavano e sostavano prima di entrare in chiesa, secondo la regola…”[62] Qualche altra linea ci viene dall’architetto Bosi che nel 1979 diresse i lavori di restauro del fabbricato, acquistato dal Comune di Milano nel 1960: “La costruzione originale presenta alcune caratteristiche del 400 lombardo, ma da quanto si può capire oggi, osservando ciò che ne è rimasto, il complesso subì nei secoli diversi interventi, i più importanti sembrano collocarsi intorno al 700. Purtroppo, la sua destinazione ad abitazione rurale segnò l’inizio delle devastazioni indiscriminate, delle pesanti manomissioni architettoniche… Ciò che rimane oggi è il corpo centrale sul quale si attestavano a nord la chiesa ed ad est i due chiostri, parte del corpo di fabbrica che separava i due chiostri e parte del corpo che chiudeva a sud l’ampia corte dei rustici. L’ala nord, come si è detto, è quella  che più conserva i caratteri originali quattrocenteschi. Se le caratteristiche architettoniche hanno subìto purtroppo disastrose manomissioni, non meno disastrose si sono rivelate le condizioni statiche dell’edificio…”[63]

Il Pusterla continua, intanto, a dedicarsi al principe ed alla finanza senza rinunciare alla compravendita immobiliare.[64] Del 10 febbraio 1402 è la donazione irrevocabile tra vivi, atto rogato da Vittore Panigada notaio di famiglia, di sua moglie Ursina a: Ippolito da Camenago, generale e superiore dell’Ordine di Monteoliveto; Girolamo di Sicilia, priore del monastero di S. Maria di Monteoliveto “che si sta fabbricando in Baggio”; Damiano Mazali monaco e professo ed a ciascuno dei presenti che accettano, a nome proprio e  dell’intera comunità monastica,[65] tutti i beni ed i diritti descritti nella donazione. Sono quelli che formavano la sua dote uniti a nuove proprietà degli anni trascorsi a fianco del marito. I monaci, oltre l’annuale o annuali già promessi per le anime  dei due coniugi, dopo la morte di Ursina dovranno celebrare un officio funebre, con solennità. Ursina li obbliga, inoltre, a celebrare il primo ottobre di ogni anno un annuale per le anime “dei suoi genitori e delle sue sorelle” dispensando in quel giorno 4 moggia di pane. Saranno tenuti, altresì, a dare, ogni anno, al cappellano della cappella fatta costruire da Balzarino nel 1394 nella chiesa di S. Sebastiano, nel giorno che celebrerà i loro annuali, un moggio di pane, “uno per il marito ed uno per lei”, ai poveri. Come pure, ogni anno, dovranno dare ai poveri di Cristo 100 braccia di drappo grosso.[66] L’ 8 aprile dello stesso anno Ursina detta il suo testamento al notaio Castellino Trechi[67].  E’  ammalata e tale rimarrà fino alla morte[68]. Ai primi di settembre del 1402 Gian Galeazzo muore nel castello di Marignano, poi Melegnano, dove, ritiratosi a causa della pestilenza, giaceva malato.[69] La sua scomparsa crea per lo Stato visconteo instabilità politica e conseguente deterioramento istituzionale e territoriale. I due figli del duca sono minorenni e la duchessa, oltre ai problemi dello Stato   ne accusa qualcuno pure per la sua salute. Ha bisogno di politici su cui potere contare; ma attorno a lei cresce la confusione e la convulsione scuote le istituzioni, non risparmiando uomini che le sono vicini. Il timone del governo le sfugge. Anche il fidato Balzarino, al quale Caterina ha riconfermato antichi privilegi, e gliene ha concesso dei nuovi di propria iniziativa e su sua richiesta[70], probabilmente non ha potuto fare nulla per lei. La situazione politica precipita giorno dopo giorno nel caos. E Antonio Visconti nella sua Storia di Milano, quando scrive che nel 1403 il governo del ducato passò nelle mani di Francesco Visconti, Antonio Visconti, Antonio Porro, Giacomo dal Verme, Andreasi Cavalcabò, Cesare Visconti, Ambrogio Visconti, Balzarino e Giovanni Pusterla che egli definisce “avventurieri”, forse non ha tenuto conto del momento  in cui lo Stato visconteo si dibatteva. Caterina Visconti, come scrive  il Corio[71]  era tenuta “ quasi prigioniera nella corte ducale, fuggendo si rifugiò nel castello di porta Giovia…”; ma neppure qui rimase a lungo e si rifugiò nel castello di Monza. E fu la sua fine. Poco prima, il 17 febbraio 1404, i Visconti danno in pegno al Gonzaga alcune località d’interesse per Mantova e tra i presenti all’atto compare anche Balzarino.[72]

 Il Pusterla, sposata un’altra Visconti, Beatrice figlia di Vercellino,[73] primo cameriere del duca Gio. Maria Visconti prosegue la sua vita attraverso quei tempi turbolenti,  per quel che ne sappiamo, senza incontrare gravi ostacoli.  Oramai egli è sulla sessantina o l’ha superata da poco. E la Milano travagliata da vendette e da armati di opposte tendenze fino a maggio del 1407 non lo tocca  nella sua casaforte.[74]  Ma la sua vita cede al tempo. Lo si rileva il 16 febbraio quando egli  detta il suo testamento stando nella sua camera da letto. Di esso ha scritto il Barbieri[75], e lo ha trascritto ed illustrato la Betto in Archivio Storico Lombardo  utilizzando la copia esistente a Venezia.
 Così  la mia ricerca ha indagato Balzarino per quello che di lui finora non si conosceva. Anche se sicuramente non è tutto ciò che del Pusterla vi è ancora da conoscere, ritengo  il mio  un ulteriore passo per avvicinarci a questo personaggio che  ha  avuto una parte da comprimario nello spaccato di storia tra Tre e Quattrocento, nella Milano viscontea. A distanza di meno di tre mesi dal suo testamento le condizioni di salute di Balzarino declinano. E il 10 maggio 1407 egli detta il suo primo codicillo, pure edito. Sulla base di quanto ho appreso su Balzarino dai nuovi documenti da me rinvenuti lo scopo del suo primo codicillo fu di riuscire ad appianare le divergenze sulle sue ultime volontà certamente ben presto manifestate dai parenti più stretti. Ma invano. Quindi egli ricorre ad un secondo codicillo dopo appena tre giorni dal primo: il 13 maggio. Esso è rimasto sinora inedito, al pari dell’intimazione, in data 12 giugno 1407 del capitano di giustizia di Milano, Uberto Spinola,  alla figlia Caterina ed agli altri Pusterla contestatori, di astenersi dalle loro manifestazioni inconsulte.[76] Balzarino venne informato dai monaci di Baggio delle interferenze di sua figlia Caterina e del suo secondo marito, Ambrosino Pusterla, e di Caterina fu Pietro Pusterla e di suo marito Giovanni Pusterla  sulle proprietà di Villadeserto, Nesporigo e Gudo Gambaredo da lui donate al monastero di Monte Oliveto.[77] Da qui il secondo codicillo dettato per porre decisamente in rilievo le sue volontà, di cui esigeva il massimo rispetto, riguardanti la vita presente e futura della sua Certosa, ponendo bene in evidenza Videserto e Bornago, ed il complesso dei beni legati al monastero che egli descrive dettagliatamente con i loro appellativi, coerenze, diritti e misure. Ricordando ai monaci il loro impegno di portare a compimento il complesso monastico e provvedere alla sua manutenzione e conservazione. Riconferma, inoltre il legato, già nel primo codicillo, relativo a tre letti completi da tenersi nel monastero ad uso dei forestieri e degli infermi, sottolineando così i loro doveri: l’elemosina, la carità ai poveri di Cristo. E le preghiere per la sua anima che si accompagneranno agli offici funebri ed alle messe.
  Non solo, ma anche per ottenere la conferma dal nuovo duca del privilegio e della protezione, concessi il 12 giugno 1403 dalla duchessa Caterina e dal duca Gio. Maria, che allora era sotto la tutela della madre perché minore, al monastero da lui fondato. Privilegio che per essere valido doveva essere riconosciuto dal duca  ora che era signore assoluto.[78]  A questo punto mi sembra che ci si possa domandare se nei suoi ultimi tre mesi di vita Balzarino fosse in condizioni più serie di quello che si possa pensare, o chi fossero realmente i suoi eredi. Anche se le sue volontà appaiono chiare sia nel suo testamento pubblico del 16 febbraio 1407 che nel  codicillo del 10 maggio dello stesso anno. Nel primo egli lascia alla figlia Caterina, moglie di Alberto Sacco che di lì a poco sarebbe morto, a titolo di particolare istituzione i beni di Nesporigo e di Villadeserto, con la ragione di esigere il residuo credito della sua dote, ed altri legati. Ed annulla ogni obbligo di Caterina, fu Pietro Pusterla, e del di lei marito  nei suoi confronti. Accresce e modera, inoltre, diversi legati assegnati con il testamento; e lascia “iure institutionis” alla figlia l’usufrutto intero “sediminis mei de la Turre  una cum sedimine parvo se tenente cum suprascripto sedimine iacente in P. T. parr. Sancti Sebastiani in quo sedimine nunc fit Hosteria…”. Ma anche se Balzarino nel dettare testamento e codicillo sembra dimostrare una memoria fotografica e di un contabile al quale nulla sfugge; ciononostante i suoi possedimenti erano così numerosi che, forse, non tutto era stato esattamente definito ed al proprio posto collocato. Almeno per i suoi eredi così doveva essere. E l’esperienza del Pusterla, e quella del suo notaio, nel tessuto dispositivo non solo nel succedersi delle clausole, ma pure nel contenuto, questa volta non bastarono. Ad una prima lettura anche il secondo codicillo di Balzarino non è che una postilla al testamento, una disposizione di ultima volontà ad esso aggiunta. E quanto vi si legge riguarda esclusivamente la vita della sua Certosa. Nessun nome dei suoi eredi ricalcitranti vi compare. Alcuni capitoli sono anzi gli stessi del suo testamento e del suo primo codicillo, ma solo per quel che concerne il monastero.[79]  Ciò che egli evidenzia in modo particolare sono le proprietà ed i redditi sui quali il monastero di Baggio può e deve contare per poter essere portato a termine e potere vivere in futuro come da lui stabilito. Quindi, senza conoscere le reazioni dei suoi eredi, tutto sembrerebbe procedere nella norma. E la “petitio” di Balzarino e dei monaci olivetani al duca si potrebbe considerare un atto necessario per salvaguardare l’esistenza del monastero, quasi una prassi.[80]
Il Pusterla sopravvisse anche a questa prova; mentre sua figlia con suo marito non si acquietarono. 

Tuttavia nella convocazione e conseguente intimazione del capitano di giustizia del 12 giugno 1407, Caterina “del fu giurisperito Pietro” ed il marito Giovanni Pusterla, fratello del marito della figlia di Balzarino, sono tra i maggiori indiziati delle molestie ai massari ed ai lavoranti per il monastero; anche se Caterina, figlia del testatore, ed il marito Ambrosino agiscono con loro. Questo dall’esposto dell’11 giugno fatto pervenire dai monaci al duca e da questi trasmesso al capitano di giustizia il 12 con i suoi ordini.[81]  Sentiti i Pusterla, il capitano di giustizia minaccia di infliggere loro un’ammenda di mille ducati d’oro qualora essi continuassero a molestare, a turbare coloro che dal monastero dipendono, ed altrettanto avverrà se essi non impediranno che altri, su loro istigazione, lo facciano per i possedimenti di Gudo “ Gambararo” (o Gambarario) e di Villadeserto donati da Balzarino al monastero di Monte Oliveto in Baggio. Il 14 dello stesso mese il capitano di giustizia convoca, su istanza di frate Francesco Malavolti di Siena, a nome del  monastero nel quale è professo, Andreolo e Filippolo Cavalleri, massari alla cascina Crivelli a Gudo Gambararo acquistata da Balzarino nel 1400, e Steffanino ed Ambrosio di Nova, massari di Villadeserto, affinchè testimonino, sotto pena di 200 ducati d’oro qualora non dicessero la verità, che essi tenevano le proprietà in cui lavorano anche prima che passassero al monastero. A dirimere tale controversia viene delegato “sapiens legumdoctor” Giovanni Torti, vicario e luogotenente.[82]  
Ammonizioni, ammende , azioni giudiziarie non fermeranno contestazioni e diatribe sorte dopo la scomparsa di Balzarino. “Molte liti sono seguite sulla sua eredità e sopra li grandiosi legati fatti da Balzarino nel suo testamento fra i quali i beni di Nesporigo e Villadeserto, alcuni livellati al Pusterla dalle monache intus vineam”.[83]  Già del 10 luglio 1407 è un’ “ordinazione” fatta dalla Fabbrica del Duomo, come erede instituita dal fu Balzarino, per un compromesso con Caterina sua figlia circa le pendenze sulla sua eredità. Dopo  le intimazioni del capitano di giustizia, tra la Fabbrica del Duomo ed i deputati del luogo pio della Misericordia, come esecutori testamentari, e Caterina erano insorte, infatti, alcune liti “ per diverse sue pretenzioni di legittima, di dote, ed altro, che aveva contro l’eredità del defunto padre”.[84]
 Con atto, rogato il 15 settembre 1409 da Vittore Panigada, Caterina concede al marito  procura per gran parte dei propri beni.[85] A partire dal 1412 Caterina inizia a vendere una parte delle sue eredità avendo quale procuratore il marito Ambrosino. Tre anni dopo vende molte terre e sedimi in Villadeserto e in Nesporigo, nel e fuori del castro, a Filippino Cazoli.[86]  E mentre vende prosegue nelle cause giudiziarie, intentandone e subendone. Il patrimonio di Balzarino era  veramente di notevoli proporzioni. E’ stato valutato, infatti, “non inferiore a 40-45 mila ducati, senza contare il valore degli atti benefici compiuti in vita, ed in particolare il costo della creazione del monastero degli Olivetani a Baggio…”.[87] Eppure del nome di colui che volle quel monastero, che nel suo testamento diede disposizioni ai deputati della Fabbrica del Duomo affinchè provvedessero alla sua sepoltura fornendo a quei monaci un’arca funeraria di serizzo per l’inumazione di due cadaveri, con coperchio di marmo sopra il quale si scolpissero le sembianze sue e  quelle della defunta Ursina, a Baggio non è rimasta traccia.[88]
                                                                              
Floriano Pirola

  



APPENDICE



Il secondo codicillo di Balzarino


(C) In  nomine Domini anno a Nativitate eiusdem, millesimo  quadringentesimo septimo, indictione quinta decima, die veneris tertio decimo mensis madij.  
 Cum spectabilis et egregius miles dominus Balzarinus de Pusterla, filius quondam domini Francisci civitatis Mediolani Porte Ticinensis Parochie Sancti Sebastiani, suum condiderit testamentum, ordinamentum seu codicillum et inter alia fecerit, ordinaverit et condiderit capitulum tenoris huius modi.
Item lego et iudico predictis priori, fratribus et conventui dicti monasterii Sancte Marie de Monte Oliveto, constructi prope locum de Badagio, omnes et singulos fructus, redditus et proventus possessionis et omnium bonorum meorum iacentium in loco et territorio de Videserti, plebis Sancti Iuliani, in strata ducatus Mediolani, cum aquis et aliis suis iuribus et pertinentiis, exceptis tamen et reservatis tamen illis pratis iacentibus in territorio dicti loci, quae consueverunt affictari una cum possessione de Nesporigo. Et etiam exceptis et reservatis illis perticis vigintiquinque prati contiguis praedictis pratis quae affictari consueverunt una cum dicta possessione de Nesporigo; et haec cum hiis intentione, conditione et onere, videlicet. 
Quod dicti prior, fratres et conventus teneantur et debeant dare et solvere Maffiolo de Pusterla, filio quondam Honrigoli, libras centum sexaginta imperiales omni anno usque ad annos quattuordecim proxime futuros post meum decessum. 
Item fuerit, ordinaverit et condiderit in eodem met testamento et ordinamento quodam aliud capitulum tenoris huiusmodi.
Item lego et iudico praedictis priori, fratribus et conventui monasterii Sancte Marie de Monte Oliveto, constructi ut supra, sedimen meum iacens in loco Bornago, plebis Gorgonzole, ducatus Mediolani, in quo consuevit habitare Ambrosius de Ottobellis, et clausum unum se tenens cum dicto sedimine. Petiam unam vinee iacentem in territorio dicti loci de Bornago, ubi dicitur ad Vites raras, et petiam unam Vernazole, contiguam dicto clauso, in summa perticarum centum vel circa; et perticas quinquaginta campi ex campis quae laborantur per dictos Ambrosium et filios de Ottobellis.
 Et hoc cum hiis intentione, conditione et onere, videlicet quod dicti prior, fratres et conventus teneantur et debeant, omni anno usque in perpetuum, ex redditibus dictorum bonorum dare uni de parentela de Pusterla, studenti legibus et decretalibus, florenos viginti ita tamen quod ipsi floreni viginti non dentur uni soli studenti ultra quam per annos octo; et si non adesset aliquis de parentela de Pusterla studens ut supra, quod ipsi prior et fratres ac conventus dicti monasterii teneantur et debeant dispensare ipsos florenos viginti omni anno pauperibus Christi pro remedio et mercede anime mee, et cetera. 
Pro ut haec et alia et sic vel aliter et plenius continetur seu contineri reperiatur in instrumento illius testamenti tradito et rogato per Victorem de Panigadis Mediolani notarium die mercuri sexto decimo mensis februarii proxime preteriti.
 Cumque etiam praefatus dominus Balzarinus de Pusterla per postea vero subsecuto ipsi instrumento testamenti et ordinamenti codicillaverit et in eidem codicillum fecerit et ordinaverit in hunc modum. 
Ego in Dei nomine Balzarinus de Pusterla miles, filius quondam domini Francisci, civitatis Mediolani Porte Ticinensis Parochie Sancti Sebastiani, sanus mente et bone memorie licet eger corpore, volens codicillare et addere et minuere dicto testamento, ordino ut infra, videlicet.
 In primis namque casso, revoco, irrito et annullo nulliusque valoris et momenti esse volo et iubeo illam partem tantum decimi capituli dicti testamenti effectualiter continentem quod dicti prior, fratres et conventus dicti monasterii Sancte Marie de Monte Oliveto, constructi prope locum de Badagio, teneantur et debeant dare et solvere Mafiolo de Pusterla, filio quondam domini Honrigoli, libras centumsexaginta imperiales omni anno usque ad annos quattuordecim proxime futuros post meum decessum, omnibus tamen aliis et singulis in ipso decimo capitulo contentis, ratis et firmis in suo robore permanentibus.
Item lego et iudico praedictis priori, fratribus et conventui dicti monasterii Sancte Marie de Monte Oliveto, constructi prope locum de Badagio, praedictos omnes et singulos fructus,redditus et proventus praedictorum possessionis et omnium meorum bonorum iacentium in loco et territorio de Villadeserti, plebis Sancti Iuliani, in strata ducatus Mediolani, cum aquis et aliis suis iuribus et pertinentiis alias in dicto testamento legatos praedictis priori, fratribus et conventui. Et hoc exceptis tamen et reservatis illis pratis iacentibus in territorio dicti loci Villadeserti quae consueverunt affictari una cum possessione de Nesporigo. Et etiam exceptis et reservatis illis perticis vigintiquinque prati contiguis praedictis pratis, quae affictari consueverunt una cum dicta possessione de Nesporigo.
 Et ulterius lego et iudico ipsis priori,fratribus et conventui lectos tres fornitos pro tenendo in dicto monasterio pro usu foresteriorum et infirmorum. 
Et haec legata in praesenti capitulo contenta feci et facio praedictis dominis priori, fratribus et conventui dicti monasterii ad effectum quod dicti fructus, redditus et proventus praedictorum bonorum eisdem priori, fratribus et conventui per me, ut praemittitur, legati, expendantur et procedant in complendo et finiendo dictum monasterium et haedifitia eiusdem.Et etiam cum onere quod praefati prior, fratres et conventus dicti monasterii teneantur et debeant distribuere et dispensare pauperibus Christi, quolibet die septimi, trigesimi meorum, modios sex frumenti in pane cocto et staria quattuor cixerorum coctorum; et similiter distribuere et dispensare teneantur modios sex frumenti in pane cocto et staria quattuor cixerorum coctorum omni anno, usque in perpetuum, quolibet die annualis mei et celebrare divina officia quolibet die dictorum septimi, trigesimi et annualis meorum pro remedio et mercede anime mee, et cetera. 
Prout haec et alia in instrumento illius testamenti sive codicilli subsequenti ut supra plenius contineri reperiatur tradito et rogato per supradictum. Victorem de Panigadis notarium, die Martis decimo praesentis mensis Maii, ipsis tamen ambobus instrumentis testamenti, ordinamenti et codicilli subsequti ut supra confectis, imbreviatis ac scriptis per praedictum Victorem de Panigadis notarium sub una et eadem subscriptione et corpore annis et diebus suprascriptis.
 Cumque praefatus dominus Balzarinus de Pusterla nec non prior, fratres et conventus dicti monasterii Sancte Marie de Badagio, ordinis Montis Oliveti, prope urbem istam Mediolani supplicaverint illustrissimo Principi et excelso domino domino Duci Mediolani prout inferius continetur.Et ad supplicationem praedictorum, praefatus illustrissimus dominus dominus Dux antedictis supplicantibus concesserit et emanaverit litteras tenoris et continentie subsequentis.
 Dux Mediolani etc. Recepimus supplicationem tenoris huiusmodi videlicet.
 Illustrissime et excellentissimeDominationi ducali vestre humiliter et cum omni reverentia supplicatur pro parte vestrorum fidelissimorum servitorum et ad Deum oratorem Balzarini de Pusterla militis, civis vestri Mediolani, nec non prioris, fratrum et conventus monasterii Sancte Marie de Badagio, ordinis Montis Oliveti, prope urbem istam vestram Mediolani. Quod cum idem Balzarinus ex suis bonis propriis paternis fundari fecerit monasterium illud ab reverentiam Omnipotentis Dei et Beate Virginis Marie et non potuerit ad perfectum opus usque nunc illud compleri facere, obstantibus conditionibus sinistris guerrarum et novitatum occursarum partibus in istis, iam diu etiam, quia infermitate oppressus idem Balzarinus ad perfectionem operis illius monasterii superesse non potuit cupiatque Altissimo assentiente ad optatum et cordialem finem ipse Balzarinus dictum Monasterium finiri debere.
Pro tanto disposuit et vult ex bonis suis quae possidet ut finiatur et debito et opere compleatur illi monasterio, priori, fratribus et conventui praedictis dimittere et libere relaxare quandam suam possessionem cum omnibus suis pertinentiis iacentibus in territorio de Villadeserti,ducatus vestri Mediolani.
 Et ulterius, pro sacrificando et celebrando divina offitia in Monasterio praedicto, eisdem priori, fratribus et conventui dimittere et libere relaxare particulam unam alterius possessionis sitae et iacentis in loco et territorio Bornagi Martesane, verum quia praedicta non possunt sortiri effectum obstantibus quibusdam decretis et inhibitionibus vestre Dominationis, ut asseritur. 
Dignetur vestra gratiosa et misericors Celsitudo consideratis praemissis quatenus dictus Balzarinus dictas possessionem Villadeserti et particulam illam de Villa Bornagi dimittere et iudicare possit praemissis et quod ipsi prior, fratres, conventus illas accipere possint non obstantibus aliquibus editis, ordinamentis et inhibitionibus ac statutis si quae sunt in contrarium disponentibus, ut vestra mediante gratia praemissi supplicantes finiri facere possint Monasterium illud et praedicti prior et fratres pro salute animarum vestrorum Illustrissimorum dominorum dominorum Progenitorum ad Altitonantem fundere preces suas valeant, sicut indubitanter oppinantur fore vestre intentionis, benigne clementie. 
Quare cum consideratis praemissis, volentes dictis supplicantibus gratiam facere specialem. Harum tenore concedimus quod dictus dominus Balzarinus possit transferre, legare, adiudicare et dimittere priori,fratribus, conventui et monasterio Sancte Marie de Badagio ordinis Montis Oliveti praedicti possessionem de Villadeserti et particulam possessionis de Bornago de quibus supra agitur et ex causa praemissa antedictique prior, fratres, conventuset monasterium ipsos recipere et acceptare. 
Propterea quod quilibet notarius opportuna superinde conficere valeant instrumenta etiam secundi notarii et testes eisdem praesentes interesse et haec omnia tute, libere et impune aliquibus statutis, decretis, editis, inhibitionibus sive ordinamentis in contrarium conditis nequaque obstantibus quibus in hac parte ex certa scientia et de nostris potestatis plenitudine ac absolute specialiter derogamus et derogatum esse volumus ac iubemus mandantes omnibus et singulis Potestatibus, Capitaneis, Rectoribus, Vicariis et Officialibus nostris praesentibus et futuris ad quos spectat et spectare contingant quatenus has gratie et concessionis nostre litteras observent et faciant inviolabiliter observari. 
In quorum testimonium praesentes fieri iussimus et registrari nostrique sigilli impressione muniri. Datum Carimate die XI Maii millesimo quadringentesimo septimo, quinta decima indictione. Franciscolus.
Idcirco ego in Dei nomine antedictus Balzarinus de Pusterla miles, filius quondam domini Francisci, praedictarum civitatis Mediolani Porte Ticinensis Parochie Sancti Sebastiani, sanus mente et bone memorie licet eger corpore memorie reducens suprascripta testamentum et codicillum alias ut praemittitur per me conditum et condita et maxime capitula superius descripta contenta in dictis instrumentis testamentis et codicili et quaecumque in eis capitulis contenta, et volens codicillare et codicillando addere et minuere et addendo et minuendo ipsis testamento et codicillo alias per me facto et condito et maxime capitulis praedictis et alia facere et ordinare ut infra.
 Et prout inferius continetur, casso, revoco, irrito et annullo, lego, iudico, statuo, ordino et libero, ac feci et facio in omnibus et per omnia prout inferius annotatur, volens, statuens et ordinans infrascripta omnia et singula valere et tenere debere iure codicilli et ultima voluntatis et donationis et omnibus aliis modo, iure, via et forma quibus melius valere et tenere potest et possunt et effectum sortiri poterit sive poterunt videlicet ut infra.
 In primis quia teneor et promisi facere et prefinire opus monasterii infrascripti volo, statuo, ordino, lego et iudico ac transfero ac dimitto dictis dominis priori, fratribus, capitulo et conventui dicti monasterii et monasterio domine Sancte Marie de Monte Oliveto, constructi prope locum de Badagio, plebis Cisani, ducatus Mediolani.
 Et hoc dictum monasterium finiatur et debito opere compleatur et manteneatur in perpetuum libere et sine ulla exceptione suprascriptam possessionem meam de Villadeserti, plebis Sancti Iuliani, ducatus Mediolani, tam respectu proprietatis quam usufructus dicte possessionis cum quibuscumque iuribus et pertinentiis ac aquis et aque ductibus et iuribus aquarum, axiis, viis, ingressibus et regressibus predicte possessioni et bonis quibuscumque eiusdem possessionis inferius terminatis et coherentiatis, et mihi testatori in et super eis et quolibet eorum quocumque modo et iure pertinentibus et spectantibus et cum omnibus bonis mobilibus vel immobilibus et omnibus creditis massariorum, fictabilium, pensionantum et colonorum, quae habeo in et super dicta mea posessione et bonis de Villadeseri et eius causa et occasione mihi spectantibus vel pertinentibus. Quae quidem possessio et bona sunt haec et sic terminantur et coherentiantur ac declarantur et specificantur videlicet. 
In primis sedimen unum iacens in loco Villadeserti, plebis Sancti Iuliani, ducatus Mediolani, quod est cum hedifitiis, cameris, solariis, cassinis, area, putheo, brolio, orto et aliis suis iuribus et pertinentiis, cui coheret undique dicti domini Balzarini, et est pertice viginti duo, vel circa.
 Item sedimen unum, parvum derupatum, quod appellatur Castrum cui coheret undique horum bonorum. Item sedimen unum iacens in predicto loco de Villadeserto quod est cum cassina una cupata et uno torchulari derupato, curte, area, orto et brolio et aliis suis iuribus et pertinentiis cui coheret undique horum bonorum et est pertice tres, vel circa. Item sedimen unum iacens in dicti loco de Videserto, quod est cum hedifitiis, cameris, curte, area,orto et aliis iuribus et pertinentiis cui coheret ab una parte ecclesie Sancti Salvatoris dicti loci de Videxerto et ab aliis tribus partibus strata, et est pertice tres, vel circa.
 Item petia una sive plures petie vinee simul se tenentes, iacentes in territorio dicti loci de Videserto ubi dicitur ad Vineam de Videserto de domo cui coheret ab una parte ecclesie Sancti Nazarii Mediolani et ab aliis tribus partibus dicti domini Balzarini, et est, seu sunt, pertice tercentum quadraginta octo, vel circa.
 Item petia una sive plures petie campi simul se tenentes, iacentes in territorio dicti loci ubi dicitur ad Campaneam de la Croxetta sive de Videserto cui coheret undique dicti domini Balzarini, et est pertice ducentum sexaginta vel id circa.
 Item petia una campi iacens in dicto territorio, ubi dicitur ad Villam Novam, cui coheret a tribus partibus flumen Remogerii, et ab alia parte heredum quondam Antonii et Ioannis fratrum de Cardano, et est pertice viginti due vel circa. Item petia una prati et campi simul se tenentes, iacentes in territorio praedicti loci, ubi dicitur ad Pratum de Viparte praedicti Remogerii, et est pertice centum sexaginta vel circa. 
Item petia una prati iacens in territorio praedicto, ubi dicitur ad pratum de Schorvis, cui coheret ab una parte strata, ab alia Bernardi Plati et ab aliis duabus partibus dicti domini Balzarini, et est pertice octuaginta quattuor vel circa.
 Item petia una, partim zerbi et partim campi, iacens in dicto territorio, ubi dicitur ad Schorvas, cui coheret ab una parte ecclesie Sancti Nazarii Mediolani, ab alia monasterii de Viboldono in parte et in parte horum bonorum, ab alia flumen horum bonorum et ab alia parte Bernardi Plati, et est pertice centum triginta tres vel circa.
 Item petia una prati iacens in dicto territorio, ubi dicitur a Campum de la Fornace, cui coheret a duabus partibus strata, ab alia flumen Remogerii, et ab alia Thomaxini Balbi et in parte horum bonorum, et est pertice centum undecim vel circa.
 Item petia una campi iacens in dicto territorio, ubi dicitur ad Dossum, cui coheret a duabus partibus strata et ab aliis duabus partibus horum bonorum, et est pertice sedecim vel circa.
 Item petie quadraginta sex brugarie pro indiviso ex, et de quadam brugaria iacente in dicto territorio, ubi dictur ad Brugariam, cui toti petie brugarie coheret ab una parte dominarum de intus Vineam Mediolani, ab alia ecclesie Sancti Nazarii Mediolani et ab aliis duabus partibus praefati Balzarini, et est ista brugaria pertice ducentum octuaginta vel circa.
 Item petia una buschi iacens in dicto territorio, ubi dicitur ad Schorvas, cui coheret ab una parte Bernardi Plati in parte et in parte illorum de Rancate, ab alia similiter et ab alia monasterii de Viboldono, ab alia horum bonorum, et est pertice centum vel circa. 
Item petia una buschi iacens in dicto territorio, ubi dicitur ad Scorvas, cui coheret a tribus partibus praedicti monasterio de Viboldono et ab alia praediciti domini Balzarini, et est pertice viginti quinque vel circa.
 Item petia una buschi iacens in dicto territorio, ubi dicitur ad Buschum de la Gattarubea, cui coheret a tribus partibus Bertini de Caxate et ab alia monasterii de Viboldono, et est pertice viginti novem vel circa.
 Item petia una buschi iacens in dicto territorio, ubi dicitur ad Buschum Gatarubee, cui coheret undique Bertini de Caxate, et est pertice viginti quinque vel circa.
 Item petia una buschi iacens in dicto territorio, ubi dicitur ut supra, cui coheret ab una parte ecclesie Sancti Ioannis ad Templum, et ab aliis tribus partibus Bertini de Caxate, et est pertice decem septem, salvo et reservato quod si erratum foret in praedictis coherentiis, vel aliqua earum quod propterea non noceat veritati nec veris coherentiis sed semper stetur et stari debeat veritati et veris coherentiis.
 Item volo, statuo, ordino, lego et iudico ac transfero et dimitto praedictis dominis priori, fratribus, capitulo et conventui dicti monasterii domine Sancte Marie de Monte Olivetis, constructi ut supra, illam particulam possessionis mee et bonorum meorum dicte possessionis de Bornago, plebis Gorgonzole ducatus Mediolani, quam tenet et laborat Bolgarinus de Ottobellis libere et sine ulla exceptione et hoc tam respectu proprietatis quam usufructus dicte particule possessionis et cum quibuscumque iuribus et pertinentiis ac aquis, aque ductibus et iuribus aquarum, axiis, viis, utilitatibus, comoditatibus, ingressibus et regressibus praedicte possessioni et bonis quibuscumque eiusdem possessionis inferius terminantur et coherentur et mihi testatori in et super eis et quolibet eorum quocumque modo et iure pertinentur et spectantur nec non quaecumque mobilia et credita massariorum, fictabilium, pensionantium et colonorum quae habeo in ipsa particula possessionis mee et bonorum et eius occaxione et haec pro sacrificando et celebrando divina officia in praedicto monasterio quae quidem possessio et bona sunt haec et sic terminantur et coherentiantur ac declarantur et specificantur videlicet. 
In primis sedimen unum derupatum iacens in loco de Bornago, plebis Gorgonzole ducatus Mediolani, quod est cum hedifitiis, cameris, solariis, area, curte, putheo, orto et aliis suis iuribus et pertinentiis cui coheret ab una parte strata publica, ab alia similiter strata publica et ab aliis duabus partibus praefati Balzarini testatoris seu codicillarii.
 Item petia una terre, ubi dicitur ad Clausum de domo, iacens in territorio dicti loci de Bornago, cui coheret ab una parte ecclesie Sanctorum Cornelii et Cipriani de Bornago, ab alia illustrissimi domini domini ducis Mediolani etc. ab alia heredum quondam Maffioli de Medicis et Erasmi de Schotiis et ab alia strata, et est pertice sexaginta quattuor, tabule sedecim et pedes tres. 
Item petia una terre, ubi dicitur ad Vites raxas, iacens in dicto territorio, cui coheret ab una parte ecclesie Sanctorum Cornelii et Zipriani de Bornago, et Bertini de Giringellis, ab alia suprascripti Bertini, ab alia domini domini ducis Mediolani et ab alia suprascriptum Clausum, et est pertice sedecim vel circa. 
Item petia una terre, ubi dicitur ad Bruxegium, cui coheret ab una parte dicti domini illustrissimi domini domini ducis Mediolani etc, ab alia illorum de Oldegardis, ab alia strata et ab alia Vescontini de Corpello, perticarum quinque vel circa.
 Item petia una terre, ubi dicitur ad Guerzinam, iacens ut supra, cui coheret ab una parte Antonii de Figino, ab alia suprascripti Antonii, ab alia strata et ab alia dicti domini ducis, perticarum quattuor et tabularum decem novem. 
Item petia una terre iacens ut supra, ubi dicitur ad Guerzinam de supra, cui coheret ab una parte ecclesie Sancti Vitalis de Pessano, ab alia strata, ab alia domini domini ducis Mediolani etc., et ab alia suprascripti domini ducis, perticarum decem et tabularum decem novem. 
Item petia una terre iacens ut supra, ubi dicitur ad Campum magnum de Laboratia, sive de la Magata,cui coheret ab una parte Giochini de Herba, ab alia dicti domini Balzarini de Pusterla, ab alia strata et ab alia suprascripti domini Balzarini, et est pertice quadraginta vel circa.
 Item petia una terre, ubi dicitur ad Pateram, sive ad Stradellam, cui coheret ab una parte Antonii de Figino, ab alia Beltrami de Bollate, ab alia strata et ab alia canonice Sancti Protasii de Gorgonzola; perticarum quinque et tabularum sex et pedem sex, salvo et reservato quod si erratum foret in praedictis coherentiis, vel aliqua earum quod propterea non noceat veritati ac veris coherentiis, sed semper stetur et stari debeat veritati et veris coherentiis. 
Item volo, statuo, ordino, iubeo et mando, quod praedicti domini prior, fratres, capitulum et conventus dicti monasterii Sancte Marie de Monte Oliveto, tam praesentes quam qui per tempora futura erunt, teneantur et debeant facere seu fieri facere de fructibus et redditibus ac proventibus dictorum omnium et singolorum meorum bonorum per me eisdem legatorum,iudicatorum et transmissorum et dimissorum ut supra finiri et expleri et manuteneri monasterium praedictum de hedificiis et alevamentis necessariis subsequentibus praefiniri faciendo illa hedificia et alevamenta, aliis hedificiis et alevamentis et operibus, quae feci et facere incaepi hac usque in dicto monasterio et hoc continue donec praedicta hedificia et alevamenta expleta et completa fuerint.
 Item volo, statuo, ordino, iubeo et mando quod praedicti domini prior, fratres, capitulum et conventus dicti monasterii Sancte Marie Montis Oliveti, constructi ut supra, tam praesentes quam qui per tempora futura erunt, teneantur et debeant de dictis fructibus, redditibus et proventibus dictorum omnium et singolorum meorum bonorum per me eisdem legatorum ut supra, ut inteligantur semper de primis fructibus, redditibus et proventibus qui exierint ex, et de bonis praedictis facere, seu fieri facere elemosinam unam de modiis sex frumenti in bono pane cocto et bene ordinato et asaxonato; et staria quattuor cixerorum bene coctorum, ordinatorum et condictorum in die septimi mei et totidem in die trigesimi mei et similiter totidem in quolibet die anniversarii mei cuiuslibet anni usque in perpetuum dandis et distribuendi pauperibus Christi.
 Et ultra hoc teneantur et debeant ipsi fratres in dictis singulis diebus septimi, trigesimi et anniversarii meorum celebrare et dicere missas et divina officia et haec omnia et singula pro remedio et mercede anime mee. Item volo, statuo, ordino, iubeo et mando, casso, irrito, revoco et annullo, et nullius valoris, et momenti esse volo iubeo et mando omnia et singula contenta et de quibus fit mentio in suprascriptis capitulis superius descriptis, excepta  tamen parte dumtaxat illius capituli in quo fit mentio, quod voluit, statuit, ordinavit, legavit et iudicavit ipsis priori, fratribus et conventui dicti monasterii lectos tres finitos pro tenendo in dicto monasterio pro usu forasteriorum et infirmorum per modum et formam pro ut in dicto capitulo codicilli traditi et rogati per soprascriptum Victorem de Panigadis notarium ut supra continetur. 
Et haec omnia et singula suprascripta et in hoc meo testamento et codicillo contenta feci et facio tamen ratis et firmis manentibus omnibus et singulis aliis contentis in dictis instrumentis testamenti et codicilli traditis et rogatis per suprascriptum Victorem de Panigadis notarium ut supra, et sine eorum praeiudictio et etiam ratis et firmis manentibus praedictis omnibus et singulis in hoc praesenti meo codicillo contentis et sine eorum praeiudictio.
 Et haec omnia et singula sic feci, statui et ordinavi et facio et statuo et ordino volontarie, sponte et ex certa scientia, quoniam sic decrevit ac disposuit mea bona et ultima voluntas.
 Et de praedictis praefatus spectabilis miles dominus Balzarinus testator et codicillans rogavit me Martinum de Longis notarium infrascriptum ac notum et cognitorem praefati domini Balzarini testatoris et codicillarii publicum confici debere instrumentum et instrumenta unum et plura unius et eiusdem tenoris si expedierit et necesse fuerit etiam de quolibet singulari capitulo.
 Actum Mediolani in domo habitationis praefati domini Balzarini codicillarii et testatoris videlicet in camera cubicularia, ipsius codicillarii et testaroris posita in ipsa domo habitationis ipsius testatoris et codicillarii sita ut supra, praesentibus pronotariis Ioannino de Gariboldis filio quondam domini Bernardi Porte Vercelline Parochie Sancti Ioannis supra murum et Ambrosino de Figino filio Leonardi Porte Nove Parochie Sancti Eusebii, ambobus civitatis Mediolani notariis et pronotariis ac notis et cognitoribus ipsius testatoris et codicillarii. Interfuerunt ibi testes dominus Lucholus Crottus filius quondam domini Lanzaroti Porte Ticinensis Parochie Sancti Ambrosii in Solariolo; Bertolus de Inzino filius quondam item Berti praedictarum Porte Ticinensis Parochie Sancti Ambrosii in Solariolo; Augustinus de Pessina filius quondam domini Andrioli Porte Nove Parochie Sancti Steffani ad Nuxigiam; Ioannes de Alzate filius domini Francisci Porte Ticinensis Parochie Sancti Alexandri in Zebedia; Gafforinus de Angelis electis filius quondam Pizzini Porte Ticinensis Parochie Sancti Georgii in Palatio, omnes testes civitatis Mediolani noti et cognitores praefati domini Balzarini testatoris et codicillarii et idonei vocati et rogati Subscriptum signo tabellionatus anteposito.
 Ego Martinus de Longis, filius quondam domini Ambrosii civitatis Mediolani Porte Cumane Parochie Sancti Protasii in Campo intus, notarius rogatus tradidi meque subscripsi Subscriptum itidem signo tabellionatus anteposito 
Ego antedictus Ioanninus de Gariboldis notarius praedictis protonotario interfui ut supra meque subscripsi et  iussu suprascripti notarii scripsi Subscriptum signo pariter tabellionatus anteposito.
 Ego praedictus Ambroxinus de Figino notarius praedictis pronotario interfui ut supra et me subscripsi.

 Praesens exemplar cum copia authentica in membrana exarata existente in Archivo R.R. Monachorum Monasterii Sancti Victoris ad Corpus Mediolani per nos notarios infrascriptos visa,diligenterque collationata, concordare attestamur, et pro fide nostris respective tabellionatus signis antepositis subscripsimus hac die sabbati, sexta mensis decembris, anni millesimi septingentesimi trigesimi octavi.
(S.T.)      Joseph Maria Tarantula, filius domini Francisci Porte Orientalis Parochie Sancti Babyle foris Mediolani, publicus de Collegio Mediolani notarius
(S.T.)      J.C.Johannes Angelus de Custodibus, filius nobilis domini Phisici Joseph Angeli olim J.C.C.C. Antoni Francisci, publicus Apostolica Imperialique auctoritatibus et de Collegio Curie Archiepiscopalis Mediolani notarius et antiquarius Porte Romane Parochie Sancte Euphemie intus Mediolani.

Mentre la copia conservata in ASMi, F.R. p.a., c. 1678 fu collazionata cum authentico in pergameno caracthere antiquo conscripto existente nell'Archivio del monastero di S. Vittore al Corpo in Milano da Carlo Francesco Carcano notaio della Curia arcivescovile di Milano. Ed é senza data.






[1] Atti del Comune di Milano nel secolo XIII (1217-1250) a cura di M.F. Baroni, p.274  e  G. Mongeri, La chiesa di Baggio, in ASL 1874,f.IV, p.65 –Bollettino consulta archeologica : “Balzarino Pusterla teneva la sua abitazione in Milano, lungo la via Palla, ora parte della via Torino, precisamente di contro allo sbocco in questa della viuzza di Valpetrosa, al  n. 29. L’alta torre, demolita  nel  marzo-aprile 1874, era appunto la casa di lui…”.
[2]  C. Cantù, Margherita Pusterla, 1906, p. 55.  Margherita Visconti era figlia di Uberto III. E A. Noto, La congiura Pusterla negli atti di una rivendica  patrimoniale,  in Archiva, s. II-XX, f. 4, 1953 pp. 211-214.
[3] Che Bernabò abbia donato, nei primi anni Settanta, a Balzarino proprietà confiscate a Guidetto Pusterla, podestà di Cremona (cfr. ASC, Famiglie, c. 1236) e la duchessa Caterina nel 1403 gli abbia donato l’Ospizio o Osteria della Balla non significa che i Visconti intendessero reintegrare i Pusterla nelle proprietà ad essi  confiscate da Luchino. Tant’è vero che il duca Gio. Maria nel 1407, morto Balzarino e la Camera ducale ritornata in possesso di tale Ospizio, lo donò ad Antonio Visconti, fratello di Beatrice, seconda moglie di Balzarino. Cfr. C. Pirola, Note storico giuridiche su una regalia viscontea… in Quaderni della Brianza, 1993, n.91, pp.72-92.
[4] Balsarinus, Balzarinus e Baldassarinus erano diminutivi di  Baldassare. Come Baldassare egli compare nel torneo del settembre 1395 e nell’ottobre 1402 nei funerali di Gian Galeazzo Visconti, tra i milites (cfr. B. Corio,  Storia di Milano,  MDCCCLVI, vol. II, p. 440). Un nome, Balzarino e Baldassare, che si ritrova nel corso del XV secolo tra i Pusterla.
[5] G. Barbieri,  Funzionari, mercanti e banchieri alle origini del capitalismo lombardo. Tre storie esemplari., pp.233-245, in Commercio in Lombardia, Milano 1987.
[6] B. Betto, Il testamento del 1407 di Balzarino Pusterla, milanese illustre e benefattore, in ASL 1988,  pp. 262-301.
[7] Di Ursina o Orsina  figlia di Matteo II e di madre il cui nome non conosco, il Corio scrive che era la figlia minore  del signore di Milano (la primogenita era Caterina la cui madre era Gigliola Gonzaga figlia di Filippino – 1328-1360:cfr. B.Corio, op. cit. vol. II, p. 197 ) " che poi andò in moglie a Balzarino Pusterla”. Mentre il Giulini, in Memorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della città e campagna di Milano ne' secoli bassi, Milano 1856, vol. V, p. 352, scrive che Ursina Visconti  fu “ la figlia di Luchino e di Isabella Fieschi, e nacque nel 1343. Ed altra Ursina non vi era.”  Non solo, ma "...l ‘Orsina maritata con Balzarino della Pusterla non era figlia di Matteo, e in ciò il Corio si é ingannato",p. 432. Purtroppo i documenti da esaminare sono tanti e dispersi; così il Giulini, e non solo lui, non ha visto neppure l'atto di fondazione del monastero di Baggio ( 25 luglio 1400, ASMi, Pergamene, c. 540 ) nel quale si legge: " nobilis domina Ursina de Vicecomitibus filia quondam bone memorie magnifici et excelsi domini domini Mathei de Vicecomitibus". Ursina era figlia naturale di Matteo II e, quindi, prima cugina di Caterina, figlia di Bernabò, e di Gian Galeazzo, figlio di Galeazzo II, poi duchi di Milano, i quali, per età, erano pari o di poco minori di lei (potrebbe essere nata, infatti, attorno al 1350 pure lei). Del suo matrimonio con Balzarino esisteva un atto  nell'archivio  Zaccaria-Melzi,  Bordolano sull’Olio, Ospizio della Balla c. 98, oggi disperso.
[8] G. Barbieri,  op. cit.,Balzarino Pusterla  e la sua carriera militare e diplomatica  al servizio dei Visconti, p. 233.  (cfr. anche P. Litta, Famiglie celebri d’Italia, VI, tav. III, 1857).
[9] Cfr. P. Litta, op. e tavv. citate
[10] Sulla vita militare di Balzarino, cenni, non facilmente verificabili,  sono riportati dal Litta in op. e tavv. citate
[11] B. Corio, op. cit., vol. II, pp. 204-205. Ugolino Gonzaga, figlio di Guido, era cugino germano della sposa
[12] A. Noto, Gli amici dei poveri di Milano 1305-1964, Milano 1966, p. 34. La dote di Ursina era costituita da 1180 pertiche di terreno  nel lodigiano acquistati nel 1375. Ma non sappiamo chi vi abbia provveduto. Se il padre, che era stato signore anche di Lodi, o lo zio Bernabò. E non invece lo stesso Balzarino: "...E se anche non si fosse costituita espressamente la dote immobiliare, pure la moglie acquistava, col fatto del matrimonio, il diritto non solo alla dote mobiliare, il cui importo era stabilito dalla legge, ma anche al terzo degli acquisti."  C. Nani, Storia del diritto privato italiano, Torino 1902, p. 194.
[13] Repertorio diplomatico visconteo, Milano 1911, n. 2142, p. 252. Da un atto notarile di compravendita immobiliare il nobile cav. Balzarino Pusterla abitava a Milano in parrocchia di San Giovanni in Conca, dove Bernabò viveva con la sua numerosa famiglia nel palazzo fatto edificare dallo zio Luchino.
[14] G. Barbieri, op. cit., p. 233
[15] ASMi, Fondo Religione p.a., Monastero di S. Vittore al Corpo, cart. 1672 (copie autentiche, gli atti sono in pergamena). Il 22 gennaio 1368 inizia con l'acquisto di un sedime  con suoi edifici, camere, solari, corte e stalla sito nel castello di Nesporigo, pieve di Locate; un brolo annesso al castello mediante la fossa, per un totale di 493 pertiche al prezzo di 500 fiorini d'oro. Atto di Galvagnolo Monza notaio di Milano.Lo stesso 22 gennaio acquista altri beni nelle medesime località per 6.945 lire in ragione di 50 soldi imperiali alla pertica (per pertiche  1390); mentre il 25 gennaio rileva  un credito di lire 3.200 imperiali di capitale col suo interesse presente e futuro. Dal testamento di Balzarino del 16 febbraio 1407 si apprenderà che il signore di Milano possedeva terreni confinanti con quelli del testatore; ragione per cui si potrebbe anche congetturare che egli nel 1368 operasse, forse congiuntamente con Bernabò nella medesima area. La perdita dell'archivio di Balzarino non consente, purtroppo, di avere un quadro preciso del suo patrimonio immobiliare e...mobiliare. Non rimangono che le sue disposizioni testamentarie e gli atti del Consorzio della Misericordia e della Fabbrica del Duomo, relativi ai legati di una parte notevole dei suoi beni che non consentono, tuttavia, di stabilire almeno una cronologia dei vari momenti in cui costituì la sua ingente fortuna. 
[16] O. Biandrà di Reaglie, Marco Formentini storico economista del sec. XIX e la sua raccolta di documenti, in ASL C 1975, pp. 23-41.
[17] E' così che si sviluppa il sistema dell'accumulazione capitalistica mediante prestito di denaro, già incontrato nel periodo comunale durante lo sviluppo della vita mercantile. E Balzarino vi contribuisce decisamente. Della bassa Lombardia si legge: "...questo paese beneficiò contemporaneamente di un netto slancio demografico e di una larga espansione agricola e pastorale vivificata da investimenti massicci e dell'attività di tutta una generazione d'imprenditori...invano si cercano in Toscana e in Liguria tracce evidenti di uno sviluppo paragonabile a quello che animava allora la vita economica delle campagne intorno a Milano..." G.Duby, L'economia rurale nell'Europa medievale, vol. II, sec. XIV 2^ metà, pp.449-451. Ed al posto dei precedenti appezzamenti si formano ampie estensioni di terreno, di poderi, spesso anche compatte. Grandi patrimoni organici meglio tenuti e più facili da gestire. I nuovi conduttori delle terre dei proprietari residenti in città non erano più i tradizionali possessori con diritti ereditari e la loro permanenza sui fondi era pure onerosa. Stando così le cose i più avveduti, fortunati o spregiudicati,  si  resero conto che la ricchezza non era solamente dei nobili,  ma che essa era mobile e che era in loro potere frenare il suo declino, regolare la sua crescita.
[18] Vale a dire obbligati tutti per la medesima prestazione, ciascuno obbligato all’adempimento per la totalità e l’adempimento di uno libera gli altri. Il Litta segnala poi Pietro Pusterla tra i “ministri più confidenti di Gian Galeazzo”. ASMi, Fondo notarile p.a. cart. 15, imbreviature del notaio Vittore Panigada fu Antonio  il quale rogò numerosi atti per Balzarino ed Ursina. Cfr. altresì O.Biandrà di Braglie, op. cit., dove vengono citate due comparse ( il 10 e il 22 nov. 1385 ) di Balzarino davanti a Giovanni Capello, vicario del signore di Milano, per dichiarare che intende vendere i suoi possessi in Baggio. Nessuno sinora ha confermato o smentito  se si trattasse di  fievoli  tracce o di operazioni  correnti per i tempi. Secondo il Litta  Pietro Pusterla era figlio di Guidetto e nipote di Biagio fratello del nonno di Balzarino. Questo Pietro, apprezzato da Gian Galeazzo, sarà podestà di Siena sul finire del Trecento.
[19] G.Soldi Rondinini, Storia religiosa della Lombardia. Diocesi di Milano (I^ parte), Chiesa milanese e signoria viscontea (1262-1402), pp. 284-331, p.285,  dove, parlando dei tre fratelli , Matteo II, Bernabò e Galeazzo II, si legge:"...cresciuti ed educati a corte, più uomini d'arme che di cultura, salvo forse Bernabò che aveva qualche rudimento di diritto."
[20] C. Santoro, La politica finanziaria dei Visconti, documenti, vol. I, prefazione di Gino Barbieri pp. VI-VIII e IX. Sono tempi di relativa penuria di circolante monetario e di ancora scarsa concentrazione della ricchezza mobiliare. "Nello svolgimento della Signoria viscontea l'attività finanziaria si configura come componente di  fondamentale rilievo. La confusione  tra il privato e il pubblico operò anche a beneficio del patrimonio personale dei vari  Signori.”
[21] G. Giulini, op. cit., vol. V, pp. 443-596-605-618-625 e 636 in cui si legge "...Bernabò, che non era molto tollerante, ma per altro amante della giustizia,...attese a stringere sempre più la concordia con Gio. Galeazzo, suo nipote..."; mentre per Gian Galeazzo: " Era il conte di Virtù una finissima volpe (il nostro scaltro Giovan Galeazzo) e non é meraviglia che giungesse con buona grazia e a poco a poco a togliere interamente le redini fuori di mano al padre..." . G. Galeazzo  ancora nel 1384 chiamava Bernabò "Dominus Pater noster honorandissimus"; "...Questi tratti di malvagia politica ci fanno conoscere abbastanza il carattere di Giovan Galeazzo Visconte per non restar ingannati dalle belle apparenze, con cui cercava di ricoprirsi. Cattivo principe era certamente Bernabò suo zio, ma almeno non era finto, nè ipocrita. Non lasciò manco  Bernabò di fare anche de' beneficij alle chiese, ai luoghi pii, ed anche a persone secolari...". Fatto imprigionare Bernabò il 5 o 6 maggio 1385, il conte di Virtù lasciò saccheggiare i palazzi di Bernabò e dei suoi figli ed anche la gabella del sale e i libri dei dazi (cfr. G.Giulini, op. cit., vol. V, pp. 653-655) 
[22] Ma, forse, anche commerciali: Milano importava, infatti, merci veneziane, più il sale; e Venezia merci lombarde per grosse cifre.
[23] Dal castello di Trezzo in cui l'aveva fatto rinchiudere il nipote, Bernabò gli aveva scritto lamentando di esservi stato rinchiuso dopo essere stato trattato " peggio che gli ubriachi che vanno per taverne “:  F. Cognasso, I Visconti, Milano 1966, p. 281.
[24] I vecchi strumenti del cambio, del prestito su pegno sono superati. Il sistema bancario dispone di filiali ed agenti, in grado, con lettere di cambio veri e propri titoli di credito, di trasferire o cambiare capitali senza correre rischi, di finanziare e di riscuotere.T. Zerbi , La banca nell'ordinamento finanziario visconteo, Como 1935, pp. 31-61.
[25] Documenti diplomatici  tratti dagli Archivi milanesi di Luigi Osio, vol. I, parte seconda. Protesta sottoscritta anche dal miles dominus Balzarinus de Pusterla filius Francischoli et dominus Petrus de Pusterla licentiatus iure civili, fq. Guidetti, ambo di Porta Ticinese parr. di S. Sebastiano.
[26] G. Barbieri, op. cit., p. 234. Il Barbieri cita un atto notarile del 26.6.1398 e rimanda anche alla prof.ssa Gigliola Soldi Rondinini, La dominazione viscontea a Verona (1387-1404), nella collana: Verona e il suo territorio, Istituto per gli Studi veronesi, 1981, pp. 148-150 (con precisi riferimenti a Balzarino Pusterla); e Caterina Santoro, op. cit., vol. II, 1385-1412, p. 188, 20.3.1392.  Per quel che riguarda i podestà inviati dai Visconti nelle città del dominio, essi godevano di un appannaggio (non stipendio personale) per indennizzarli di tutte le spese di curia. Ma non é possibile quantificare l'appannaggio podestarile senza disporre del Liber Tabulae Rationum o Liber Rationum Domini (Tavole dei conti), o tabula rationum o partitario dei conti, in cui comparivano i resoconti di un comune comunicati dalla tesoreria comunale al maestro delle entrate presso la Camera del principe. Gian Galeazzo, negli anni 1385-1387, fece poi adottare un sistema diverso per i conti pubblici. Quindi la ricerca è tutt'altro che facile. T. Zerbi, op. cit., pp. 31-61; G. Luzzato, Lezioni di storia economica, Padova 1927, p. 290 e T. Zerbi, Archeologia contabile in mastri milanesi del Trecento. Il Liber Tabulae Rationum, in Commercio in Lombardia, Milano 1987, pp. 151-159.
[27] Il Filargo sarebbe “nato a Creta verso il 1340…eletto il 26 giugno 1409” all’unanimità:Jean Mathieu-Rosay, Dizionario cronologico dei papi, Milano 1990, p. 235.
[28] G. Barbieri, op. cit., p. 234; B. Betto, op. cit., p. 274.
[29] A. Belforti, nella sua Cronologia brevis, Milano 1720, p. 136, conservata nella Biblioteca Braidense, scrive: "Balzarino de Pusterla, essendo in viaggio, visitò fuori Siena Monte Oliveto Maggiore e colpito dalla pietà, dalla umiltà, dalla austerità dei monaci Olivetani, fondò nella provincia d'Insubria il Cenobio di Baggio". Il Belforti fu monaco nel monastero di S. Vittore al Corpo in Milano e si occupò della storia degli Olivetani.
[30] P. Litta, op., vol. e tav. cit.; e G. Romano, Regesto degli  atti  notarili di C. Cristiani dal 1391 al 1399, in ASL, XXI-II, 1894, p. 56.
[31] "...porrexit nobis egregius miles et dillectus noster dominus Balzarinus de Pusterla petitionem...legare tradere et donare quibusdam ecclesiis sive ecclesiasticis personis aliquas ex proprietatibus ipsius supplicantis..." ASMi, F.R. Pergamene, monastero di S. Vitore al Corpo, c. 540, righe 12-44, documento rimasto sino ad oggi ignorato ed inedito. Onde non incorrere nell'indignazione del principe violando i suoi decreti e gli Statuti di Milano e di Lodi. M. Formentini, Il ducato di Milano. Studi storici documentati, Milano 1877, p. 48. Balzarino intende, infatti, assegnare ai frati "...et cuilibet ecclesie et ecclesiastice persone capitulo et conventui...usque ad quantitatem florenorum quattuorcentum auri de annuis redditibus..." ricavati, cioè, da beni immobili che egli possiede nella città e contado di Milano e nell'episcopato di Lodi. Il florenus boni auri et iusti ponderis, conio zecca viscontea con peso di circa grammi 3,53 di oro puro (24 carati), a partire dal 1356, era ancorato alla lira imperiale di conto (idealmente divisa in 20 soldi imperiali di 12 denari ciascuno) dei mastri nel rapporto di 32 soldi di buona moneta d'argento per fiorino d'oro..." T. Zerbi, Avventure monetarie di Gian Galeazzo Visconti, manovre sul corso dell'argento, in Commercio in Lombardia, Milano 1987, pp. 136 e 137. “Nell’ultimo decennio del sec. XIV il fiorino d’oro era di 32 soldi, corrispondenti a circa £. 7,80 delle lire italiane” sul finire del secolo XIX ( C.Magenta, La Certosa di Pavia, p. 87 n. 6).
[32] Carlo Magenta, La Certosa di Pavia, Milano 1897. Non riporterò quanto egli scrive a p. 86 sui voti di Caterina Visconti dopo il suo matrimonio con Gian Galeazzo; né di quello che si legge in Giulini (op. cit: vol. II, p. 355) sempre sulla stessa Caterina. Bensì citerò la donazione fatta dal conte di Virtù al notaio Catelano Cristiani il 9 dicembre 1393 “stipulante nomine et vice Ecclesie et ordinis Cartoxie fabricande quam prefatus dominus dispoxuit fieri facere de bonis, sediminibus, possessionibus etc. de Carpiano comitatus Mediolani”, che vengono descritti nell’atto. (C. Cristiani, op. cit., p. 53). Sarebbe questo, infatti, “il più antico documento in cui si sia fatta menzione della celebre Certosa di Pavia, documento anteriore di circa un anno alla lettera di Gian Galeazzo Visconti a Stefano Macone, Priore della Certosa di Garignano riportata in parte dall’Autore  op. cit., I, 378”. Le risorse private destinate da  G.Galeazzo per la Certosa di Pavia non si possono in ogni caso paragonare a  quelle più ingenti  che Balzarino impiegò per l’erezione del suo cenobio. La Certosa del Pusterla con una comunità di religiosi come la volle comportò una dotazione ingente ben superiore a quella del Visconti. Come non si può forse paragonare la devozione del conte di Virtù con quella di Balzarino. Almeno stando al Giulini che non comprende  la devozione di G.Galeazzo  ma quella di Gabriele Bossi ,sì, il quale fece edificare  la chiesa di Sant’Ambrogio ad Nemus nel 1389  in Milano(G.Giulini, op, cit, vol, V, p. 742).
[33] B. Corio, op. cit., pp.396-401 e G. Giulini, Memorie cit., pp. 795-800. Solo che per il Corio Baldassare Pusterla divise il premio di questa giostra con il marchese di Monferrato; mentre per il Giulini, pur nominando il Pusterla, il premio toccò al marchese solamente. G. Franceschini, invece, in Storia di Milano Treccani, 1956, vol. III, p. 900 dice che si tennero "grandiose giostre per 3 giorni consecutivi (13-14-15 agosto) e che il Pusterla fu tra i vincitori. Balzarino era sì diminutivo di Baldassare, ma che il nostro Pusterla in sole due occasioni venga chiamato Baldassare…
Per quanto riguarda il titolo di duca Marco Formentini, op.cit., p.53 : "Ma due torti gravissimi ebbe codesto principe.......l'altro di aver mercanteggiato dal debole imperatore Venceslao il conferimento della dignità ducale...ottenuto col diploma 2 maggio 1395".
[34] O. Biandrà di Reaglie, op. cit., p. 32
[35] C. Santoro, op. cit., introduzione di Gino Barbieri. Come nel 1390, quando il conte di Virtù chiede al podestà di Voghera di ottenergli dai cinque maggiori possidenti un prestito di 500  fiorini per 6 mesi all'interesse del 10% .
[36] P. Ghinzoni, Il castello di Carimate, in ASL 1890, parte II, p. 794.  ASMi, Rogiti Camerali, Catellano Cristiani, 1396, 13 settembre. Nei Rogiti Camerali si trova dopo breve tempo la rinuncia fatta dal Malabarba. Nell'istromento il castello é qualificato pulchrum et notabile, e tale doveva essere se fu la dimora di Luchino ( che l'aveva fatto costruire nel 1345 ),  e chiamato la Cittadella; di Caterina ( alla quale Gian Galeazzo l'aveva donato e poi tolto ) e forse dello stesso conte di Virtù.
[37] ASMi, F.R. p.a., cartelle 1672-1678 e O. Biandrà di Reaglie, op. cit., pp.23-41. Il 10 dicembre 1398 Balzarino effettua nuovi acquisti di immobili a Nesporigo; nel 1399 e 1400 ancora a Baggio e nel 1403 altri a Videserto.
[38] M. Formentini, op. cit. e Un nuovo registro di lettere ducali, a cura di C. Santoro, in ASL 1925, f. III-IV a. LII. Le lettere ducali, equivalenti a decreti, una delle quali é indirizzata ai "maestri delle entrate, ai referendari della corte ducale, al Vicario ed ai XII di Provvisione di Milano", con le quali Gian Galeazzo ordina di eseguire quanto da lui stabilito circa gli estimati, "lasciando, però esenti il signor Balzarino Pusterla..." il 29 ottobre 1397 da Pavia. Insomma, le operazioni finanziarie del Pusterla a Venezia non possono non fare supporre ben più stretti rapporti di denaro con la corte ducale.
[39] G. Giulini, op. cit., vol. VI, a. 1399, p. 21. E la vita era ovunque grama e trista. Muore a Venezia Luchino Novello figlio di Isabella Fieschi, lasciando per testamento molti ricchi legati, per i frati Certosini, per fanciulle povere e nubende e per opere pie.
[40] B. Corio, op. cit., vol. II, pp. 418-420 e G. Giulini, op. cit, vol. VI, pp. 21-22.
[41] G. Soldi Rondinini, op. cit., pp. 327-328. Mentre si sperperavano i beni destinati ai poveri e la cattiva amministrazione  ecclesiastica  li gettava al vento.
[42] A. Vauchez, La spiritualità dell'occidente medioevale, Milano 1978, p.186.
[43] G. Penco, Storia della Chiesa in Italia, Milano 1977, vol. I, pp. 431-447. 
[44] V. Cattana O.S.B., Il monachesimo benedettino nella diocesi di Milano dalla fine del medioevo all'età dei Borromei, in Ricerche storiche sulla Chiesa ambrosiana. Nel XV centenario della nascita di S. Benedetto (480-1980), Milano 1980, pp. 107-110.  Nella commemorazione di San Benedetto tenuta a Subiaco per il XIV centenario della morte del Patriarca del monachesimo d'Occidente, Guido Gonella, allora ministro della Pubblica Istruzione aveva detto: "...Così, per rendere cristiano un popolo, non basta presentargli e leggi e regolamenti; bisogna offrirgli un modello effettivo di società cristiana. Questa é la più potente arma di conquista sociale..." G. Gonella, Il magistero sociale di un Riformatore, Roma 1947, p. 13
[45] A. Vauchez, op. cit., pp. 164-165-188.
[46] G. Soldi Rondinini, op. cit., p. 319.
[47] M. Formentini, op. cit., p. 42.
[48] A. Noto,  op. cit. pp.XXI-XXII: "Alcuni fra i più ricchi borghesi, al termine della loro attività professionale, divenuti patrizi, si dedicano all'amministrazione della beneficenza. Altri. temendo per la salute dell'anima, dato il modo poco scrupoloso con cui hanno accumulato la propria fortuna, offrono ai poveri in espiazione dei propri peccati. Elemosyna ab omni peccato et a morte liberat, assicurano le Sacre Scritture (Tobia, IV, 11) ed anche lo stesso duca Galeazzo Maria Sforza nel 1475, mette in pace la propria coscienza nella convinzione che ... hec opera pietatis extinguunt peccatorum maculas, benignum reddunt Deum et ex irato placidum faciunt".
[49] G. Albini, Continuità e innovazione:la carità a Milano nel Quattrocento fra tensioni private e strategie pubbliche,in La carità a Milano nei secoli XII-XIV, Milano 1989, p. 143.
[50] G. Cracco, Dalla misericordia della Chiesa alla misericordia del principe, in  La carità cit., pp.32-33.
[51] G. Soldi Rondinini, Le opere di carità a Milano: gli interventi dei Visconti, in La carità cit., p.133. Gli interventi viscontei sotto l'aspetto caritativo: beneficenza legata al potere, ovvero un altro modo di fare politica.
[52] Platone, Dialoghi, Fedone XII.
[53] O. Biandrà di Reaglie, op. cit.
[54] ASMi, Fondo Pergamene, cart. 540 cit. L’atto fu rogato , una domenica, da Ambrosolo Trancherio  fu Tomasolo notaio pubblico di Milano, P. Ticinese parr.  S. Alessandro in Zebedia,  e scritto da Ambrosolo de Brippio di Todeschino  notaio, P. Ticinese parr. di S. Eufemia; protonotai Maifredo Cattaneo de Aresio fu Ambrogio P. Orientale parr. S. Simpliciano e Pietro Regni di Ambrosolo P. Romana parr. S. Vittore ad portam romanam, entrambi di Milano. Tra i testimoni: sapiens vir dominus Anselmus de Roziis utriusque iuris doctor fu Michele, P. Cumana parr. S. Maria Segreta; Giacomo Bossi giurisperito fu Vaschino P. Cumana parr. S. Giovanni alle quattro facce… Vi sono inserite le bolle di Clemente VI, che da Avignone il 21 gennaio 1344 conferma l’Ordine di Monte Oliveto, da Giovanni XXII approvato nel 1324. La bolla si trova tra i Codici Morbio presso la Biblioteca di Brera. E quella di Bonifacio IX del 16 gennaio 1399 da Roma , apud Sanctum Petrum. Quest’ultima è conservata in ASMi, Bolle, cart. 26 (e pure microfilmata).  Bonifacio IX , dopo avere lodato “dilectus filius nobilis vir Balzarinus de Pusterla” per l’opera meritoria con cui si era assunto l’onere di edificare una chiesa ed un monastero intitolati a S.Maria di Monte Oliveto “in loco seu villa de Badagio”, concede indulgenze ai fedeli che visiteranno, “…ad conservationem seu perfectionem…huismodi manus adiutrices porrexerint…”, la chiesa del monastero nelle festività della Natività, Circoncisione, Epifania, Resurrezione, Ascensione “et Corporis Domini nostri Jesu Christi…ac Pentecostes.” E prosegue elencandone altre riguardanti la Vergine Maria e i Santi. L’uso delle indulgenze era frequente e nei fedeli il desiderio di lucrarle era alto. Le indulgenze offrivano loro una facile pratica religiosa. 
[55] Frate Ippolito da Milano e frate Ippolito da Camenago sono la medesima persona. In realtà Camenago era nella pieve di Seveso in diocesi di Milano (cfr. Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, Magistretti, Milano 1917, 129 C, 327 A e 338 C). Non è improbabile che si trattasse di Cimnago, una località appartenuta al monastero di Meda; oggi Camnago presso Meda . 
[56] Tra le proprietà donate dal Pusterla vi è anche quella che egli ha acquistato da  Pietrolo Crivelli nel luogo di Gudo Gambaredo il 12.4.1400:ASMi,F. R. monastero di S. Vittore al Corpo, c. 1671.
 [57] “…et maxime vigore dotis sue quam habet a dicto eius marito et supra bonis suis et etiam vigore occasione nostrorum dotalium palefranalium seu etiam sponsalitiarum quas ipsa domina portavit seu portari fecit ad maritum…promisit et vadiam dedit obligando se et omnia sua bona mobilia et imobilia praesentia et futura et etiam suppellectilia domus… Renuntiando praefata domina benefitie ipotece dotis sue et iurium suorum praedictorum per respectum ad dicta bona et iuria superius donata…” ASMi, F.Pergamene cit., c. 540. “…il diritto della moglie a conseguire la quarta e la terza parte del patrimonio del marito quale sarebbe risultato all’epoca del suo decesso, faceva sì  che durante il matrimonio essa ne apparisse come comproprietaria…E se anche non si fosse costituita espressamente la dote immobiliare, pure la moglie col fatto del matrimonio acquistava il diritto non solo alla dote mobiliare, il cui importo era stabilito dalla legge, ma anche al terzo degli acquisti” C. Nani, op. cit., p. 194, salvo un patto esistente tra i due. Milano fu governata,infatti, “da Matteo all’ultimo dei Visconti, dalle leggi romane, dalle Costituzioni de’ principi, da’ suoi Statuti”: C. Morbio, Storia dei Municipi italiani, Milano 1846, p.4 n. 1.
[58] Tali accordi vennero stesi nell’abitazione di mastro Lorenzo de Donatis a P. Romana parr. S. Nazaro in Brolo dinanzi ai notai Ottorino de Gezonis di Ambrogio e Giacobino de Settis. E per queste parti del monastero Balzarino avrebbe pagato 15mila lire. Il dormitorio doveva  avere le seguenti misure: lunghezza dalle 25 alle 35 braccia (dai 14 ai 18 metri circa), l’altezza fino a 20 braccia  (12 metri circa). In questa occasione il Pusterla consegna ai monaci 120 fiorini.
[59] Ad locum Mediolani: Fr. Vicarius Ieronimus de Sicilia; conventuales: fr. Egubinus de Bon, fr. Gerrigus Thethomas, Mattheus de Viterbo ( in Familiarum Tabulae, opera manoscritta iniziata nel 1335, ma per il monastero di Baggio parte dal 1400 per terminare nel 1781 – anche se dopo il 1773 esso verrà unito a quello di S. Vittore. E’ un elenco di tutte le famiglie olivetane conservato nell’Archivio di Monte Oliveto Maggiore – Siena.
[60] Nel 1401 compaiono “In monasterio S. Mariae de Mediolano: Prior Fr. Ieronimus de Sicilia; Cellerarius ( o tesoriere) Fr. Damianus de Mediolano; M. Nov. (maestro dei novizi) Fr. Nicolaus de Polonia; Sacrista: Fr. Antonius de Regno. Conventuales: fr. Nicolaus de Mediolano, fr. Petrus  de Alamannia. (da op. cit. s.)
[61] G. Mongeri, op. cit., p. 66.
[62] L. Scazzosi, Il monastero di S. Maria di Baggio dei Padri olivetani, in Famiglia cristiana, aprile 1954.
[63] Cascina e monastero. Storia di monaci, contadini e operai in S. Maria di Baggio.Comune di Milano Consiglio di Zona 18, 1991, p. 13 . Dopo il restauro vi sono stati insediati il Consiglio di Zona 18 ed il Comando dei Vigili di Quartiere.
[64] Ancora nel 1403 Balzarino acquista dalla famiglia Cordani a Villadeserto, come da atto rogato dal notaio Castellino Trechi, ASMi, F. R. p.a., c. 1672. 
[65] Dalle Familiarum Tabulae citate nel 1402 a Baggio si contano 9 monaci.
[66] Secondo Lancellotti, uno storico dell’Ordine olivetano, in Historia Olivetanae’ libri duo, Venetiis 1623, alle pagine 178-179 scrive che “ Ursina legò al monastero tanti poderi e possessioni alle Cassine, nel Lodigiano, quanti ne lasciò Balzarino a Baggio”.  1180 pertiche, contro le 2000 del marito.
[67] A. Noto, op. cit., p. 34: I beni relitti costituivano la dote della benefattrice. Si estendevano per oltre 1180 pertiche attraversate dal Lambro nel Lodigiano ed erano stati acquistati nel 1375 per lire 1200 imperiali. Ursina aveva nominato erede universale il Consorzio della Misericordia con proibizione di alienare i beni lasciati. Per venire in possesso dell’eredità il luogo pio dovette sostenere una causa con Caterina Pusterla, figlia della benefattrice, causa che si concluse nel 1417 con una transazione in forza della quale il luogo pio rinunciava ai fondi di Nesporedo (Nesporigo) e Videserto, definiti allora non lucrosi, a 362 pertiche di terreno in Lodi del valore di lire 400 imperiali…Il luogo pio recuperava i beni di Nesporigo e Videserto alla morte di Caterina Pusterla. Dallo stesso Autore, a p. 40, si legge che nel 1406 Balzarino donò al Consorzio della Misericordia una casa in P. Orientale parr. di S. Babila, nella stretta chiamata Bagutta, con l’obbligo di distribuire ai poveri annualmente, per l’anima sua e della signora Leonarda Zurli (non meglio identificata) 2 moggia di pane di frumento.
[68] ASMi, F. Commercio p.a., cartt. 178 e 180, Testamento di Balzarino Pusterla, cap. XXII, XX in B. Betto:”…annualia quattuor, unum videlicet pro me testatore…aliud die nono mensis martiis cuiuslibet anni in dicta ecclesia  S. Sebastiani pro anima  praedicte dominae Ursinae..”: 9 marzo 1404, il giorno in cui morì Ursina? E il debito che Balzarino risultò avere dopo la sua morte con Antonio Grasso dell’Università degli Speziali comprendeva quasi certamente i medicinali per Ursina, e poi anche per lui. Morto il Pusterla fu il Consorzio della Misericordia che dovette provvedere ai di lui creditori, tra i quali rientravano anche coloro che avevano fornito materiali da costruzione  e le campane per la sua Certosa. ASMi, F. Notarile, Giovanni Sansone notaio in Milano, atti dall’11 al 25 giugno 1407.
[69] Nel codicillo che qui aggiunse al suo testamento del  1397, modificato nel 1401 il 25 agosto compaiono frate Pietro da Candia (il Filargo) e Giovanolo da Casate,milite, aio dei due figli di Gian Galeazzo,  ma non Balzarino che non risulta essere tra i personaggi presenti al capezzale del duca morente. Mentre, al suo funerale, il Corio nomina  Baldassare Pusterla fra i militi. Balzarino fu  più vicino a Caterina Visconti che non a Gian Galeazzo.
[70] La duchessa e il duca Gio. Maria, minore (15 anni) sotto tutela della madre, riconfermano a Balzarino e ad Ursina, l’8 giugno 1403 – il Giulini, rifacendosi ai Registri civici, data 9 giugno, op. cit., vol VI pp. 76-77; cfr. anche C. Santoro, op. cit., reg. 3 n. 217 –  quanto i loro predecessori più volte confermarono per la sincera fedeltà loro dimostrata …et de nostra plenitudine potestatis omnia eorum iugalium privilegia, beneficia et immunitates gratias et exemptiones per praedecessorum nostri concessa et…  ASMi F.Commercio p.a., c. 180. A questo privilegio segue la donazione del 10 giugno “…domum unam sive hospitium unum appellatum Hospitium de la Balla in hac nostra civitate Mediolani donamus et donatam esse volumus…”. E il privilegio del 12, ma “ad instanza di Balzarino Pusterla” con il quale Caterina e Gio. Maria  ricevono priore, monaci, conversi, capitolo, convento, familiari, “dedicati e raccomandati” e tutti coloro che per il monastero lavorano, “redditi e proventi con tutte le ragioni e beni mobili ed immobili del monastero, presenti, e che in avvenire essi acquisteranno… sotto la loro protezione e difesa loro e dei loro successori padroni di Milano e del Comune di Milano…” ASMi, F. R., monastero di S. Vittore al Corpo, c. 1679. In questa stessa cartella è conservata una “protesta e dichiarazione di Balzarino Pusterla”, in data 2 maggio 1403, “che nella donazione da lui fatta a favore del monastero di S. Maria di Monteoliveto in Baggio per istromento 25.7.1400: si comprendono luoghi 30 e £.80 e siano 3080 per detti luoghi scritti in testa di esso Balzarino Pusterla nel Cartulario della compera grande de’ Veneziani appoggiata ai consoli di S. Paolo Vecchio di Genova, con tutti i loro redditi e proventi presenti e futuri de’ quali luoghi  e redditi  fa nuovamente donazione irreversibile tra vivi a favore del venerando monistero”. Rogato da Ambrogiolo Trancherio , lo stesso notaio dell’atto del 25.7.1400.  
[71] B. Corio, op. cit., vol. II, pp. 465-477
[72] L. Osio, Documenti diplomatici tratti dagli Archivi milanesi, vol. I, parte 2^.
[73] I  figli di questo Vercellino a  me noti sono: Giovanni III, che sarà arcivescovo di Milano dal 1409 al 1415 e poi dal 1450 al 1453 reintegrato da Francesco Sforza; Beatrice, seconda moglie di Balzarino, che morirà nel 1426 ed Antonio al quale Gio. Maria, dopo la morte del Pusterla, donerà l’Ospizio della Balla. Vi sarebbe stata un’altra figlia della quale, però, non conosco il nome. I fratelli di Beatrice furono suoi coeredi, viventi. ASMi, F. Notarile, Ambrogio Spanzotti notaio, due atti rogati il 26.10.1426. Per il Corio , Vercellino  é già morto nel giugno 1407 (B. Corio, op. cit., vol.II, p. 495).
[74] G. Giulini, op. cit., vol. VI. pp. 113-118.
[75] G. Barbieri, op. cit. A p. 240 si legge: Il governo veneto, per garantire agli aventi diritto la corresponsione degli interessi sui crediti accesi presso i Prestiti del Comune di Venezia, soleva documentarsi in maniera rigorosa sulla volontà dei depositanti. Ecco perché il Quaternus  di Balzarino Pusterla si apre con la copia autentica del suo ampio testamento…”, la prima pagina del quale è riprodotta a pagina 240.  E di G. Luzzato, I prestiti della Repubblica di Venezia (secc. XIII-XV) – Introduzione storica di G. Luzzato, R. Accademia dei Lincei, Padova 1929, pp. CCLXXV-351.
[76] Dei  due documenti si trovano copie del XVIII sec. pure in ASMi,  F. R., c. 1678 e 1679. Balzarino è morto da poco. Il 5 giugno 1407, infatti, la Fabbrica del Duomo, erede universale del Pusterla, diede incarico a Finolo Mazzali,  assegnandogli un salario, di eseguire l’inventario dell’eredità del defunto, come si legge nelle note al “ Fatto “ in la causa dell’Ospizio della Balla “foglio 25 “,ASMi ,F. Commercio p.a., c. 178. Da nessuna parte compare, però, la data  della morte di Balzarino che si presume sia avvenuta tra fine maggio e l’inizio di giugno. Il Pusterla, dopo avere dettato il suo secondo codicillo, ordinò,  in presenza di Francescolo de Asso “ detto della Misericordia,”  di Antoniolo de Vinoribus de Carate e di altri, di  trasferire nel castello di P. Giovia, castellano Cristoforo della Strada, e precisamente nella camera nella quale abitava il milite Giovanni Pusterla 4 “capsona “ contenenti  capi  pregiati di vestiario in pelle, seta, velluto; biancheria per uso domestico e personale,  indumenti da notte;  panni di lino, drappi  vari , una coltre bianca di seta; molti vasi in una bussola di legno rotonda pieni di balsamo ed altri  oggetti. Uno dei quali, dopo la sua morte, doveva essere consegnato alla nobile Beatrice sua moglie, la quale “duas vestes ex suprascriptis, quas maluerit pro dando eius sorori dum non habeat ex suprascriptis dandis suprascriptae Fabricae” ; mentre gli altri 3 con il loro contenuto dovevano essere consegnati alla Fabbrica della Chiesa maggiore di Milano.  L’ atto fu registrato, a mezzo del notaio Pietro Regni , mercoledì 19 ottobre 1407, ind. prima: ASMi, F. Commercio p.a. , c. 180.
[77] Questi familiari del Pusterla, approfittando delle sue condizioni di salute, si sono recati nelle proprietà di Gudo Gambaredo (o Gambararo), cascina Crivelli, di Nesporigo e di Villadeserto contestando ai monaci ed ai loro dipendenti alcuni punti della donazione e del testamento relativi a questi beni sui quali essi vantavano dei diritti che le carte da me esaminate non precisano.
[78] Dagli atti della causa per l’Ospizio della Balla si apprende, infatti, che i ministri camerali “sapevano che le donazioni fatte da tutori in materia di regalie non hanno forza alcuna quando non sono confermate dal sovrano gionto che sia al governo del principato. Di fatto si vede chiaramente dalli esempi…perché le RR.PP. Certosini tra li altri, avendo fatto confermare dalla duchessa Caterina e dal figlio sotto tutela nel 1404 7 giugno i privilegi loro concessi da Galeazzo, ed  altri predecessori, non stimarono sufficientemente cautelate e confermate dette concessioni, se giunto Gio. Maria al comando assoluto non ne ottenevano dal medesimo altra confermazione, come in specie si vede dal documento del 1408 24 febraro…e da altri molti casi che si potrebbero allegare…” cfr. C. Pirola, op. cit., pp. 78-79. Da cavilli simili nacque, uguale il punto di partenza Balzarino Pusterla, il processo durato circa due secoli, fino al 1742, sull’Ospizio della Balla. I monaci olivetani chiederanno anche al successore di Gio. Maria, il duca Filippo Maria la riconferma del privilegio. Riconferma che verrà  loro concessa il 5.10.1412: ASMi, F:R. p. a.,monastero di S. Vittore al Corpo, c. 1679.
[79] Cfr. B. Betto, op. cit., pp. 292,293 e 298: capitoli X, XII e XXIV.
[80] La risposta del duca alla petizione si può considerare un decreto essendovi l’ordine di suggellazione e il numero dell’indizione . E come per tutti i decreti si facevano copie che venivano spedite entro una lettera accompagnatoria indirizzata agli ufficiali incaricati dell’esecuzione ( nel caso nostro podestà, rettori, vicari ed ufficiali che facciano “inviolabiter observari “. Cfr. F.E. Comani, Usi cancellereschi viscontei, in ASL 1900 n.1, serie XIII, p. 386; e A. Pratesi, Genesi e forma del documento medievale, Roma 1979, pp. 35-42.
[81] A firma Francescolo, che compare pure alla fine del decreto inserito nel 2° codicillo. Il capitano di giustizia è Uberto Spinola, che abbiamo incontrato tra gli scudieri ai funerali di Gian Galeazzo,  con sede a Milano, P. Romana parr. di S. Giovanni Itolano. 
[82] Provvide a registrare le diverse fasi delle comparizioni di accusati e testimoni Martino Muzano notaio del capitano di giustizia cfr. ASMi, F. R. monastero di S. Vittore al Corpo, cartt. 1678- 1679. 
[83] ASMi, F. Commercio p. a., cartt. 176 e 178. Apprendiamo così di una investitura ad Ursina, moglie e procuratrice di Balzarino Pusterla, “ ad libellum usque in perpetuum” di  beni , diritti e coerenze “in castro de Nesporigo” (caseggiati, tra i quali una casa murata da quattro parti; sedimi e vigne appartenenti al monastero “intus vineam extra muros”. Gli atti furono rogati da Gualterino Cagnola –8.11.1395- e da Vittore Panigada –19.11.1395. Nell’atto del 20.10.1422 le monache di questo monastero intus vineam, poi  delle Veteri in P.Ticinese, dell’Ordine di S. Agostino –fino al 1415 compaiono tra le Umiliate- si schierano “contra et adversus Caterina Pusterla” fu Balzarino. Da tale atto si rilevano i nomi di Balzarino Pusterla e di Filippino Reoldino fu Francescolo “utrumque eorum in solidum” che quei beni possono trasmettere ai loro eredi. I due terranno finchè vivono tali sedimi, terras et bona et iura virtute dicte investiture…che poi Balzarino passò per testamento alla figlia ed ai deputati della Chiesa maggiore di Milano. Ma le monache, nel 1421, portarono il caso dinanzi al vicario generale ecclesiastico, la cui sentenza del 20.10.1422 spiega che, avendo citati tutti quelli che potevano avere interesse in quella lite, e non essendo comparso alcuno a difendere i beni e l’eredità di Balzarino “ed essendogli rappresentata detta eredità per vacante e giacente, con suo decreto interlocutorio avere fino dall’anno 1421 21.11 deputato il curatore alla medesima con obbligo di fare l’inventario. ”Ma, ancora nel 1430 i frati di Baggio hanno liti e controversie per alcuni beni lasciati loro da Balzarino ed Ursina con il Consorzio della Misericordia ed il monastero “dentro la vigna” ASMi, F: R. p.a., c. 1672. E’, insomma, un susseguirsi di carte che, per gran parte del Quattrocento, parlano di compromessi vari per beni in contestazione, beni che sono individuabili anche nel 2° codicillo di Balzarino.  
“Rimanendo legati agli atti notarili ed economici rischiamo di ritenere che nel monastero non si parlasse d’altro” scriveva Padre Silvio Vismara in Monasteri e monaci olivetani nella diocesi milanese, Milano 1901, p. 10.
[84] ASMi, F. Commercio p.a., c. 180 – atti ricavati dal registro della “Fabrica Templis Maioris Mediolani” (6.1.1390 – 23.1.1446). L’ordinanza indicata venne emanata  dal Consiglio generale della Fabbrica composto da: Francesco Crepa Ordinis Minorum, il cardinale vicario, Jubertus Torti leg. Dr. Provisionis civitatis Mediolani vicarius, Antonio Visconti miles… = il Torti che compare nell’atto del capitano di giustizia contro i Pusterla è lo stesso anche se  scritto Johanes=
[85] ASMi, F. Commercio p.a., c. 180. Lo si ricorda in atto del 19.12.1415 nel quale si legge: “…et quod Caterina Pusterla fecit datum in dotem inextimatam Ambrosino Pusterla eius marito de certis bonis in eo instrumento…” (per beni in Valiano; ma anche l’Osteria della Balla, che Ambrosino, morta Caterina la quale aveva donato al Consorzio della Misericordia un fondo di 422 pertiche e, per testamento, il 2.11.1423 metà dei suoi beni (A. Noto, op. cit., p. 40), donò a Gio. Stefano Casati che aveva nominato suo erede universale. Ambrosino morirà nel 1450 (ASMi ,F. Commercio p.a.,c.180).
[86] ASMi, F.Commercio p.a., c.176 “…et pro resto sue doti  florenos octocentum et certa bona iacentia in territorio loci de Valiano plebis Sancti Donati in strata ducatus Mediolani, ubi dicitur ad pratum de Pozolo…cum iuribus aquam…”.
[87] G. Barbieri, op. cit., p. 242
[88] Per non parlare del nome di Ursina. Niente è rimasto a ricordare la data della  morte di Balzarino, anche se i  monaci ne celebravano sicuramente l’annuale  e di conseguenza doveva essere scritta nei libri della loro chiesa, forse trasferiti nel Settecento al  monastero di S. Vittore in Corpo in Milano, ma dei quali oggi  nøn si  sa più  nulla.




Diffida del 1407
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BALZARINO PUSTERLA E LA CERTOSA DI BAGGIO

di

Floriano Pirola



I Pusterla nel secolo XIV

I Pusterla furono a Milano, dal periodo comunale  al signorile, una delle prime famiglie ghibelline.
Nel secolo XIII  i fratelli ser Norando e ser Ubertaccio Pusterla hanno proprietà in Milano tra il monastero di S. Celso e la chiesa di S. Lorenzo maggiore, mentre altre confinano con quelle della chiesa di S. Giorgio al Palazzo.1 Nelle cui vicinanze si elevano le case fortificate, in parte arrivate al XIX secolo, che furono di  Francescolo e di Balzarino Pusterla nel Trecento.2 I due Pusterla seguirono percorsi per alcuni tratti paralleli, accomunando la benevolenza di un Visconti e una moglie della sua casata. Il primo discendente da Macario, il secondo da Martino, ambedue figli di Norando Pusterla.
Francescolo entrò nella storia di Milano per la morte alla quale lo condannò Luchino Visconti Signore di Milano. Egli aveva raggiunto con Azzone Visconti la posizione più elevata nella corte viscontea, accrescendo di molto il suo patrimonio e il suo potere politico. Ma, morto Azzone, agli occhi dei suoi successori, Luchino e Giovanni, figli di Matteo I, miranti all'ampliamento del dominio ed ancora più all'accentramento  nella Signoria di tutti i poteri, rappresentò un ostacolo che si doveva rimuovere e con lui coloro che potevano sentirsi, per sangue e per ricchezze, pari ai Visconti. E con l'accusa di avere congiurato contro Luchino, che reggeva Milano e la Signoria con il fratello, l' arcivescovo Giovanni, Francescolo Pusterla, la moglie Margherita Visconti, i loro figli ed altri nobili milanesi, a loro vicini in quella sorte, vennero giustiziati tra il 1340 e il 1341 e tutti i loro averi furono incamerati, Osteria della Balla inclusa. 
Balzarino nacque quando l’eco di quelle esecuzioni capitali non si era  ancora spento. 
Matteo II e Bernabò riaprirono ai Pusterla le porte della corte e di  nuovo elargirono loro favori.   Balzarino fu tra questi. Che  la duchessa Caterina nel 1403 gli abbia donato l’Osteria della Balla non significa che i Visconti intendessero reintegrare i Pusterla nelle proprietà ad essi confiscate. Il duca Gio.Maria, infatti, nel 1407, scomparso Balzarino, la donerà ad Antonio Visconti, fratello di Beatrice seconda moglie del Pusterla.3


 Balzarino Pusterla alla corte di Bernabò Visconti
  
Non si può parlare di Balzarino  e non di Ursina o Orsina Visconti sua prima moglie, anche se di lei sappiamo veramente poco. Di lui hanno scritto Gino Barbieri4 e Bianca Betto;5 nessuno di Ursina, che Bernabò diede in moglie a Balzarino. Di questo matrimonio i Melzi conservarono un documento, utilizzato nella causa  contro i coeredi Casati nel Settecento  per la proprietà di “Casa, Osteria e Dazj della Balla”, che fu trasferito, per le nozze di una Melzi con uno Zaccaria, patrizio cremonese, a Bordolano sull’Olio, nel loro archivio, da anni  smembrato e disperso. 

Il Corio scrisse che Orsina fu la figlia minore del Signore di Milano6 che andò sposa al Pusterla; mentre il Giulini  “…sempre più si conferma che Matteo II non ebbe altra figlia legittima, se non   Caterina avuta da Gigliola Gonzaga  “…l’Orsina maritata con Balzarino della Pusterla non era figlia di Matteo, e in ciò il Corio si è   ingannato”.7  Ma il Corio non si era ingannato.  Ad entrambi sfuggì, invece, l’atto di fondazione del  monastero di Baggio,8  che vedremo. 
Barbieri, seguendo il Litta, scrive di Balzarino: "figlio di Francesco Pusterla,  entra giovanissimo nelle milizie viscontee, servì quale condottiere nelle lunghe guerre sostenute contro i Guelfi, e partecipa deciso per Bernabò…".9  Per il Litta, però,  i Balzarino Pusterla alla  corte di Bernabò  furono due.  Quindi il nostro Balzarino o entrò alla corte di Bernabò tramite l’ omonimo parente  sotto la cui disciplina  potrebbe essersi addestrato nel mestiere delle armi ricevendone il cingolo della milizia. Oppure,  lo stesso Bernabò scoprì  il giovane promettente e ne riconobbe le capacità,  in linea con le sue vedute ed aspettative. Stando al Giulini: "Bernabò… in primo luogo non vendeva i  posti, ma li dava gratuitamente ad uomini di merito, e trovandoli veramente abili per il loro impiego, non li rimoveva mai più...".10  Certo è che Bernabò, il quale aveva dato in sposa Caterina, la figlia legittima del fratello Matteo II, ad Ugolino Gonzaga nel 1358 secondo le condizioni di pace da lui fissate,11  diede Ursina, figlia naturale di Matteo, in moglie a Balzarino. Questo  nel 1375, anno al quale risale la dote immobiliare di Ursina.12  Che “… se anche non si fosse costituita espressamente… pure la moglie acquistava, col fatto del matrimonio, il diritto non solo alla dote mobiliare, il cui importo era stabilito dalla legge, ma anche al terzo degli acquisti”,13 salvo un patto esistente tra i due.  Una carta del 7 ottobre 1374 ci dice che il nobile cavalier Balzarino Pusterla investe tale Pietro da Overnago abitante in Baggio di tutti i suoi possessi in quella località e che Balzarino abita in Milano nella parrocchia di S. Giovanni in Conca, dove Bernabò vive con la sua numerosa famiglia nel palazzo fatto edificare dallo zio Luchino.14 E Caterina, figlia di Bernabò, che, da Milano, il 25 dicembre 1375, chiede a Ludovico Gonzaga quatenus Foriolum de Gorzonibus de Brixia capere faciat qui certa bona Balzarino de Pusterla, cognato suo, furatus est",15 testimonia l’avvenuto matrimonio tra Balzarino e Ursina.
Sulla vita militare di Balzarino cenni, non facilmente documentabili, si trovano sempre nel Litta.16 Vicino a Bernabò quando questi rafforzò i confini del dominio visconteo; nel tempo in cui il Signore di Milano fece costruire fortificazioni a Senago, a Desio. E nel 1370 quando riattivò e rafforzò il castello di Trezzo.  Con Bernabò combattè nel 1372 un'altra lega, la Lega italica, sulla quale tra Modena e Reggio  ebbe la meglio. Territorio invaso, città saccheggiate, esercito visconteo vincitore e... vinto. A Montechiari e presso Gavardo il conte di Virtù battè i nemici; ma, abbandonatisi i vincitori al saccheggio, Giovanni Acuto li attaccò procurando loro gravi perdite. "I principali signori dell'armata dei Visconti rimasero prigionieri...". Fra essi Balzarino. “Pubblicatasi poco dopo una tregua in Bologna, fu liberato.”17  Anche qui il Pusterla era venuto a trovarsi  in situazioni nelle quali si uccidevano i nemici  “come bestie, senza pietà e senza misericordia".18
"Ebbe inizio così anche la sua cariera politico-diplomatica che lo porterà da un lato a ricoprire incarichi di grande rilievo negli ultimi tre lustri del Trecento, ed insieme a godere di larghi privilegi e forti appannaggi, che fecero di Balzarino Pusterla una delle figure più ricche ed influenti nel Ducato ambrosiano".19
Purtroppo l’archivio di Balzarino è andato perduto e sulla sua vita poco si conosce.  Alla figura sua, ed ancora più a quella di Ursina, che ha avuto un ruolo nella vita pubblica e privata del marito, mancano più chiari lineamenti.  E anche se Balzarino ha lasciato tracce diverse, le documentabili sono in campo immobiliare e finanziario; meno per compiti, funzioni e operazioni da lui svolti per il principe. 
Bernabò incaricò Balzarino di avviare insieme ad Erasmo Spinola, nel 1377, le trattative per il matrimonio della figlia Valentina con il re di Cipro, Pietro di Lusignano; matrimonio che si realizzò l'anno successivo.20
Nel 1380 il cavaliere Balzarino Pusterla sarebbe stato inviato da Bernabò a Bergamo quale luogotenente. 
Il 5 aprile 1384 i Veneti gli conferirono la cittadinanza per quanto da lui fatto nella ripresa di Venezia dopo l'assedio dei Genovesi che avevano portato guerra fin nelle sue lagune. Egli compare accanto a Donnina de Porris che a Venezia svolgeva con lui un ruolo commerciale e finanziario di primo piano per Bernabò. In questo periodo il Pusterla, oltre che acquisire meriti politici, concluse anche per sè affari finanziari e mercantili. Prova ne sono i consistenti depositi di capitali che egli collocò nel Prestito del Comune di Venezia. I capitali che egli collocò nel Prestito del comune di Venezia non potevano provenire solo dalle sue operazioni immobiliari e finanziarie in patria. 
Per gli affari più importanti venivano utilizzati, in genere e non solo in Italia, i ducati veneziani che su un lato recavano l’effigie del doge di Venezia inginocchiato davanti a San Marco e sull’altro la Vergine Maria circondata di stelle. Queste monete erano coniate in modo da essere scambiate con i fiorini di Firenze che avevano la medesima dimensione, lo stesso peso e uguale purezza di metallo: su una faccia portavano impresso San Giovanni Battista, sull’altra un giglio.
Balzarino è già sulla scena finanziaria e politica da tre lustri e con molto impegno. Da documenti da me esaminati egli si presenta all'inizio del 1368 dedito alla compravendita immobiliare in Nesporigo e a Villadeserto. Del 22 gennaio é, infatti,  l’acquisto di un sedime con suoi edifici, brolo, frutteto ed orto annesso mediante la fossa al castello di Nesporigo, pieve di Locate, per un totale di 493 pertiche, al prezzo di 500 fiorini d’oro, per atto rogato dal notaio Galvagnolo Monza. Quello stesso giorno nella medesima località acquista altre 1390 pertiche per 6.945 lire in ragione di 50 soldi imperiali alla pertica. Tre giorni dopo rileva un credito di lire 3.200 imperiali di capitale con il suo interesse presente e futuro.21 Apprenderemo dal suo testamento del 1407 che il Signore di Milano, Bernabò, aveva qui possedimenti confinanti con i suoi. 
Nel Trecento l’agricoltura era trascurata. “Chi aveva disponibiltà di capitale trovava qui ottime occasioni di investimento. Bastava riuscire a farsi affittare una buona estensione di terra: poi ci si buttavano sopra grossi capitali in forti migliorie…”.22  
La moltiplicazione della compravendita di terre, di diritti fondiari seguì quella dei prestiti alla quale anche Balzarino partecipò tramite i crediti.  
Nei secoli XIV e XV  Milano si arricchì. Fiorirono i prodotti dell'arte e del lusso e si crearono nuovi bisogni ai quali solo il denaro poteva sopperire.  Erano tempi di relativa penuria di circolante monetario e di ancora scarsa concentrazione della ricchezza mobiliare.  Ed i nobili feudali non potevano ricavare che una quantità molto limitata di denaro dai loro feudi. Era necessario che diventassero essi stessi produttori. Coloro che lo fecero, trasformarono l'agricoltura in una vera industria rurale.  E la nuova tendenza, che prevalse tra essi, determinò la perdita degli appezzamenti dei piccoli e medi proprietari soprattutto a causa del loro indebitamento. I contadini vennero privati dei loro privilegi ereditari, mentre i piccoli proprietari liberi, caduti in povertà, vennero scacciati dalle terre o vennero trasformati in servi o al loro posto vennero insediati affittuari con contratti a breve termine. E’ in questo modo che  molti piccoli appezzamenti si trasformarono in estensioni ampie e compatte di terreno cui si diede uniformità. 
Si sviluppa così il sistema dell’accumulazione capitalistica mediante prestito di denaro, già incontrato nel periodo comunale durante lo sviluppo della vita mercantile. Inizia pure i suoi primi passi la produzione capitalistica alla quale diedero un valido contributo i Visconti e accanto ad essi Balzarino.
Sia dagli atti del 1368, che da quelli del 1374,23 si evidenzia l'appartenenza del Pusterla alla vecchia aristocrazia fondiaria, che non rifuggiva dai commerci e dal prestare denaro ai nobili dissestati espropriando poi le loro terre e le loro case. 
La perdita del suo archivio non consente neppure una stima del suo patrimonio immobiliare e mobiliare. E dalle sue disposizioni testamentarie e dagli atti del Consorzio della Misericordia e della Fabbrica del Duomo, relativi ai legati di una parte dei suoi beni, non si può desumere una  cronologia dei tempi in cui  venne costituendo la sua ingente fortuna.
Immaginare attraverso quali esperienze  militari, diplomatiche, politiche e affari di varia natura sia passato Balzarino non è impossibile. Impossibile o quasi è focalizzarli, precisarli e soprattutto documentarli.  Certo è che egli si presenta come un suddito  privilegiato, i cui privilegi crescono  servendo il principe.
Bernabò fu  "deciso fautore di una politica aperta alle forze popolari e minute, comprese quelle campagnole, e comunque escluse dai profitti della classe mercantile...benevolo verso le categorie agrarie e burocratiche, in quest'ultime comprese i milites, i familiari…26 I suoi “decreti di esenzione verso i membri della Casata, come pure quelli concessi ai familiari ed ai milites, hanno un grande rilievo nella politica di espansione e di consolidamento del regime visconteo".27  Per Balzarino fu, inoltre,  l’ubi consistam.

Balzarino al servizio di Gian Galeazzo

Gian Galeazzo, occupato il posto dello zio Bernabò, forse dopo una fugace incertezza di fronte ad un protetto del defenestrato Signore, valutò Balzarino per quello che era, un servitore dei Visconti, e si avvalse delle sue capacità, relazioni, opera e denaro. Non è improbabile che il momento di transizione possa avere suscitato perplessità anche in Balzarino. Sono, difatti, i suoi movimenti  nella conduzione degli affari a sollevare qualche dubbio.  Nel 1385 nomina suoi procuratori negli affari immobiliari e finanziari la moglie Ursina e il cugino Pietro Pusterla uomo gradito a Gian Galezzo;24  e sembra intenzionato a vendere  le sue proprietà in Baggio comparendo il 10 e il 22 novembre  davanti a Giovanni Capello, vicario del Signore di Milano.25   Solo due anni dopo il conte di Virtù, alleatosi con Carraresi ed Estensi e caduta la Signoria scaligera,  gli affida il castello di Soave.  Insomma anche Balzarino ed Ursina, intimi del deposto Signore, se pure legati a sua figlia Caterina, dall’ottobre 1380 moglie di Gian Galeazzo, potrebbero avere atteso prima  di essere ammessi alla nuova corte. 
Ma se, subito dopo il colpo di stato compiuto da Gian Galeazzo, Balzarino può avere avuto qualche timore, questo scomparve ben presto dinanzi alla  sua politica, non forse alla sua personalità.  Con Bernabò il nipote aveva da dividere solo la Signoria politica che i Visconti consideravano ormai un elemento determinante dell'asse ereditario. 
Il Pusterla é ora un uomo ricco; ha rapporti, commerciali e finanziari con Venezia dove sono collocate le sue maggiori poste creditizie sull'estero. Altre, sappiamo, ne ha a Genova. Si può, insomma,  considerare un capitalista ante litteram.  
Sarà della collaborazione della classe capitalistica, specie di quella bancaria, grazie alla sua generosa accoglienza alla vigorosa plutocrazia trecentesca in seno alla nobiltà, che Gian Galeazzo si avvarrà per imporre alla politica viscontea un nuovo corso che seppellirà la vecchia forma di governo nella quale Bernabò si poteva identificare.
Il fiuto politico di Balzarino alla corte di Gian Galeazzo, i suoi rapporti finanziari con i Visconti, congiuntamente alla sua affinata diplomazia, continueranno a pilotarlo spingendolo sempre più avanti; mai, però, oltre l'ombra del principe: Francescolo  docet.
Il conte di Virtù,  unificato tutto il dominio visconteo, e portato a compimento lo sforzo egemonico sulla regione lombarda, aveva avviato il suo piano di espansione territoriale verso est. Occupata Verona, fiorente città alla quale  aveva guardato anche Bernabò, e lo stato scaligero  egli pensa alla  spartizione dei territori, sottratti ai Carraresi di Treviso, Padova e Feltre nel 1388, con la potente Venezia il cui interesse alle vicende della terraferma è sempre più vivo.
Il dominio del Signore di Milano va  dai confini del Piemonte all’Adriatico e sulle principali vie d’accesso in Italia.  In questo momento, Balzarino è l’uomo che gli serve. La carica di podestà che Gian Galeazzo gli conferisce nel 1392 per  Verona lo conferma. Non per nulla  il Pusterla ha consolidato un rapporto finanziario e politico con Venezia dalla quale  ha imparato  molto per quanto concerne la politica e la diplomazia le quali poggiano più che sulla guerra in proprio, sul denaro e sull’intrigo.  Non va trascurato neppure il fatto che per la sua attività immobiliare e finanziaria egli, anche se i dati frammentari non consentono di enuclearla, si può collocare nell'area bancaria del tempo, e non si discosta altresì, se non nelle forme, da un moderno importante uomo d'affari. Sono tempi questi in cui ingenti disponibilità finanziarie vengono procurate all'erario visconteo, ed ancor più ai principi, da chi nel ceto bancario ci appare, talvolta, come una persona qualunque, senza notorietà internazionale; non paragonabile certo al Pusterla con i suoi atout, noto in patria ed all'estero con utilità del principe e propria. I vecchi strumenti del cambio, del prestito su pegno sono superati; inoltre, al suo fianco vi sono la moglie Ursina ed il cugino Pietro.  
Il 17 settembre 1389 Balzarino e Pietro Pusterla patrocinano la protesta del Consorzio degli utenti delle acque della Vettabia  da cui gli ingegneri della Fabbrica del Duomo di Milano intendono derivare un canale secondario.28 
Balzarino, Pietro e Ursina  sono inseriti pure nel sistema bancario, che dispone di filiali ed agenti, in grado, con lettere di cambio, veri e propri titoli di credito, di trasferire o cambiare capitali senza correre rischi, di finanziare e di riscuotere. 29  
Nei primi anni novanta Balzarino, podestà di Verona, la più insigne magistratura, ottiene dal conte di Virtù l'infeudazione di beni nel veronese, "con l'annua rendita di 400 fiorini d'oro, che corrispondevano ad un capitale di circa 10.000 fiorini.”30 Che, dopo cinque anni, Gian Galeazzo, duca di Milano, provvederà a commutare tali fonti di reddito con facoltà di alienarle. Queste operazioni non erano dettate quasi mai da amicizia o da simpatia solamente.
Tra il 1393 ed il 1399  Balzarino, "fine conoscitore delle umane vicende", come scrive il Barbieri, compare accanto a Pietro Philargès di Candia, frate francescano, docente presso l’Università di Pavia, vescovo di Novara,  nel 1402 arcivescovo di Milano e nel 1409 papa Alessandro V.   Forse conosciutisi nel 1389, anno in cui Valentina Visconti, figlia del conte di Virtù, andò in sposa a Luigi d’Orléans, portando in dote Asti e… il futuro ducato di Milano:  “…due torti gravissimi ebbe codesto principe; il primo e più grande, e che originò in seguito conseguenze funestissime, fu quello di aver maritata la di lui figlia, Valentina, col conte Luigi di Turena fratello del re di Francia Carlo VI, conservando ad essa e ai di lei figli il diritto di succedere nel Ducato di Milano, in mancanza di successori maschili legittimi e naturali…”31
Gian Galeazzo  utilizzava, sia il Filargo che il Pusterla in missioni diplomatiche, ciascuno per la propria abilità, conoscenze ed esperienza.

Una svolta nell'esistenza di Balzarino

E’ in questi anni che vediamo Balzarino muoversi nel mondo religioso.  Nel Litta si legge che il Pusterla  “ fin dal 1370 aveva ottenuto da Urbano V un breve che gli concedeva il privilegio di scegliersi un confessore autorizzato ad assolverlo da qualsiasi peccato” e che in seguito la sua devozione lo indusse a visitare, in abito da pellegrino, il Santo Sepolcro di Gerusalemme.32
Barbieri scrive che il Pusterla visitò Gerusalemme ed i Luoghi Santi al tempo del suo soggiorno in Venezia. Mentre Betto, citando il Litta, fa risalire la visita al S. Sepolcro di Gerusalemme al 1394.33
Il capitolo VI del testamento di Balzarino, del 16 febbraio 1407  lo confermerebbe lasciando, però, imprecisato il tempo in cui ciò avvenne:  "...lego al guardiano, ai frati ed al convento della Casa di S. Francesco dell'Ordine dei Minori, che risiedono in Gerusalemme, 50 ducati d'oro ogni anno, in perpetuo, da prelevarsi dai miei denari depositati al Prestito del Comune di Venezia, quando essi li richiederanno, affinchè celebrino ogni giorno due messe, una all'altare del S. Sepolcro e l'altra all'altare nella chiesa di S. Maria di Betlemme; e tengano una lampada accesa ininterrottamente accanto al Sepolcro del Signore, insieme con i divini uffici per l'anima mia e per le anime dei miei defunti". 
Altra data a me non nota é quella relativa alla sua visita al monastero di Monte Oliveto Maggiore. Il Belforti, che fu monaco nel monastero di S. Vittore al Corpo in Milano e condusse una ricerca sulla storia degli Olivetani, scrisse :” Balzarino de Pusterla, essendo in viaggio, visitò, fuori Siena, Monte Oliveto Maggiore e colpito dalla pietà, dalla umiltà, dalla austerità dei monaci Olivetani, fondò nella provincia d’Insubria il Cenobio di Baggio”.34
Sappiamo, invece, che nel 1394 egli fonda e dota la cappella di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Sebastiano in Milano; mentre nel settembre dello stesso anno  "promette fiorini 200 a garanzia della fedeltà dei nobili Spinola verso Gian Galeazzo Visconti".35  
Anche la data del 19 agosto 1394  è rimasta sinora sconosciuta.  Quando cioè Balzarino ottiene dal conte di Virtù il placet a legare trasferire e donare alcuni dei suoi beni "ordini sive fratribus Cartusiae...pro missis et orationibus dicendis pro anima ipsius et deffunctorum suorum…porrexit nobis egregius miles et dilectus noster dominus Balzarinus de Pusterla petitionem…legare tradere et donare quibusdam ecclesiis sive ecclesiasticis personis aliquas ex proprietatibus ipsius supplicantis…”.36   Il Pusterla presenta la sua supplica al Signore di Milano onde non incorrere nella sua indignazione violando i suoi decreti e gli Statuti di Milano e di Lodi.37  Egli intende assegnare ai frati “…et cuilibet ecclesie et ecclesiastice persone capitulo et conventui…usque ad quantitatem florenorum quattuorcentum auri de annuis redditibus…”, proventi  di beni immobili che egli possiede nella città e contado di Milano e nell’episcopato di Lodi. 
Questa data segna  una tappa molto importante per Balzarino: il compimento del suo disegno religioso.  E neppure ora egli supera l’ombra del principe; anche se  maggiore sarà l’impegno finanziario  nel realizzare la sua Certosa.
Certosini, non solo perchè i Visconti sono orientati verso questo Ordine e Gian Galeazzo ha già deciso la costruzione della Certosa di Pavia, la prima pietra della quale sarà  posta il 27 agosto 1396. Il conte di Virtù aveva fatto però la sua donazione a favore della Certosa dinanzi al notaio Catelano Cristiani il 9 dicembre 1393…38   “…il più antico documento in cui si sia fatta menzione della celebre Certosa di Pavia, documento anteriore di circa un anno alla lettera di Gian Galeazzo Visconti a Stefano Macone, Priore della Certosa di Garignano.”39
Ancora  nel 1407, alla fine del capitolo III del suo testamento, Balzarino dice: "...monasterii de Monte Oliveto ordinis cartusiensis, constructi per me testatorem prope locum de Badagio...". Ciò significa  che, almeno sino a questo momento, il termine Olivetani non é entrato nell'uso corrente. 
Intanto Balzarino continua a condurre i suoi affari e Gian Galeazzo la sua politica.
Dopo l’avvicinamento di Firenze alla Francia e la cessione di Genova alla medesima da parte del conte di Virtù,  si arriva al 1395 quando Gian Galeazzo ottiene il ducato ereditario di Milano e delle altre città lombarde e venete a lui soggette dall’imperatore Venceslao alla cui corte in Praga  egli ha inviato a tale scopo il Filargo.
La cerimonia si svolge in S. Ambrogio la domenica 5 settembre e il mercoledì 8 si tiene la prima giostra, secondo il Giulini, alla quale avrebbe preso parte  Balzarino.40
In questo stesso anno, il 27 ottobre, Balzarino acquista dai fratelli Litta un sedime con edificio in Baggio e subito dopo egli investe Giovanolo Pusterla di tutti i suoi possessi in questa località ad eccezione di un sedime affittato ai fratelli Litta.41  L'anno seguente, "il duca Gian Galeazzo, vuoi per le ricorrenti guerre, vuoi  per le enormi spese incontrate" per ottenere il titolo di duca da Venceslao, "nulla potendo più cavare dai già esausti popoli (sottoposti a ripetuti prestiti forzosi che la burocrazia viscontea chiamava sussidi), aveva dovuto ricorrere a gravosi prestiti".42  L'interesse corrisposto anche dal Signore di Milano fu a volte del 10%. "Tra i suoi creditori  vi era uno dei maestri delle sue entrate ordinarie, il nobile Milano Malabarba de' Capitani di Sesto, al quale il duca doveva 10.000 fiorini d'oro, somma a quei tempi assai rilevante. Per tacitarlo, il duca gli assegnava a titolo di pagamento, le possessioni e il castello di Carimate...".43  
“Nello svolgimento della  Signoria viscontea l’attività finanziaria si configura come componente di fondamentale rilievo. La confusione tra il privato e il pubblico operò anche a beneficio del patrimonio personale dei vari Signori.”44  Un sostegno finanziario era indispensabile da anni ai Visconti per le loro operazioni  militari e politiche.  
Le carte del monastero di S. Vittore al Corpo e quelle del Formentini parlano della sua attività immobiliare fino al 1403.45  Ma la ripetuta munificenza del duca di Milano per Balzarino non fsappiamo se sempre sia stata  dettata   dall’opera  o dai servizi non finanziari a lui  prestati.
Nel 1399 iniziano carestia e peste, che nel 1400 colpiranno prevalentemente Milano provocando il maggior numero di vittime fra i poveri e gli infermi.  
" Dalla Francia, ed anche da altri paesi più lontani, penetrò in Italia uno spirito di devozione." Compagnie di devoti, "scalzi e coperti da capo a piedi da bianche lenzuola (onde Bianchi erano detti) muovevano processionalmente di terra in terra, implorando pace e perdono", cantando  o pregando.46
 Ciò mentre Balzarino con il Filargo stanno operando per la sottomissione di Siena al duca di Milano.

Una società tra violenza e religiosità segnata da magismo

E tra la generale rilassatezza dei costumi e la scarsa moralità del clero permane "il profondo timore della morte e della vita ultraterrena, che si cercava di esorcizzare con messe ed uffici funebri pro anima ai quali si destinavano anche cospicui legati testamentari...”  “…  risposta del laicato all’esigenza di un più sentito spirito caritativo verso i bisognosi, che si veniva manifestando da più parti in quegli anni…”.47 Le condizioni sociali e politiche del secolo XIV avevano influito negativamente anche sulla vita religiosa. La residenza avignonese del papato e il Grande Scisma d'Occidente, 1378-1431,  finirono per scardinarla un po' ovunque. Gli antichi istituti monastici declinarono e la loro vita venne disertata. 
Vi subentrarono  nuovi movimenti monastici sostenitori della vita apostolica che "si accontentavano di possedere proprietà sufficienti alle loro necessità e rifiutarono di beneficiare di una rendita fondiaria per non essere presi nella trappola del sistema signorile".48  Ma "il fatto veramente nuovo della storia monastica italiana del '300 é, però, la fondazione di Monte Oliveto (Siena) dovuto  ai tre nobili senesi B. Bernardo Tolomei, Patrizio Patrizi e Ambrogio Piccolomini (1313). Iniziata secondo una prassi assai diffusa come esperienza eremitica, la vita penitente di questi asceti andò assumendo forme sempre più cenobitiche e diffondendosi in varie località dell'Italia Centrale...".49  "Ultima fra le congregazioni monastiche di fine Medioevo, quella di S. Maria di Monte Oliveto (detti Olivetani) nasce, si sviluppa ed inizia la sua rapida diffusione, in questo secolo...L'osservanza della Regola, nelle sue componenti spirituali e disciplinari, era rigorosa: preghiera, lectio divina, digiuno, povertà, ospitalità, lavoro manuale, silenzio, temporaneità degli uffici, ne erano i cardini. Una sola abbazia, un solo abate, quello di Monte Oliveto, al quale facevano capo tutti i monasteri dell'ordine attraverso l'opera attenta di monaci visitatori, eletti, come l'abate e i priori, dal capitolo generale, annuale o triennale (solo organo legislativo), vero perno dell'istituzione. Da quest'ultimo veniva altresì stabilita, di volta in volta, la composizione delle familiae con frequenti spostamenti dei monaci all'interno dell'istituto (circolarità dei monaci nell'intera area della Congregazione e temporaneità dei superiori - abate generale compreso - sono le caratteristiche giuridiche di maggiore rilievo)".50  Nella decadenza della vita monastica gli Olivetani rappresentarono una corrente nuova volta a vivere integralmente la regola benedettina, recuperandone gli ideali ascetici, esercitandosi nello studio delle Scritture ed aspirando ad un rinnovamento religioso rispondente alla problematica contemporanea di certi strati sociali. Un impegno arduo in un mondo in cui interagivano  violenza,  superstizione e  magismo.
"L'uomo medioevale concepisce le sue relazioni con il Creatore su modello di quelle che esistevano fra un re e i suoi vassalli…all'infuori della preghiera liturgica dei monaci essa non é affatto conosciuta...La manifestazione che occupa il primo posto nella pietà dei fedeli è indubbiamente il pellegrinaggio...".51  Ma il quotidiano complicava l’esistenza: "Il fatto economico si coniugava spesso con l'affettivo e l'emotivo"52 e con gli esempi che venivano dai principi e dai ricchi. Bernabò "...così superstizioso e ignorante da credere di essere perdonato da ogni delitto ed empietà con ripetute donazioni ai conventi e alle chiese"53 non rappresentò un'eccezione. Come lui i funzionari pubblici di qualche importanza  ed i mercanti investiti di funzioni pubbliche nelle città. Questi, una volta usciti dalla vita attiva, chi per posizione sociale, chi per spirito religioso, si dedicavano alla beneficenza, quasi mai personalmente. Costoro o compaiono nelle liste dei benefattori o tra gli amministratori della Fabbrica del Duomo. Nell'un caso come nell'altro ai numerosi poveri provvedevano chiese, luoghi pii e consorzi.54
Milano, nei primi anni del '400, si trovava in una grave situazione di necessità..."il problema dei poveri - residenti in città e in essa rifugiatisi a causa della carestia, delle guerre e delle epidemie - era ormai un problema di ordine pubblico".55  E, mentre l'attività di beneficenza era concentrata in persone del ceto di governo e dei ceti elevati, il povero era ovunque. Il povero, pauper, era colui che non era in grado di vivere secundum conditionem suam. Ma i poveri ai quali costoro davano un pane erano quei poveri di Cristo che pure Balzarino ricorda nelle sue ultime volontà e che a noi appaiono inopes e cioè coloro che proprio  avevano nulla.     
Balzarino, al pari di alcuni suoi contemporanei ricchi e potenti, pensa  pauperibus Christi. Ma il suo pensiero principale sono le preghiere che i religiosi diranno per lui, pro remedio animae, dopo la sua morte. Preoccupati più di un aldilà, cui poco o affatto hanno pensato nel corso della loro vita, che non del mondo in cui hanno vissuto, nel quale i poveri erano una moltitudine. Il Pusterla, rispetto ad altri cittadini importanti per autorità e potenza, rimarca gli ultimi suoi passi: pro pauperibus et infirmis.
In quegli anni si stanno verificando i primi mutamenti politici, che iniziano a segnare qualche modifica  negli schemi generali di vita e nella mentalità. "Fu proprio il tardo secolo XIV a costituire una svolta nella concezione della pubblica assistenza da parte dei signori".56  “Il problema del funzionamento degli ospedali si faceva pressante e bisognoso di soluzione… rendendo ormai manifesto il problema della presenza dei poveri, degli infermi e degli infetti e indispensabile da  parte delle autorità pubbliche l’assumerne il peso. Così al tempo di Giangaleazzo Visconti, oltre alla politica già attuata dai predecessori, di grandi lasciti agli enti ospedalieri, si pensò di aumentare le esenzioni fiscali a favore dei medesimi e, di grande importanza dal punto di vista istituzionale, di creare un’apposita magistratura …” .57

Il Quattrocento si apre a Milano con la presenza degli Olivetani


Baggio sarà la sede della Certosa che Balzarino vuole edificare. Qui la sua famiglia aveva proprietà immobiliari ed attività commerciali dal XII secolo. Il Pusterla dona, dopo averle accresciute, tali proprietà ai monaci di Monte Oliveto per l’edificazione del loro monastero. Lo si apprende dall’atto di donazione irrevocabile tra vivi che egli detta.  Tale pergamena comprende le trascrizioni della bolla di Clemente VI che da Avignone conferma il 21 gennaio 1344 l’Ordine di Monte Oliveto, da Giovanni XXII approvato nel 1324; e  di quella di  Bonifacio IX del 16 gennaio 1399  “datum Rome Sanctum Petrum”.  Il pontefice, dopo avere lodato  “dilectus filius nobilis vir Balzarinus de Pusterla” per l’opera meritoria  con cui si era assunto l’onere di edificare  una chiesa e un monastero intitolati a S. Maria di Monte Oliveto “in loco seu villa de Badagio”, concede indulgenze ai fedeli che visiteranno “…ad conservationem seu perfectionem…huismodi manus adiutrices porrexerint…”, la chiesa del monastero nelle festività della Natività, Circoncisione, Epifania, Resurrezione, Ascensione, Corpus Domini e Pentecoste. E prosegue elencandone altre della  Vergine Maria e dei Santi.58
Alla stesura dell’atto sono presenti: frate Ippolito de Camenago,59 abate generale dell’Ordine di Monte Oliveto, e Francesco Verano, “consule iustitie Mediolani camere civitatis et omnium fagiarum comitatus Mediolani pro tribunali sedente ” in casa di Balzarino a Baggio. Una casa signorile, con camere, solari, portici, due cascine, torchio, pozzo, corte, colombaia, il tutto coperto di tegole, più due broli di cui uno  detto del Pusterla, su un’area di 24 pertiche. 
Si tratta di una ben nutrita donazione destinata alla fondazione ed erezione del monastero olivetano. Vi compaiono numerose proprietà, con relativi denominativi, confini ed estensioni, che Balzarino aveva in Baggio, Seguro e Gudo Gambaredo nella pieve di Cesano. Sono caseggiati, forniti di pozzo e di torchio; appezzamenti di terreno (campi, prati, vigne e boschi) e diritti d’acqua (…ius aquae ipsius Rugie quae vocatur Orona… fontanille unum et ius aquae ipsius fontanilis cum testa ubi dicitur ad merdarolum de quo adaquantur prata domini Balzarini…) per un totale di circa 2000 pertiche.  Alle quali Balzarino aggiunge, in perpetuo, 246 fiorini annui, somma, egli precisa, che gli viene pagata “omni anno usque imperpetuum in civitate Ianue et per comune ipsius civitatis ei et prae illo iure denariorum quod ipse dominus Balzarinus habet in locis civitatis predicte Ianue…”. Quindi stabilisce che “in ipsa ecclesia seu monasterio de Badagio debeant residere et interesse, inter priorem, monachos et conversos de dicto ordine de Monteoliveti saltem numero viginti, qui secundum prefati beati Benedicti Regulam et instituta dicti ordinis devotum impendant perpetuo Altissimo…”. E dodici sacerdoti siano presenti alla celebrazione delle messe e dei divini offizi nel monastero, o almeno dieci, più o meno, a seconda delle entrate del medesimo.
Seguono alcune precise clausole relative a futura vendita, alienazione o permuta dei beni donati; e disposizioni a favore dell’anima del donatore.  L’obbligo, inoltre, per priore, monaci e conversi, di celebrare, dopo la sua morte,  il suo annuale, nel qual giorno si dispenseranno “amore dei”  moggia 4 di pane per l’anima sua. 
L’abate ed i monaci presenti alla stesura dell’atto, frate Giovanni Geromino da Narlia, frate Ugolino da Bologna, frate Ulderico da Alamania, frate Lorenzo da Bologna e frate Matteo da Viterbo, solennemente accettano in nome dell’Ordine di Monte Oliveto “ bona donata in dotem et pro dote ipsius ecclesie et monasteri” con i redditi che ne deriveranno e che consentiranno loro di vivere in maniera  idonea ai loro compiti. Danno, quindi, il loro consenso alla costruzione della chiesa e del monastero: la chiesa sarà dotata di altari, campanile con campane - che Bardino Santopietro di Abbiategrasso fonderà- “et aliis officinis”. 
“Postea vero suprascriptis anno, indictione et die dominico vigesimoquinto mensis Iullii suprascripto, nobilis domina Ursina de Vicecomitibus filia quondam bone memorie magnifici et excelsi domini domini Mathei de Vicecomitibus et uxor prefati domini Balzarini… et maxime vigore dotis sue quam habet a dicto eius marito et supra bonis suis et etiam vigore occasione nostrorum dotalium palefranalium seu etiam sponsalitiarum quas ipsa domina portavit seu portari fecit  ad maritum et quolibus alio vigore et modo ac qualibus alia occasione certiorata ut dixit prefata domina dedictis suis iuribus…promisit et vadiam dedit obligando se et omnia sua bona mobilia et imobilia presentia et futura et etiam suppelectilia domus et ea que alias…et suo sacramento iuravit et iurat ut supra…Renuntiando prefata domina benefitie ipotece dotis sue et iurium suorum predictorum per respectum ad dicta bona et iuria superius donata…”. Ursina  ha dato
il proprio avvallo all’esposizione del marito per la realizzazione della Certosa di Baggio, rinunciando a quanto a  lei spetterebbe sui beni donati dal consorte e garantendo per lui.60
L’atto fu rogato  da Ambrosolo Trancherio fu Tomasolo, notaio pubblico di Milano, Porta Ticinese parrocchia di S. Alessandro in Zebedia, e scritto da Ambrosolo de Brippio di Todeschino, notaio di Milano, Porta Ticinese parrocchia di S. Eufemia …ubi cum dominum Balzarinum adesse contingit praesentibus notariis Maifredo de Cataneis de Aresio filio quondam domini Ambrosii porte horientalis parochie Sancti Simplizianini et Petro de Regnis filio Ambrosoli porte romane parochie Sancti Victoris ad portam romanam, ambobus Mediolani notariis.” Più sette  testimoni, tutti di Milano, fra i quali Leonino Pusterla figlio di Onrigoli “porte verceline parochie Sancti Victoris ad theatrum”. 
Del 4 dicembre 1400 sono gli accordi intercorsi tra il Pusterla e Ardeghino de Orsenigo, costruttore, per l’erezione del dormitorio, che doveva misurare dalle 25 alle 35 braccia di lunghezza  e fino a 20 braccia di altezza, e del laboratorio, del capitolo e del refettorioPer  questi lavori Balzarino paga 15mila lire a mastro Lorenzo de Donati, mentre ai monaci consegna 120 fiorini.
In seguito egli si reca  a Baggio per presenziare all’avvio dei lavori e per seguirne le varie fasi.
Al principiare  del nuovo secolo la costruzione è ben avviata. Ed arrivano a Milano i primi quattro monaci olivetani: Fr. Vicarius Ieronimus de Sicilia; conventuales: fr. Egubinus de Bon, fr. Gerrigus
Thethomas, Mattheus de Viterbo, come si rileva da Familiarum Tabulae, elenco delle famiglie olivetane conservato nell’Archivio di Monte Oliveto maggiore presso Siena. L’opera manoscritta  inizia nel 1335 e vi compare il monastero di Baggio dal 1400 fino al 1781. Ma nel 1773  i suoi monaci erano stati incorporati nel monastero di S. Vittore al Corpo in Milano.
Il monastero e la chiesa, complesso intitolato a S. Maria di Monte Oliveto, in Baggio rappresentano la prima presenza del nuovo movimento monastico nella diocesi di Milano.  

I resti del monastero olivetano

Familiarum Tabulae ci dicono che dal 1401 una famiglia di religiosi, composta, da “ Prior fr. Ieronimus de Sicilia; cellerarius fr. Damianus de Mediolano; M. nov. (maestro dei novizi) fr. Nicolaus de Polonia; sacrista fr. Antonius de Regno. Conventuales: fr. Nicolaus de Mediolano, fr. Petrus de Alamania”  risiede  “ in monasterio S. Marie de Mediolano”. 
Non ho ritrovato, invece, una descrizione di chiesa e monastero, una volta edificati. Solo pochi cenni su quanto è rimasto.
Sul finire del secolo XIX si legge: “Chiesa e casa religiosa vennero soppresse nel 1773, ma ancor rimangono alcune parti di quest’ultima, fatto di privato possesso, e abitata da villici. Gli avanzi mostrano una costruzione robusta e caratteristica, senza essere gran che sontuosa…avanzi del prisco monastero vi giacciono, come capitelli, lapidi, ecc., che non giovò domandare, o non fu possibile ottenere”.61
A metà del secolo scorso è stato scritto: “ La costruzione, che ha tutte le caratteristiche del periodo lombardo di transizione, è un’opera ben legata e risponde al principio informatore che ne voleva l’abbazia rispecchiante l’importanza e la potenza della Congregazione. Nella sua impostazione si nota una concezione unitaria quattrocentesca; mentre la realizzazione delle singole parti oscilla tra il 1400 e il 1500 in quanto con l’aumentare della potenza dei monaci aumentarono ovviamente le esigenze che portarono a rimaneggiamenti nella costruzione senza però distaccarsi mai dal tracciato originale. Ad uno sguardo d’insieme l’abbazia si presenta composta dal monastero propriamente detto gravitante intorno a due chiostri, dal rustico con grande cortile e da un vasto appezzamento di terreno circostante. Il complesso è ancora notevole malgrado molte umiliazioni dovute al tempo ed agli avvenimenti…il cimitero si trovava presso la chiesa dalla parte della sacrestia ed alla fine del portico…”.62
Qualche altro dato  viene dall’architetto Giorgio Bosi che nel 1979 diresse i lavori di restauro del fabbricato acquistato dal Comune di Milano nel 1960: “La costruzione originale presenta alcune caratteristiche del 400 lombardo, ma da quanto si può capire oggi, osservando ciò che è rimasto, il complesso subì nei secoli diversi interventi, i più importanti dei quali sembrano collocarsi intorno al 700. Purtroppo la sua destinazione ad abitazione rurale segnò l’inizio delle devastazioni indiscriminate, delle pesanti manomissioni architettoniche…Ciò che rimane oggi è il corpo centrale sul quale si attestavano a nord la chiesa ed ad est i due chiostri, parte del corpo di fabbrica che separava i due chiostri e parte del corpo che chiudeva a sud l’ampia corte dei rustici. L’ala nord, come si è detto, è quella che più conserva i caratteri originali quattrocenteschi. Se le caratteristiche architettoniche hanno subìto purtroppo disastrose manomissioni, non meno disastrose si sono rivelate le condizioni statiche dell’edificio: ampie fessurazioni nelle murature portanti, aperture indiscriminate di brecce ai tempi della sua destinazione agricola, lesioni preoccupanti nelle coperture a volta, cedimenti delle catene e conseguenti strapiombamenti dei muri di perimetro, sgretolamento delle malte e dei cotti dovuti ad infiltrazioni di umidità dalle coperture del terreno, sono parte, certo la più importante, del preoccupante stato di degradazione del monumento…Per ultimo, alcuni affreschi rimasti hanno subìto irreparabili danni a seguito di atti vandalici attuati da occupanti abusivi avvenuti negli anni quando l’edificio, in attesa di destinazione, era del tutto abbandonatoL’ala nord quattrocentesca si presentava al piano terreno suddivisa in quattro grandi spazi coperti da un cadente solaio in legno di rovere di notevole interessse storico ed architettonico. Una scala pericolante ed angusta conduceva al primo piano completamente svuotato da qualsiasi tramezzo, non si sa da chi ed in quale periodo. L’ala sud (fortemente manomessa almeno esteriormente) si presentava a piano terreno suddivisa da tramezzi di forte spessore, eseguiti probabilmente quando l’edificio assunse la nuova destinazione agricola. Tutto il piano, come pure il corpo ortogonale, che divideva originariamente i due chiostri, è coperto da volte a crociera. Il primo piano dell’ala a sud era suddiviso in cinque vani, da tavolati in gran parte affrescati; sempre al primo piano un grande salone, coperto a capriate e medoni in cotto, occupava totalmente il corpo ortogonale. L’aletta residua attestata a sud del corpo principale, in condizioni estremamente ammalorate, si presentava praticamente indivisa, causa le notevoli demolizioni spontanee e provocate.”63

La scomparsa di Gian Galeazzo e di Ursina Visconti


Balzarino continua a dedicarsi al principe, alla moglie ammalata, alla compravendita immobiliare e   alla sua Certosa.
Del 10 febbraio 1402 è la donazione irrevocabile tra vivi fatta da Ursina di tutti i suoi beni e diritti, che vengono descritti, a: Ippolito da Camenago, generale e superiore dell’Ordine di Monteoliveto; Girolamo di Sicilia, priore del monastero di S. Maria di Monteoliveto “che si sta fabbricando in Baggio”; Damiano Mazali, monaco e professo e a ciascuno dei presenti che accettano, a nome proprio e dell’intera comunità monastica, e promettono di provvedere alla loro manutenzione e difesa. Si tratta dei beni che formavano la sua dote insieme a nuove proprietà acquisite negli anni trascorsi a fianco del marito.  L’ atto viene rogato da Vittore Panigada.
I monaci, dal canto loro, oltre l’annuale o annuali  promessi per le anime dei due coniugi, dovranno, dopo la morte della donatrice, celebrare, con solennità, un ufficio funebre. Ursina li obbliga, inoltre, a celebrare, il primo ottobre di ogni anno, un annuale per le anime dei suoi genitori e delle sue sorelle, dispensando per le loro anime, in quel giorno, 4 moggia di pane.
Essi saranno tenuti, altresì, a dare, ogni anno, al cappellano della cappella fatta costruire nel 1394 da
Balzarino nella chiesa di S. Sebastiano, nel giorno in cui egli celebrerà i loro annuali, 1 moggio di pane per il marito e uno per lei, ai poveri. E ogni anno, dovranno dare ai “poveri di Cristo” 100 braccia di drappo grosso.
L’8 aprile Ursina detta il suo testamento al notaio Castellino Trechi.64  La Visconti è ammalata e tale rimarrà fino alla morte che sopravverrà il 9 marzo 1404.65
Ai primi di settembre del 1402 suo cugino Gian Galeazzo muore nel castello di Melegnano dove giaceva ammalato. La sua scomparsa crea per lo stato visconteo instabilità politica con conseguente deterioramento istituzionale e territoriale. I suoi due figli sono minorenni e alla duchessa lo Stato e la salute danno problemi. Ha bisogno di politici su cui contare; ma attorno a lei cresce la confusione, mentre la convulsione scuote le istituzioni, non risparmiando i suoi rappresentanti. Il timone del governo le sfugge. Anche il fidato Balzarino, al quale Caterina nel giugno1403 ha riconfermato antichi privilegi, e gliene ha concesso dei nuovi, tra i quali il feudo di Salvanesco, di propria iniziativa e su sua richiesta,66 non deve avere fatto molto per lei. E la situazione politica,  giorno dopo giorno, precipita. E’ stato pure scritto che in quell’anno il governo del ducato passò nelle mani di avventurieri includendo tra essi Balzarino Pusterla.  Caterina Visconti, tenuta “quasi prigioniera nella corte ducale; fuggendo si rifugiò nel castello di Porta Giovia…”.67  Dove non rimase a lungo, riparando nel castello di Monza in cui trovò la morte nell’ottobre 1404.  
Il 17 febbraio, i Visconti  avevano dato in pegno al Gonzaga alcune località del ducato, tra cui Lonato e Castiglione delle Stiviere a cui Mantova era interessata. Presente alla stipula dell’atto nel castello di Porta Giovia in camera Ducisse anche  il milite Balzarino Pusterla.68

Gli ultimi atti di Balzarino


Morta Ursina,  il Pusterla sposa un’altra Visconti, Beatrice figlia di Vercellino, primo cameriere del 
duca Gio. Maria. E prosegue la sua vita  attraverso quegli anni turbolenti.  Ma la Milano, travagliata da vendette e da armati di opposte tendenze fino al maggio 1407 pare non gli crei problemi nella sua casaforte. Non altrettanto la sua salute fisica. 
Il 26 gennaio 1406, con atto del notaio Giorgio Baliaca fu Martino, egli aveva donato al Consorzio della Misericordia una casa in via Bagutta presso S. Babila con l’obbligo di distribuire ai poveri ogni anno 2 moggia di pane di frumento per l’anima sua e per quella della signora Leonarda Zurli, non meglio identificata.  
E il 16 febbraio  1407  Balzarino, nella sua camera da letto, detta il testamento.  Ne ha scritto Barbieri, e Betto lo ha trascritto, utilizzando la copia esistente a Venezia, e pubblicato in Archivio Storico Lombardo con il primo codicillo del 10 maggio, quando le condizioni di salute del Pusterla erano peggiorate.  Sulla base di quanto ho appreso su di lui, dai nuovi documenti che ho rinvenuto, si può affermare che lo scopo di questo codicillo fu di riuscire ad appianare le divergenze sulle sue ultime  volontà impugnate da sua figlia e dai suoi parenti.  
Il 13 maggio, però, egli ricorre ad un secondo codicillo rimasto sinora  inedito. Al pari dell’intimazione, in data 12 giugno 1407, del capitano di giustizia di Milano, Uberto Spinola, a Caterina figlia di Balzarino ed agli altri Pusterla contestatori, di astenersi dalle loro manifestazioni inconsulte.69  Questi i fatti. Balzarino venne informato dai monaci di Baggio delle interferenze di sua figlia Caterina e del suo ultimo marito, Ambrosino Pusterla unitamente a Caterina fu Pietro Pusterla e di suo marito Giovanni Pusterla, nelle proprietà di Villadeserto, Nesporigo e Gudo Gambaredo o Gambararo da lui donate agli Olivetani. Questi familiari di Balzarino, approfittando delle sue precarie condizioni di salute, si erano recati  nelle proprietà di Gudo Gambaredo, cascina Crivelli; di Nesporigo e di Villadeserto contestando  ai monaci e ai loro dipendenti alcuni punti del testamento e codicillo  di Balzarino e del testamento di Ursina relativi ai beni donati sui quali essi sostenevano di vantare dei diritti. Diritti che riguardavano: la legittima della figlia; affari che Balzarino ed Ursina avevano avuto con il cugino Pietro, e qualche intervento effettuato dai contestatori, come gli stessi sostenevano, per il miglioramento di alcune proprietà prima  della morte dei donatori. 
Fu tale situazione ad  originare il secondo codicillo del Pusterla  giunto alla fine dei suoi giorni. Anche se sia il suo testamento pubblico che il primo codicillo riflettono l’espressione delle sue volontà.  Ma egli lo detta per dare maggior forza alle sue ultime volontà, di cui esige il massimo rispetto, sulla vita presente e futura della sua Certosa, ponendo bene in evidenza le proprietà di Videserto e Bornago e il complesso dei beni legati al monastero, che egli torna a descrivere dettagliatamente con i loro diritti, coerenze e superfici. Non trascurando di rammentare ai monaci i loro doveri ed i loro impegni.  
                                                                                                                                                                   Egli lascia alla figlia Caterina, moglie di Alberto Sacco che di lì a poco sarebbe morto, a titolo di particolare istituzione i beni di Nesporigo e di Villadeserto con la ragione di esigere il residuo della sua dote, ed altri legati. Mentre annulla ogni obbligo di Caterina, fu Pietro Pusterla, e del marito di lei Giovanni Pusterla nei suoi confronti. 
Con il primo codicillo egli aveva accresciuto, ma anche moderato, diversi legati stabiliti nel testamento; e lasciato iure institutionis alla figlia l’ intero usufrutto  dell’Osteria della Balla. 
Da questi atti  egli dimostra di avere una memoria fotografica e l’occhio di un contabile al quale nulla sfugge malgrado i suoi possedimenti siano tanto numerosi.  
Ma forse non tutto fu esattamente definito ed al proprio posto collocato se i suoi eredi subito lo contestarono.  Eppure l’esperienza del Pusterla, e quella del notaio, nel tessuto dispositivo sia nel succedersi delle clausole che nel contenuto, non sembravano lasciare spazi a dubbi.
Ad una prima lettura anche il secondo codicillo del Pusterla non è che un’altra postilla al testamento, una disposizione di ultima volontà ad esso aggiunta. E quanto vi si legge riguarda esclusivamente la vita della sua Certosa, da completare e da conservare; della sua anima; dell’ospitalità per chi ne ha necessità; dei poveri. Nessun nome dei suoi familiari più stretti vi compare; solo quello di Maffiolo figlio di Onrigolo. Nè viene ridotto o annullato per essi ciò che in precedenza egli ha disposto. Alcuni capitoli sono gli stessi del suo testamento e del suo primo codicillo; ma sempre  per quel che concerne il monastero. Non vengono modificate le disposizioni già da lui date, bensì rimarcate le proprietà sulle quali il monastero di Baggio, che ancora deve essere portato a termine a causa degli anni difficili, delle guerre e della malattia che lo travaglia, può e deve contare per il suo futuro.  
Senza conoscere le reazioni dei suoi eredi, tutto sembrerebbe procedere nella norma. E la petitio di Balzarino e dei monaci olivetani al duca, riportata nel codicillo, si potrebbe ritenere una prassi necessaria per salvaguardare  i diritti del monastero. Ma lo scopo primo  di questo codicillo é di ottenere dal nuovo duca la riconferma dei privilegi e della protezione da lui concessi al monastero di Baggio il 12 giugno 1403 quando egli era sotto la tutela della madre. Privilegi che per essere validi dovevano essere riconfermati dal duca Gio. Maria ora che era Signore assoluto dello Stato; come egli fece.  
Dettato il secondo codicillo, Balzarino fa trasferire nel castello di Porta Giovia quattro capsona con merci pregiate, di cui uno da consegnare  dopo la sua morte alla moglie Beatrice.
Quanto sin qui esposto non è certo tutto ciò che del Pusterla vi sia ancora da conoscere; ma solo un ulteriore passo per avvicinarsi a questo personaggio che ha avuto una parte di rilievo nello spaccato di storia milanese fra Tre e Quattrocento.

Una grande  eredità aspramente contesa

.

Le denunce dei monaci di Baggio contro i Pusterla contestatori attivarono il decreto del duca a  favore del monastero.  
Intanto il 5 giugno 1407  la Fabbrica del Duomo, erede universale del Pusterla, dà incarico a Finolo Mazzali di eseguire l’inventario dell’eredità del defunto di cui non compare la data della morte. Nè ho rinvenuto obituario o messale della chiesa del monastero di S. Maria  per il suo anniversario. 
L’ira dei congiunti non si placa. E l’11 giugno i monaci inviano al duca un esposto sul caso, che egli trasmette al capitano di giustizia, Uberto Spinola.  La convocazione e conseguente intimazione del capitano di giustizia di Milano sono immediate. Caterina “del fu giurisperito Pietro” e suo marito Giovanni Pusterla, fratello del marito della figlia di Balzarino, in questo momento Ambrosino Pusterla, sono tra i maggiori indiziati delle molestie ai massari ed ai lavoranti per il monastero. Anche se Caterina, figlia del testatore, ed il marito Ambrosino, agiscono con loro e  ad essi vengono equiparati nel giudizio. La figlia di Pietro con il marito avanzano diritti su proprietà e beni di Gudo Gambararo, Cassina Crivelli, e di Villadeserto; mentre la figlia di Balzarino e consorte sui beni di Villadeserto.         
Convocati e sentiti i Pusterla, accusati dai monaci di molestie e di turbamento della vita di coloro che lavoravano per il monastero, il capitano di giustizia minaccia di infliggere loro una ammenda di mille ducati d’oro qualora essi non si asterranno dalle loro azioni di disturbo. Non solo, essi saranno parimenti responsabili nel caso in cui non impediranno che altri da loro dipendenti o no, su loro istigazione, lo rifaranno per i possedimenti di Gudo Gambararo e di Villadeserto da Balzarino donati al monastero di Monteoliveto in Baggio.
Il 14 dello stesso mese il capitano di giustizia  convoca, su istanza di frate Francesco Malavolti di Siena, a nome del monastero nel quale è professo, Andreolo e Filippolo Cavalleri, massari alla cascina Crivelli a Gudo Gambararo, acquistata da Balzarino nel 1400 dai Crivelli; e Steffanino ed Ambrosio de Nova, massari di Villadeserto. Essi devono testimoniare se tenevano la proprietà in cui lavorano anche prima della morte di Balzarino.  La falsa testimonianza  sarà punita con 200 ducati d’oro.  
Sovrintende  Giovanni Torti, vicario e luogotenente. Registra le comparizioni Martino Muzano, notaio del capitano di giustizia di Milano, il quale  dà ragione al monastero e torto ai Pusterla per le proprietà di Villadeserto e di Gudo Gambararo.
Ammonizioni, ammende, azioni giudiziarie non arrestano contestazioni e diatribe seguite alla scomparsa di Balzarino. Liti interminabili sulle sue disposizioni testamentarie fra cui quella per i beni  livellati al Pusterla dalle monache intus vineam e trasmissibili ai suoi eredi che, quando le monache  nel 1422   portano il caso dinanzi al vicario generale ecclesiastico, non si presentano. 
Già del 10 luglio 1407 è un’ “ordinazione” fatta dalla Fabbrica del Duomo, come erede instituita del fu Balzarino, per un compromesso con Caterina sua figlia circa le pendenze sulla sua eredità. 
Dopo le intimazioni del capitano di giustizia, tra la Fabbrica del Duomo e i deputati del Luogo pio della Misericordia, come esecutori testamentari, e Caterina erano insorte alcune liti per diverse sue pretese di legittima, di dote, ed altro, contro l’eredità del defunto padre.
Con atto, rogato il 15 settembre 1409 dal notaio Vittore Panigada, Caterina Pusterla concede al marito, Ambrosino Pusterla,70 procura  per gran parte dei propri beni.
A partire dal 1412 Caterina inizia a vendere una parte dei beni  ereditati avendo quale procuratore il marito Ambrosino. Tre anni più tardi la Pusterla vende terre in Villadeserto e in Nesporigo, dentro e fuori del castro, a Filippino Cazoli  “…et pro resto sue dotis florini 800 et certa bona iacentia in territorio loci de Valiano, plebis Sancti Donati in strata ducatus Mediolani, ubi dicitur ad pratum de Pozolo…cum iuribus aquam…”.  
Alle vendite si alternano le cause  che  Caterina  intenta e subisce. 
Il patrimonio di Balzarino appare un pozzo senza fondo. E’ stato valutato “non inferiore a 40-45 mila ducati, senza contare il valore degli atti benefici compiuti in vita, ed in particolare il costo della creazione del monastero degli Olivetani a Baggio…”.71
Nel testamento il Pusterla dava disposizioni ai deputati della Fabbrica del Duomo, suoi eredi, per la sua sepoltura. I monaci dovevavo fornire un’arca funeraria di serizzo per l’inumazione di due cadaveri con coperchio di marmo sopra  il quale voleva scolpite le sembianze sue e  di Ursina. Quest’arca, dal Litta definita “grandioso monumento sepolcrale,”  è scomparsa. 
E a Baggio  non vi è piazza o via che  ricordi Balzarino. 

                                  
APPENDICE
                                                                                                                                                                                                                                                                        Secondo codicillo
                              
            ( C )  In nomine Domini anno a Nativitate eiusdem, millesimo  quadringentesimo septimo, indictione quinta decima, die veneris tertio decimo mensis madij. Cum spectabilis et egregius miles dominus Balzarinus de Pusterla, filius quondam domini Francisci civitatis Mediolani Portae Ticinensis Parochiae Sancti Sebastiani, suum condiderit testamentum, ordinamentum seu codicillum et inter alia fecerit, ordinaverit et condiderit capitulum tenoris huius modi. Item lego et iudico praedictis priori, fratribus et conventui dicti monasterii Sanctae Mariae de Monte Oliveto, constructi prope locum de Badagio, omnes et singulos fructus, redditus et proventus possessionis et omnium bonorum meorum
iacentium in loco et territorio de Videserti, plebis Sancti Iuliani, in strata ducatus Mediolani, cum aquis et aliis suis iuribus et pertinentiis, exceptis tamen et reservatis tamen illis pratis iacentibus in territorio dicti loci, quae consueverunt affictari una cum possessione de Nesporigo. Et etiam exceptis et reservatis illis perticis vigintiquinque prati contiguis praedictis pratis quae affictari consueverunt una cum dicta possessione de Nesporigo; et haec cum hiis intentione, conditione et onere, videlicet. Quod dicti prior, fratres et conventus teneantur et debeant dare et solvere Maffiolo de Pusterla, filio quondam Honrigoli, libras centum sexaginta imperiales omni anno usque ad annos quattuordecim proxime futuros post meum decessum. 
Item fuerit, ordinaverit et condiderit in eodem met testamento et ordinamento quodam aliud capitulum tenoris huiusmodi.
Item lego et iudico praedictis priori, fratribus et conventui monasterii Sanctae Mariae de Monte Oliveto, constructi ut supra, sedimen meum iacens in loco Bornago, plebis Gorgonzolae, ducatus Mediolani, in quo consuevit habitare Ambrosius de Ottobellis, et clausum unum se tenens cum dicto sedimine. Petiam unam vineae iacentem in territorio dicti loci de Bornago, ubi dicitur ad Vites raras, et petiam unam Vernazolae, contiguam dicto clauso, in summa perticarum centum vel circa; et perticas quinquaginta campi ex campis quae laborantur per dictos Ambrosium et filios de Ottobellis. Et hoc cum hiis intentione, conditione et onere, videlicet quod dicti prior, fratres et conventus teneantur et debeant, omni anno usque in perpetuum, ex redditibus dictorum bonorum dare uni de parentela de Pusterla, studenti legibus et decretalibus, florenos viginti ita tamen quod ipsi floreni viginti non dentur uni soli studenti ultra quam per annos octo; et si non adesset aliquis de parentela de Pusterla studens ut supra, quod ipsi prior et fratres ac conventus dicti monasterii teneantur et debeant dispensare ipsos florenos viginti omni anno pauperibus Christi pro remedio et mercede animae meae, et cetera. Pro ut haec et alia et sic vel aliter et plenius continetur seu contineri reperiatur in instrumento illius testamenti tradito et rogato per Victorem de Panigadis Mediolani notarium die mercuri sexto decimo mensis februarii proxime praeteriti. Cumque etiam praefatus dominus Balzarinus de Pusterla per postea vero subsecuto ipsi instrumento testamenti et ordinamenti codicillaverit et in eidem codicillum fecerit et ordinaverit in hunc modum. Ego in Dei nomine Balzarinus de Pusterla miles, filius quondam domini Francisci, civitatis Mediolani Portae Ticinensis Parochiae Sancti Sebastiani, sanus mente et bonae memoriae licet eger corpore, volens codicillare et addere et minuere dicto testamento, ordino ut infra, videlicet. In primis namque casso, revoco, irrito et annullo nulliusque valoris et momenti esse volo et iubeo illam partem tantum decimi capituli dicti testamenti effectualiter continentem quod dicti prior, fratres et conventus dicti monasterii Sanctae Mariae de Monte Oliveto, constructi prope locum de Badagio, teneantur et debeant dare et solvere Mafiolo de Pusterla, filio quondam domini Honrigoli, libras centumsexaginta imperiales omni anno usque ad annos quattuordecim proxime futuros post meum decessum, omnibus tamen aliis et singulis in ipso decimo capitulo contentis, ratis et firmis in suo robore permanentibus.
Item lego et iudico praedictis priori, fratribus et conventui dicti monasterii Sanctae Mariae de Monte Oliveto, constructi prope locum de Badagio, praedictos omnes et singulos fructus, redditus et proventus praedictorum possessionis et omnium meorum bonorum iacentium in loco et territorio de Villadeserti, plebis Sancti Iuliani, in strata ducatus Mediolani, cum aquis et aliis suis iuribus et pertinentiis alias in dicto testamento legatos praedictis priori, fratribus et conventui. Et hoc exceptis tamen et reservatis illis pratis iacentibus in territorio dicti loci Villadeserti quae consueverunt affictari una cum possessione de Nesporigo. Et etiam exceptis et reservatis illis perticis vigintiquinque prati contiguis praedictis pratis, quae affictari consueverunt una cum dicta possessione de Nesporigo. 
Et ulterius lego et iudico ipsis priori, fratribus et conventui lectos tres fornitos pro tenendo in dicto monasterio pro usu foresteriorum et infirmorum. 
Et haec legata in praesenti capitulo contenta feci et facio praedictis dominis priori, fratribus et conventui dicti monasterii ad effectum quod dicti fructus, redditus et proventus praedictorum bonorum eisdem priori, fratribus et conventui per me, ut praemittitur, legati, expendantur et procedant in complendo et finiendo dictum monasterium et haedifitia eiusdem. Et etiam cum onere quod praefati prior, fratres et conventus dicti monasterii teneantur et debeant distribuere et dispensare pauperibus Christi, quolibet die septimi, trigesimi meorum, modios sex frumenti in pane cocto et staria quattuor cixerorum coctorum; et similiter distribuere et dispensare teneantur modios sex frumenti in pane cocto et staria quattuor cixerorum coctorum omni anno, usque in perpetuum, quolibet die annualis mei et celebrare divina officia quolibet die dictorum septimi, trigesimi et annualis meorum pro remedio et mercede animae meae, et cetera. Prout haec et alia in instrumento illius testamenti sive codicilli subsequenti ut supra plenius contineri reperiatur tradito et rogato per supradictum Victorem de Panigadis notarium, die Martis decimo praesentis mensis Maii, ipsis tamen ambobus instrumentis testamenti, ordinamenti et codicilli subsequti ut supra confectis, imbreviatis ac scriptis per praedictum Victorem de Panigadis notarium sub una et eadem subscriptione et corpore annis et diebus suprascriptis.

 Cumque praefatus dominus Balzarinus de Pusterla nec non prior, fratres et conventus dicti monasterii Sanctae Mariae de Badagio, ordinis Montis Oliveti, prope urbem istam Mediolani supplicaverint illustrissimo Principi et excelso domino domino Duci Mediolani prout inferius continetur. Et ad supplicationem praedictorum, praefatus illustrissimus dominus dominus Dux antedictis supplicantibus concesserit et emanaverit litteras tenoris et continentie subsequentis. Dux Mediolani etc. Recepimus supplicationem tenoris huiusmodi videlicet. Illustrissime et excellentissime Dominationi ducali vestre humiliter et cum omni reverentia supplicatur pro parte vestrorum fidelissimorum servitorum et ad Deum oratorem Balzarini de Pusterla militis, civis vestri Mediolani, nec non prioris, fratrum et conventus monasterii Sanctae Mariae de Badagio, ordinis Montis Oliveti, prope urbem istam vestram Mediolani. Quod cum idem Balzarinus ex suis bonis propriis paternis fundari fecerit monasterium illud ab reverentiam Omnipotentis Dei et Beatae Virginis Mariae et non potuerit ad perfectum opus usque nunc illud compleri facere, obstantibus conditionibus sinistris guerrarum et novitatum occursarum partibus in istis, iam diu etiam, quia infermitate oppressus idem Balzarinus ad perfectionem operis illius monasterii superesse non potuit cupiatque Altissimo assentiente ad optatum et cordialem finem ipse Balzarinus dictum Monasterium finiri debere. Pro tanto disposuit et vult ex bonis suis quae possidet ut finiatur et debito et opere compleatur illi monasterio, priori, fratribus et conventui praedictis dimittere et libere relaxare quandam suam possessionem cum omnibus suis pertinentiis iacentibus in territorio de Villadeserti, ducatus vestri Mediolani. Et ulterius, pro sacrificando et celebrando divina offitia in Monasterio praedicto, eisdem priori, fratribus et conventui dimittere et libere relaxare particulam unam alterius possessionis sitae et iacentis in loco et territorio Bornagi Martesanae, verum quia praedicta non possunt sortiri effectum obstantibus quibusdam decretis et inhibitionibus vestrae Dominationis, ut asseritur. Dignetur vestra gratiosa et misericors Celsitudo consideratis praemissis quatenus dictus Balzarinus dictas possessionem Villadeserti et particulam illam de Villa Bornagi dimittere et iudicare possit praemissis et quod ipsi prior, fratres, conventus illas accipere possint non obstantibus aliquibus editis, ordinamentis et inhibitionibus ac statutis si quae sunt in contrarium disponentibus, ut vestra mediante gratia praemissi supplicantes finiri facere possint Monasterium illud et praedicti prior et fratres pro salute animarum vestrorum Illustrissimorum dominorum dominorum Progenitorum ad Altitonantem fundere preces suas valeant, sicut indubitanter oppinantur fore vestrae intentionis, benignae clementiae. 
Quare cum consideratis praemissis, volentes dictis supplicantibus gratiam facere specialem. Harum tenore concedimus quod dictus dominus Balzarinus possit transferre, legare, adiudicare et dimittere priori, fratribus, conventui et monasterio Sanctae Mariae de Badagio ordinis Montis Oliveti praedicti possessionem de Villadeserti et particulam possessionis de Bornago de quibus superius agitur et ex causa praemissa antedictique prior, fratres, conventus et monasterium ipsos recipere et acceptare. Propterea quod quidlibet notarius opportuna superinde conficere valeant instrumenta etiam secundi notarii et testes eisdem praesentes interesse. Et haec omnia tute, libere et impune aliquibus Statutis, Decretis, editis, inhibitionibus sive ordinamentis in contrarium conditis nequaque obstantibus quibus in hac parte ex certa scientia et de nostris potestatis plenitudine ac absolute specialiter derogamus et derogatum esse volumus ac iubemus mandantes omnibus et singulis Potestatibus, Capitaneis, Rectoribus, Vicariis et Officialibus nostris praesentibus et futuris ad quos spectat et spectare contingant quatenus has gratie et concessionis nostrae litteras observent et faciant inviolabiliter observari sub nostri indignationis poena. In quorum testimonium praesentes fieri iussimus et registrari nostrique sigilli impressione muniri. Datum Carimate die XI Maii millesimo quadringentesimo septimo, quinta decima indictione. Franciscolus – Idcirco.
   
Ego in Dei nomine antedictus Balzarinus de Pusterla miles, filius quondam domini Francisci, praedictarum civitatis Mediolani Portae Ticinensis Parochie Sancti Sebastiani, sanus mente et bonae memoriae licet eger corpore memoriae reducens suprascripta testamentum et codicillum alias ut praemittitur per me conditum et condita et maxime capitula superius descripta contenta in dictis instrumentis testamentis et codicilli et quaecumque in eis capitulis contenta, et volens codicillare et codicillando addere et minuere et addendo et minuendo ipsis testamento et codicillo alias per me facto et condito et maxime capitulis praedictis et alia facere et ordinare ut infra. 
Et prout inferius continetur, casso, revoco, irrito et annullo, lego, iudico, statuo, ordino et libero, ac feci et facio in omnibus et per omnia prout inferius annotatur, volens, statuens et ordinans infrascripta omnia et singula valere et tenere debere iure codicilli et ultimae voluntatis et donationis et omnibus aliis modo, iure, via et forma quibus melius valere et tenere potest et possunt et effectum sortiri poterit sive poterunt videlicet ut infra. In primis quia teneor et promisi facere et perfinire opus monasterii infrascripti volo, statuo, ordino, lego et iudico ac transfero ac dimitto dictis dominis priori, fratribus, capitulo et conventui dicti monasterii et monasterio dominae Sanctae Mariae de Monte Oliveto, constructi prope locum de Badagio, plebis Cisani, ducatus Mediolani. Et hoc dictum monasterium finiatur et debito opere compleatur et maneteneatur in perpetuum libere et sine ulla exceptione suprascriptam possessionem meam de Villadeserti, plebis Sancti Iuliani, ducatus Mediolani, tam respectu proprietatis quam usufructus dictae possessionis cum quibuscumque iuribus et pertinentiis ac acquis et aque ductibus et iuribus aquarum, axiis, viis, ingressibus et regressibus praedicte possessioni et bonis quibuscumque eiusdem possessionis inferius terminatis et cohaerentiatis, et mihi testatori in et super eis et quolibet eorum quocumque modo et iure pertinentibus et spectantibus et cum omnibus bonis mobilibus vel semoventibus et omnibus creditis massariorum, fictabilium, pensionantum et colonorum, quae habeo in et super dicta mea posessione et bonis de Villadeserto et eius causa et occasione mihi spectantibus vel pertinentibus. Quae quidem possessio et bona sunt haec et sic terminantur et cohaerentiantur ac declarantur et specificantur videlicet. 
In primis sedimen unum iacens in loco Villadeserti, plebis Sancti Iuliani, ducatus Mediolani, quod est cum haedifitiis, cameris, solariis, cassinis, area, puteo, brolio, orto et aliis suis iuribus et pertinentiis, cui cohaeret undique dicti domini Balzarini, et est perticae viginti duo, vel circa. 
Item sedimen unum, parvum derupatum, quod appellatur Castrum cui cohaeret undique horum bonorum. 
Item sedimen unum iacens in predicto loco de Villadeserto quod est cum cassina una cupata et uno torculari derupato, curte, area, orto et brolio et aliis suis iuribus et pertinentiis cui cohaeret undique horum bonorum et est perticae tres, vel circa. 
Item sedimen unum iacens in dicti loco de Videserto, quod est cum haedifitiis, cameris, curte, area,orto et aliis iuribus et pertinentiis cui cohaeret ab una parte ecclesiae Sancti Salvatoris dicti loci de Videserto et ab aliis tribus partibus strata, et est perticae tres, vel circa. 
Item petia una sive plures petiae vineae simul se tenentes, iacentes in territorio dicti loci de Videserto ubi dicitur ad Vineam de Videserto de Domo cui cohaeret ab una parte ecclesiae Sancti Nazarii Mediolani et ab aliis tribus partibus dicti domini Balzarini, et est, seu sunt, perticae tercentum quadraginta octo, vel circa. 
Item petia una sive plures petiae campi simul se tenentes, iacentes in territorio dicti loci ubi dicitur ad Campaneam de la Croxetta sive de Videserto cui cohaeret undique dicti domini Balzarini, et est perticae ducentum sexaginta vel id circa. Item petia una campi iacens in dicto territorio, ubi dicitur ad Villam Novam, cui cohaeret a tribus partibus flumen Remogerii, et ab alia parte heredum quondam Antonii et Ioannis fratrum de Cardano, et est perticae viginti duo vel circa. 
Item petia una prati et campi simul se tenentes, iacentes in territorio praedicti loci, ubi dicitur ad Pratum de Videserto  cui cohaeret a duabus partibus strata, ab alia Bernardi Plati et in parte Lucholi de Puteobonello, et alia parte fluminis praedicti Remogerii, et est pertice centum sexaginta vel circa. 
Item petia una prati iacens in territorio praedicto, ubi dicitur ad pratum de Scorvis, cui coheret ab una parte strata, ab alia Bernardi Plati et ab aliis duabus partibus dicti domini Balzarini, et est pertice octuaginta quattuor vel circa. 
Item petia una, partim zerbi et partim campi, iacens in dicto territorio, ubi dicitur ad Schorvas, cui cohaeret ab una parte ecclesie Sancti Nazarii Mediolani, ab alia monasterii de Viboldono in parte et in parte horum bonorum, ab alia flumen horum bonorum et ab alia parte Bernardi Plati, et est perticae centum triginta tres vel circa. 
Item petia una prati iacens in dicto territorio, ubi dicitur a Campum de la Fornace, cui cohaeret a duabus partibus strata, ab alia flumen Remogerii, et ab alia Thomaxini Balbi et in parte horum bonorum, et est perticae centum undecim vel circa. 
Item petia una campi iacens in dicto territorio, ubi dicitur ad Dossum, cui cohaeret a duabus partibus strata et ab aliis duabus partibus horum bonorum, et est perticae sedecim vel circa. 
Item perticae quadraginta sex brugarie pro indiviso ex et de quadam brugaria iacente in dicto territorio, ubi dictur ad Brugariam, cui toti petiae brugariae cohaeret ab una parte dominarum de intus Vineam Mediolani, ab alia ecclesiae Sancti Nazarii Mediolani et ab aliis duabus partibus praefati Balzarini, et est ista brugaria perticae ducentum octuaginta vel  circa. 
Item petia una buschi iacens in dicto territorio, ubi dicitur ad Schorvas, cui cohaeret ab una parte Bernardi Plati in parte et in parte illorum de Rancate, ab alia similiter et ab alia monasterii de Viboldono, ab alia horum bonorum, et est perticae centum vel id circa. 
Item petia una buschi iacens in dicto territorio, ubi dicitur ad Scorvas, cui coheret a tribus partibus praedicti monasterio de Viboldono et ab alia praediciti domini Balzarini, et est perticae viginti quinque vel circa. 
Item petia una buschi iacens in dicto territorio, ubi dicitur ad Buschum de la Gattarubea, cui cohaeret a tribus partibus Bertini de Caxate et ab alia monasterii de Viboldono, et est perticae viginti novem vel circa. 
Item petia una buschi iacens in dicto territorio, ubi dicitur ad Buschum Gatarubeae, cui cohaeret undique Bertini de Caxate, et est perticae viginti quinque vel circa. 
Item petia una buschi iacens in dicto territorio, ubi dicitur ut supra, cui cohaeret ab una parte ecclesiae Sancti Ioannis ad Templum, et ab aliis tribus partibus Bertini de Caxate, et est perticae decem septem, salvo et reservato quod si erratum foret in praedictis cohaerentiis, vel aliqua earum quod propterea non noceat veritati nec veris cohaerentiis sed semper stetur et stari debeat veritati et veris cohaerentiis. 
Item volo, statuo, ordino, lego et iudico ac transfero et dimitto praedictis dominis priori, fratribus, capitulo et conventui dicti monasterii dominae Sanctae Mariae de Monte Olivetis, constructi ut supra, illam particulam possessionis meae et bonorum meorum dictae possessionis de Bornago, plebis Gorgonzolae, ducatus Mediolani, quam tenet et laborat Bolgarinus de Ottobellis libere et sine ulla exceptione et hoc tam respectu proprietatis quam usufructus dictae particulae possessionis et cum quibuscumque iuribus et pertinentiis ac aquis, aque ductibus et iuribus aquarum, axiis, viis, utilitatibus, comoditatibus, ingressibus et regressibus praedicte possessioni et bonis quibuscumque eiusdem possessionis inferius terminantur et cohaerentur et mihi testatori in et super eis et quolibet eorum quocumque modo et iure pertinentur et spectantur nec non quaecumque mobilia et credita massariorum, fictabilium, pensionantium et colonorum quae habeo in ipsa particula possessionis meae et bonorum et eius occaxione et haec pro sacrificando et celebrando divina offitia in praedicto monasterio quae quidem possessio et bona sunt haec et sic terminantur et cohaerentiantur ac declarantur et specificantur videlicet. 
In primis sedimen unum derupatum iacens in loco de Bornago, plebis Gorgonzolae, ducatus Mediolani, quod est cum haedifitiis, cameris, solariis, area, curte, puteo, orto et aliis suis iuribus et pertinentiis cui cohaeret ab una parte strata publica, ab alia similiter strata publica et ab aliis duabus partibus praefati Balzarini testatoris seu codicillarii. 
Item petia una terrae, ubi dicitur ad Clausum de domo, iacens in territorio dicti loci de Bornago, cui cohaeret ab una parte ecclesie Sanctorum Cornelii et Cipriani de Bornago, ab alia illustrissimi domini domini ducis Mediolani etc. ab alia heredum quondam Maffioli de Medicis et Erasmi de Schotiis et ab alia strata, et est perticae sexaginta quattuor, tabulae sedecim et pedes tres. 
Item petia una terrae, ubi dicitur ad Vites raxas, iacens in dicto territorio, cui cohaeret ab una parte ecclesiae Sanctorum Cornelii et Zipriani de Bornago, et Bertini de Giringellis, ab alia suprascripti Bertini, ab alia domini domini  Mediolani ducis et ab alia suprascriptum Clausum, et est perticae sedecim vel circa. 
Item petia una terrae, ubi dicitur ad Bruxegium, cui cohaeret ab una parte dicti domini illustrissimi domini domini ducis Mediolani etc, ab alia illorum de Oldegardis, ab alia strata et ab alia Vescontini de Corpello, perticarum quinque vel circa. 
Item petia una terrae, ubi dicitur ad Guerzinam, iacens ut supra, cui cohaeret ab una parte Antonii de Figino, ab alia suprascripti Antonii, ab alia strata et ab alia dicti domini ducis, perticarum quattuor et tabularum decem novem. 
Item petia una terrae iacens ut supra, ubi dicitur ad Guerzinam de supra, cui cohaeret ab una parte ecclesiae Sancti Vitalis de Pessano, ab alia strata, ab alia domini domini ducis Mediolani etc., et ab alia suprascripti domini ducis, perticarum decem et tabularum decem novem. 
Item petia una terrae iacens ut supra, ubi dicitur ad Campum magnum de Laboratia, sive de la Magata, cui cohaeret ab una parte Giochini de Herba, ab alia dicti domini Balzarini de Pusterla, ab alia strata et ab alia suprascripti domini Balzarini, et est perticae quadraginta vel circa. 
Item petia una terrae, ubi dicitur ad Pateram, sive ad Stradellam, cui cohaeret ab una parte Antonii de Figino, ab alia Beltrami de Bollate, ab alia strata et ab alia canonicae Sancti Protasii de Gorgonzola; perticarum quinque et tabularum sex et pedem sex, salvo et reservato quod si erratum foret in praedictis cohaerentiis, vel aliqua earum quod propterea non noceat veritati ac veris cohaerentiis, sed semper stetur et stari debeat veritati et veris cohaerentiis.
Item volo, statuo, ordino, iubeo et mando, quod praedicti domini prior, fratres, capitulum et conventus dicti monasterii Sanctae Mariae de Monte Oliveto, tam praesentes quam qui per tempora futura erunt, teneantur et debeant facere seu fieri facere de fructibus et redditibus ac proventibus dictorum omnium et singolorum meorum bonorum per me eisdem legatorum, iudicatorum et transmissorum et dimissorum ut supra finiri et expleri et manuteneri monasterium praedictum de haedifitiis et alevamentis necessariis subsequentibus profiniri faciendo illa hedifitia et alevamenta, aliis hedifitiis et alevamentis et operibus, quae feci et facere incaepi hac usque in dicto monasterio et hoc continue donec praedicta hedifitia et alevamenta expleta et completa fuerunt. 
Item volo, statuo, ordino, iubeo et mando quod praedicti domini prior, fratres, capitulum et conventus dicti monasterii Sancte Marie Montis Oliveti, constructi ut supra, tam praesentes quam qui per tempora futura erunt, teneantur et debeant de dictis fructibus, redditibus et proventibus dictorum omnium et singolorum meorum bonorum per me eisdem legatorum ut supra, ut inteligantur semper de primis fructibus, redditibus et proventibus qui exierint ex et de bonis praedictis facere, seu fieri facere elemosinam unam de modiis sex frumenti in bono pane cocto et bene ordinato et asaxonato; et staria quattuor cixerorum bene coctorum, ordinatorum et condictorum in die septimi mei et totidem in die trigesimi mei et similiter totidem in quolibet die anniversarii mei cuiuslibet anni usque in perpetuum dandis et distribuendi pauperibus Christi. Et ultra hoc teneantur et debeant ipsi fratres in dictis singulis diebus septimi, trigesimi et anniversarii meorum celebrare et dicere missas et divina officia et haec omnia et singula pro remedio et mercede animae meae. 
Item volo, statuo, ordino, iubeo et mando, casso, irrito, revoco et annullo, et nullius valoris, et momenti esse volo iubeo et mando omnia et singula contenta et de quibus fit mentio in suprascriptis capitulis superius descriptis, excepta  tamen parte dumtaxat illius capituli in quo fit mentio quod voluit, statuit, ordinavit, legavit et iudicavit ipsis priori, fratribus et conventui dicti monasterii lectos tres finitos pro tenendo in dicto monasterio pro usu forasteriorum et infirmorum per modum et formam pro ut in dicto capitulo codicilli traditi et rogati per soprascriptum Victorem de Panigadis notarium ut supra continetur. 
Et haec omnia et singula suprascripta et in hoc meo praesenti testamento et codicillo contenta feci et facio tamen ratis et firmis manentibus omnibus et singulis aliis contentis in dictis instrumentis testamenti et codicilli traditis et rogatis per suprascriptum Victorem de Panigadis notarium ut supra, et sine eorum praeiudictio et etiam ratis et firmis manentibus praedictis omnibus et singulis in hoc praesenti meo codicillo contentis et sine eorum praeiudictio. Et haec omnia et singula sic feci, statui et ordinavi et facio et statuo et ordino volontarie, sponte et ex certa scientia, quoniam sic decrevit ac disposuit mea bona et ultima voluntas. 
Et de praedictis praefatus spectabilis miles dominus Balzarinus testator et codicillarius rogavit me Martinum de Longis
                                   notarium infrascriptum ac notum et cognitorem praefati domini Balzarini testatoris et codicillarii publicum confici debere instrumentum et instrumenta unum et plura unius et eiusdem tenoris si expedierit et necesse fuerit etiam de quolibet singulari capitulo. 
Actum Mediolani in domo habitationis praefati domini Balzarini codicillarii et testatoris videlicet in camera cubicularia ipsius codicillarii et testatoris posita in ipsa domo habitationis ipsius testatoris et codicillarii, praesentibus pronotariis Ioannino de Gariboldis filio quondam domini Bernardi Portae Vercellinae Parochiae Sancti Ioannis supra murum et Ambrosino de Figino filio Leonardi Portae Novae Parochiae Sancti Eusebii, ambobus civitatis Mediolani notariis et pronotariis ac notis et cognitoribus ipsius testatoris et codicillarii. 
Interfuerunt ibi testes dominus Lucholus Crottus filius quondam domini Lanzaroti Portae Ticinensis Parochiae Sancti Ambrosii in Solariolo; Bertolus de Inzino filius quondam item Berti praedictarum Portae Ticinensis Parochiae Sancti Ambrosii in Solariolo; Augustinus de Pessina filius quondam domini Andrioli Portae Novae Parochiae Sancti Steffani ad Nuxigiam; Ioannes de Alzate filius domini Francisci Portae Ticinensis Parochiae Sancti Alexandri in Zebedia; Gafforinus de Angelis electis filius quondam Pizzini Portae Ticinensis Parochiae Sancti Georgii in Palatio, omnes testes civitatis Mediolani noti et cognitores praefati domini Balzarini testatoris et codicillarii et idonei vocati et rogati. 
Subscriptum signo Tabellionatus anteposito 
Ego Martinus de Longis, filius quondam domini Ambrosii civitatis Mediolani Portae Cumanae Parochiae Sancti Protasii in Campo intus, notarius rogatus tradidi meque subscripsi. 
Subscriptum itidem signo Tabellionatus anteposito 
Ego antedictus Ioanninus de Gariboldis notarius praedictis protonotario interfui ut supra meque subscripsi et  iussu suprascripti notarii scripsi. 
Subscriptum signo pariter Tabellionatus anteposito 
Ego praedictus Ambroxinus de Figino notarius praedictis pronotario interfui ut supra et me subscripsi.


Praesens exemplar cum copia authentica in membrana exarata existente in Archivo R.R. Monachorum Monasterii Sancti Victoris ad Corpus Mediolani per nos notarios infrascriptos visa, diligenterque collationata, concordare attestamur, et pro fide nostris respective Tabellionatus signis antepositis subscripsimus hac die sabbati, sexta mensis decembris, anni millesimi septingentesimi trigesimi octavi.
(S.T.)     Joseph Maria Tarantula, filius domini Francisci Portae Orientalis Parochiae Sancti Babylae foris Mediolani, publicus de Collegio Mediolani notarius.
(S.T.)    J.C. Johannes Angelus de Custodibus, filius nobilis domini phisici Joseph Angeli olim J.C.C.C. Antoni Francisci, publicus Apostolica Imperialique auctoritatibus et de Collegio Curiae Archiepiscopalis Mediolani notarius et antiquarius Portae Romanae Parochiae Sanctae Euphemiae intus Mediolani.






1 M.F. Baroni  (a cura di), Atti del Comune di Milano nel secolo XIII, v. I: (1217-1250), Milano 1976, p. 724.
2 G. Mongeri, La chiesa di Baggio, “ASL”, I  f. IV (1874), p. 65: “ Balzarino Pusterla teneva la sua abitazione in Milano, lungo via Palla, ora parte di via Torino, precisamente di contro allo sbocco in questa della viuzza di Valpetrosa, al n. 29. L’alta torre, demolita nel marzo-aprile 1874, era appunto la casa di lui”.
3 C. Pirola, Note storico giuridiche su una regalia viscontea, “i Quaderni della Brianza”, 91 (1993), p. 75. Beatrice è anche sorella di Giovanni, arcivescovo di Milano dal 1409. 
4 G. Barbieri, Funzionari, mercanti e banchieri alle origini del capitalismo lombardo. Balzarino Pusterla e la sua carriera militare e diplomatica al servizio dei Visconti, “Commercio in Lombardia”, Milano 1987, v. II,  pp. 233-245.
5 B. Betto, Il testamento del 1407 di Balzarino da Pusterla, milanese illustre e benefattore, “ASL”, CXIV (1988), pp. 267-301.
6  B. CorioStoria di Milano, Milano, F. Colombo libraio editore, 1856, v. II, p. 197.
7  G. GiuliniMemorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della città di Milano ne’ secoli bassi, Milano, F. Colombo libraio-editore, 1856, v. V, pp. 352-432.
8  ASMi, Fondo Pergamene, Monastero di S. Vittore al Corpo, cart. 540. 
9  G. BarbieriFunzionari cit., p. 233 e P. Litta, Famiglie celebri d’Italia, Milano, P.E. Giunti, 1819-1850, v.7. tav. III. 
10 G. GiuliniMemorie cit., vol. V, p. 475.
11 B. Corio,  Storia cit., v. II, pp. 204-205.
12 A. NotoGli amici dei poveri di Milano 1305-1964, Milano 1966, p. 34: “ I beni relitti costituivano la dote della benefattrice. Si estendevano per oltre 1180 pertiche attraversate dal Lambro nel Lodigiano ed erano stati acquistati nel 1375 per lire 1320 imperiali.”
13 C. NaniStoria del diritto privato italiano, Torino 1902, p. 194.
14 O. Biandra’ di  reaglieMarco Formentini storico economista del sec. XIX e la sua raccolta di documenti, “ASL”, C (1975), p. 31, 14. 
15 Repertorio diplomatico visconteo, documenti dal 1263 al 1402 raccolti e pubblicati in forma di regesto dalla Società Storica Lombarda, tomo secondo, 1363-1385Milano, Ulrico Hoepli editore, 1918, n. 2142, p. 252.
16 P. LittaFamiglie cit., v. 7, tav. III.
17 P. Litta Ibid.  e  B. CorioStoria cit., v. II, p. 264. 
18 B. Corio, Ibid., pp. 207-242 e  G. GiuliniMemorie cit., v. V, pp. 558-560.
19 G. Barbieri, Funzionari cit., p. 233.
20 L. Osio (a cura di), Documenti diplomatici tratti dagli archivi milanesi, Milano 1970, t. I, parte II, p. 180.
21 ASMi, Fondo Religione p.a., Monastero di S. Vittore al Corpo, cart. 1672 (copie autentiche; gli atti sono in pergamena).
22 C. Cipolla, I precedenti economici,” Storia di Milano”, Milano 1958, v. VIII, pp. 357-358.
23 O.  Biandra’ di Reaglie, Marco Formentini cit., pp. 23-41.
26 G. Soldi  Rondinini, Chiesa milanese e signoria viscontea (1262-1402), “ Storia religiosa della Lombardia. Diocesi di Milano”, (prima parte), Brescia 1990, pp.284-331.
27 C. Santoro, La politica finanziaria dei Visconti, documenti: settembre 1329- agosto 1385, Milano 1976, v. I, prefazione di G. Barbieri, pp. VI-IX.
24 ASMi, Fondo notarile p.a., cart. 15, imbreviature del notaio Vittore Panigada fu Antonio (15.7.1385 - 15.4.418) che per anni rogò  per Balzarino e Ursina.
25 O. Biandra’ di Reaglie, Marco Formentini cit., p. 32, 18-19.  
28 L. Osio (a cura di), Document,i diplomatici tratti dagli archivi milanesi, Milano, Tipografia di Giuseppe Bernardoni di Giovanni, 1865, v. I, parte II, pp. 276-278.
29 T. Zerbi, La banca nell’ordinamento finanziario visconteo, Como 1935, pp. 31-61.
30 G. Barbieri,  Funzionari cit., p. 234.
31 M. Formentini, Il ducato di Milano, Libreria editrice G. Brigola, Milano 1877, p. 53.
32 P. Litta,  Famiglie cit., v.7, tav. III.
33 G. BarbieriFunzionari cit., p. 234;  B. Betto, Il testamento cit., p. 274.
34 A. Belforti, Cronologia brevis, Milano 1720, p. 136. Opera  conservata nella Biblioteca Nazionale Braidense di Brera.
35 P. Litta, Famiglie cit., v. 7, tav. III;  G. Romano, Regesto degli atti notarili di C. Cristiani dal 1391 al 1399, “ASL”,  XXI-II (1894), p. 56.
36 ASMi, Fondo pergamene cit., cart. 540, righe 12-44.
37 M. Formentini, Il ducato cit., p. 48.
38 G. Romano, Ibid, p. 53.
39 C. MagentaLa Certosa di Pavia, Milano 1897, I, p. 378.
40 B. Corio, Storia cit., v. II, pp. 396-401 e  G. Giulini, Memorie cit., v. V, pp. 795-800. Pure per quelle feste la loro versione non concorda.
41 O. Biandra’ di Reaglie, Marco Formentini cit., p. 32.
42 C. Santoro, La politica cit.,  v. I, p. VII. 
43 P. Ghinzoni, Il castello di Carimate, “ASL”, (1890), parte II, p. 794.
44 C. Santoro, Ibid., v. I,  p. VIII.
45 ASMi, Fondo Religione p. a., cartt. 1672-1678.
46 B. Corio, Storia cit., v. II, pp. 418-420 e G. Giulini, Memorie cit., v. VI, pp. 21-22.
47 G. Soldi  Rondinini, Chiesa cit., pp. 327-328.
48 A. Vauchez, La spiritualità dell’occidente medioevale, Milano 1978, p. 186.
49 G. Penco, Storia della Chiesa in Italia, Milano 1977, v. I, pp. 431-447.
50 V. Cattana  O.S.B., Il monachesimo benedettino nella diocesi di Milano  dalla fine del medioevo all’età dei Borromei, in  Ricerche storiche sulla Chiesa ambrosiana. Nel XV centenario della morte di S. Benedetto (480-1980), Milano 1980, pp. 107-110.
51 A. Vauchez, La spiritualità cit., pp. 164-188.
52 G. Soldi  Rondinini, Chiesa  cit., p. 319.
53 M. Formentini, Il ducato cit., p. 42. 
54 A. Noto, Gli amici  cit., pp. XXI-XXII.
55 G. Albini, Continuità e innovazione: la carità a Milano nel Quattrocento fra tensioni private e strategie pubbliche, in La carità a Milano nei secoli XII-XIV, Milano 1989, p. 143.
56 G. Soldi  Rondinini, Le opere di carità a Milano: gli interventi dei Visconti, in La carità a Milano cit., p. 133.
57 G. L. Fantoni, Milano e la Lombardia in alcuni recenti studi di storia medievale, “ASL”, CVIII-CIX (1982-1983), p. 339.
58 ASMi, Fondo pergamene cit., cart. 540 e Bolle, bolla di Bonifacio IX, cart. 26, di cui esiste pure copia microfilmata; Biblioteca Nazionale  Braidense di  Brera, Bolla di Clemente VI, in I Codici Morbio, Forlì 1897. 
59 Frate Ippolito da Milano e frate Ippolito da Camenago sono la medesima persona. Camenago era una località nella pieve di Seveso in diocesi di Milano. Oggi forse Cimnago presso  Meda.
60  ASMi,  Fondo Pergamene cit., cart. 540. 
61 G. Mongeri, La chiesa, cit., p. 66. 
62 L. Scazzoni, Il monastero di Baggio dei Padri olivetani, “Arte cristiana”, Milano, aprile 1954, pp. 81-86.
63 Comune  di Milano, Cascina e Monastero. Storia di monaci, contadini e operai in S. Maria di Baggio, Milano 1991, pp. 13-14.
64 A. Noto, Gli amici  cit., p. 34.
65 ASMi, Fondo Commercio p.a., cartt. 178 e 180: testamento di Balzarino Pusterla, cap. XXII.
66 ASMi, Ibid., cart. 180  e  A. Noto, Ibid., p. 40.
67 A. Visconti, Storia di Milano, Milano 1937, p. 157 e B. CorioStoria cit. v. II, pp. 465-477.
68  L. Osio (a cura di), Documenti cit., v. I, p. II, pp. 382-384.
69 ASMi, Fondo Religione p. a., cartt. 1678 e 1679. Il secondo codicillo, in cartella 1678, già nell’ Archivio del Monastero di S. Vittore al Corpo,  collazionato da Francesco Carcano, notaio della Curia arcivescovile di Milano, da me riscontrato con la copia che trascrivo in Appendice, è senza data. 
70 ASMi, Fondo Commercio p.a., cartt. 176, 177 e 178. Questo Pusterla sarà l’origine della Causa sui diritti Hospitii Ballae, che si concluderà pro Melzi nella seconda metà del Settecento. 
71 G. Barbieri, Funzionari cit., p.242.

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