mercoledì 13 aprile 2016

Un lucky sfortunato: Pièce televisiva di Floriano Pirola, 1959

Manoscritto consegnato alla Rai di Roma nei primi anni Sessanta.
Quando il dottor Merlin me lo riconsegnò, presso la sede Rai di Milano, mi disse: “ è un tema che, purtroppo, la Rai non può presentare nei suoi programmi”. E mi spiegò i motivi che non  ne consentivano la presentazione.
     
Pièce televisiva – anno 1959
di Floriano Pirola

 un lucky sfortunato
 Scusate, dove abita la Ragione?


Personaggi
Lucio Racci: 23 anni, di famiglia molto ricca. Alto, slanciato, sguardo espressivo, viso  nervoso, capelli con scriminatura a destra, basette corte. La sua bocca e i suoi occhi si direbbe non conoscano il sorriso.
MARINA FIESCHI: 50 anni, madre di Lucio. Ancora una bella donna anche con il poco trucco rimastole nella notte. Snella, fronte alta, capelli platinati. All’apparenza sembra più giovane.
MASSIMO TROTI, detto Chicco: 24 anni, di famiglia nobile. Un cosiddetto fusto, con i capelli biondi, tagliati all’olimpionica.
IL DOTTORE: sui sessant’anni, basso, tarchiato, un po’ calvo, occhi sporgenti. Occhiali di tartaruga.
PIERINA: tra i 50 e i 60 anni. Un’infermiera che, espulsa dalla categoria, si dedica a pratiche abortive soprattutto per povera gente. Non molto alta, magra; il volto reso più amaro dalle rughe.
WANDA: una ragazza di forme non pesanti, poco più che ventenne, peripatetica, al momento ubriaca.
GINETTA: sotto i vent’anni. Una florida ragazza venuta dalla campagna, che Fanny, amante di Chicco, ha avviato alla prostituzione.
IL TASSISTA: sulla cinquantina; fa il turno di notte e, di tanto in tanto, lo prende il sonno.
UN GARZONE DI PANETTIERE; UN OPERAIO: si muovono nel buio e nel silenzio, fischiettando.

LUOGO ED EPOCA
Una cittadina dell’Italia settentrionale che nel secondo dopoguerra ha avuto un grande sviluppo per le industrie impiantate sul suo territorio.
Nuovi stabilimenti, nuovi palazzi. Il denaro.  La storia si ripete: la gente nova e i subiti guadagni.
Non vi è più bisogno di recarsi nella metropoli per trovare il divertimento.
I figli dei ricchi del luogo hanno viaggiato molto, visto tante cose dentro e fuori il Paese.
Gli altri giovani hanno assistito alla proiezione di tutti i film americani.
Le due esperienze si sono, a un certo momento, incontrate e hanno dato vita a una nuova realtà.
Nell’ingranaggio di questa realtà si muove oramai l’intera cittadina.

Tutto accade in una notte d’inverno.

GLI AMBIENTI
Le stanze in cui vive Lucio fanno parte di una villa settecentesca con un grande giardino a nord e un cancello sulla strada a sud verso la periferia della cittadina, ora nella nebbia.
Lucio si trova in un salottino stile Luigi XV che rivela un ambiente di famiglia ricca.

La casa di Pierina, invece, è sempre composta da un piccolo ingresso, un locale che é insieme cucina e camera da letto: una tipica casa di poveri, fino alla fine degli anni Quaranta abitata da contadini.
Nella via, periferica, passa veloce un taxi che rientra da uno di quei ritrovi notturni sorti ai limiti della cittadina, al pari dei supermercati.


Chicco da un telefono pubblico, una cabina di cristallo temperato greggio, forma nervosamente sul disco combinatore un numero. Il giovane indossa un elegante cappotto color cammello; nella mano sinistra tiene un paio di guanti e sta fumando.
Sembra che conti le volte che il campanello trilla all’altro capo del filo e la sua faccia si atteggia ad una smorfia di impazienza.
Guarda l’orologio d’oro che ha al polso, batte un piede sulla piattaforma della cabina.
Finalmente qualcuno solleva il ricevitore.
Chicco, accigliato, parla al telefono con toni bruschi:  
Fan?...Sono io…sì, io! Dov’eri, Fanny?! Puoi immaginare il perché non ti ho chiamata prima…
No, no!...tutto male…Tu non devi muoverti di lì… Ora cerco un… amico.
Ascolta e con lo stesso tono:
Adesso non posso parlare. Ne parleremo appena ci vediamo…bè, sì…, in mattinata, ciao.
Depone il ricevitore. Si slaccia il cappotto e infila una mano in una tasca della giacca. Ne trae un’ agendina. La sfoglia. La tiene aperta ad una pagina ponendo un dito sotto un nome.
Posa i guanti e la sigaretta sulla piccola sporgenza metallica che sta sotto l’apparecchio telefonico.
Si vede ora solo la mano il cui dito indice fa girare, un numero dopo l’altro, il dischetto che li divide. Nel silenzio, che si fonde con il buio tutto intorno, si sentono distintamente gli scatti prodotti dal girare del dischetto metallico dei numeri.
Chicco sente uno squillo all’altro capo del filo…riprende la sigaretta…la rimette giù. E’ ancor più visibilmente nervoso, fin che dall’altro capo del filo lo squillo non cesserà.
STACCO
L’apparecchio la cui suoneria si è messa in azione in seguito al numero composto da Chicco si trova nel salottino stile Luigi XV di Lucio. All’interno non è buio completo; le imposte sono aperte, le tende arricciate ai lati di una grande finestra dalla quale entra luce dalla lampada che si trova nel parco della villa settecentesca che guarda il viale alberato dal quale un tempo si arrivava in carrozza ed ora in automobile.
Sopra un canapè si intravvede Lucio che dorme ancora vestito nella posizione di uno che si è addormentato suo malgrado.  Che quando squilla il telefono sembra stia sognando. Arrota i denti e, in un barbuglio: “Vengo…la scala…cadooo…”.
Non è ancora cessato il primo squillo che Lucio si butta dal canapè. Si sveglia nel mezzo del salottino dopo avere battuto uno stinco contro un tavolino a cui sferra un calcio. Annaspa, fa cadere un vaso che si sbrecca e: “Brutta miseria! Che il diavolo se lo porti questo scocciatore!”
Trova il paralume, accende la luce e afferra il ricevitore di porcellana come se lo volesse polverizzare tra le dita.
Con bocca impastata di densa saliva, voce sorda
Lucio: ” Pronto!...Sono io. Chi parla?!...Chiii?!... Uhf! Ma ti sembra l’ora di telefonarmi. Alle due del mattino…Ascolto, ascolto!...
Due e mezzo… non è lo stesso?”

STACCO
Si vede Chicco di spalle e quando parla alza il braccio e ogni tanto lo agita come se avesse di fronte Lucio. Si gira.
Sul viso gli si legge il timore che qualcuno lo senta. Si sforza di essere il più naturale possibile nella voce, ma c’è una nota falsa che si coglie appena apre bocca
Chicco:  Senti Lucio, sai dov’è via Cassiodoro, no? Bene, ti aspetto al numero venti fra un’oretta al più tardi. Vieni a piedi, però.
STACCO
Al telefono, seccato, più che sorpreso
Lucio: In via Cassiodoro? A…piedi? E fra un’ora, anche!? Ma a far che!?
Chicco, ascolta, poi: Un incidente, ti sembro cambiato?...Un consiglio?...Sì, siamo amici, o no?…Va bè, va bè…fra un’ora.
Butta giù il ricevitore, fa alcuni passi lasciandosi andare su una Bergére. Guarda fisso dinanzi a sé, si soffrega gli occhi con i dorsi della mani e brontola
Lucio: Chicco, maledetto! Proprio stanotte mi doveva chiamare…Alle due…Dopo quello che mi è capitato.
Si scuote, allunga le gambe e come continuasse un discorso o un sogno interrotto.
Ah! Se non fosse stato per la cameriera…Vatti a fidare di queste pupattole che si credono più scaltre del marito…           
Si alza, gesticola nervoso: A Roma doveva essere! E, invece, no… eccolo lì!… 
Si dà un tocco alla cravatta davanti a uno specchio. Afferra il cappotto che aveva gettato su una sedia e, si avvia ad uscire. Sulla porta del salottino compare una signora in una elegante
vestaglia. E’ sua madre. Lucio che aveva ora gli occhi sulla punta della sue scarpe, li alza e la scorge: una lieve ombra di trasalimento si diffonde sul suo volto.
La madre, freddamente: Fuori di nuovo, Lucio!?
Lucio, con voce annoiata: Che c’è, mami ? Ci risiamo?  Da quando esci meno tu la sera non sai proprio come passare il tempo. Tanto che neppure più di notte si può vivere tranquilli.
La madre (c.s.): Lucio, per favore!
Lucio, senza guardarla: Senti, mami, perché non mi lasci in pace, come hai fatto fino a qualche anno fa.
La madre, gelida: Voglio sapere una cosa sola…
Lucio, interrompendola con una punta di stizza: Oh, ma siete tutti fissati con me stanotte!
La madre, come non avesse sentito: Chi è, allora, la donna che ti telefona a quest’ora!?
Lucio prende da una tasca della giacca un pacchetto di sigarette. Poi, mostrando indifferenza: Che t’ importa! Ad ogni modo non era una donna.
La madre lo guarda fisso negli occhi.
Lucio, alla madre, guardando il pacchetto di sigarette dal quale ne toglie una e l’accende:
Non sono più un bambino. Non m’ interessano più Buffalo Bill e neppure Salvatore Giuliano come negli anni del ginnasio quando mio padre sembrava compiacersi di un futuro eroe da fumetto quale diceva che promettevo di diventare e tu, mami, mi consideravi…  
La madre, lo interrompe con rabbia: Sì! Un mascalzone! Fin da piccolo, questo sei sempre stato!
Lucio, tra i denti: Me lo hai ripetuto troppe volte e comincio ad essere stufo di sentirtelo ripetere…. Non ti basta la mia cara sorellina? Quella cocca di mamma!
La madre, furente: Non parlarmi di quella! Tu pure dovresti lasciare questa casa, e presto!
Lucio: Lo so che ti piacerebbe.  
E, appoggiando la sigaretta su un posacenere: Ma così non la pensa mio padre. Malgrado i tuoi ascendenti che contavano…ma, in illo tempore.
Alla madre, che ha visto il vaso sbreccato sul tappeto, nell’ira che la pervade dalla
bocca esce solamente un: Ohh…
Lucio (c.s.): E’ bene che tu lo sappia: se non me ne vado da questa casa è perché tu lo vorresti.
La madre, non si capisce se più per la rabbia che per lo sconcerto: si china sui cocci del vaso. Ne prende un paio e li appoggia sul tavolino dal quale il vaso è caduto. Poi: Per correr dietro nella notte alle donne che più non ti vogliono…
Lucio, ora i suoi occhi sono pervasi dall’odio: Se proprio vuoi saperlo le donne non mi interessano più di quanto mi interessi tu.
La madre, a quelle parole appare turbata.
Lucio: No, non mi interessano proprio più di te. Di loro c’è una cosa che almeno mi piace anche se non sempre, e qualche carezza che tu non mi hai dato mai….
Le vado a cercare quando ne ho voglia, sì. Ma tutto finisce lì: da loro non voglio altro nè loro da me.
La madre,  sempre più colpita dalle parole del figlio si è mossa di qualche passo uscendo di campo. Si vedono soltanto le sue mani che stringono nervosamente la spalliera della Bergère:
Dunque, ho visto bene fin da quando eri bambino.
Lucio: Complimenti.
Si infila il cappotto: Buona notte.
Ed esce.
Dissolvenza
Una strada avvolta da una fitta nebbia.
La via Cassiodoro si trova verso la periferia della cittadina. La zona è male illuminata.
Lucio, pur conoscendola, ha difficoltà ad orientarsi.
Sul suo cappotto scuro si depositano presto tanti puntolini bianchi di ghiaccio.
Un’ombra traballante gli si para innanzi agli occhi mentre svolta il secondo isolato.
Wanda, con voce stridula: Attento, tanghero!
Gli si avvicina; lo scruta: Guarda mo’ chi si vede…Sei stato a cercarmi, eh, bellimbusto?!
Tace un istante
Poi con voce a singhiozzo: Tutti… uguali sti… figli di…
La sigaretta che stringeva fra le labbra si è consumata quasi tutta, e lei la sputa.
Come parlasse a se stessa in un misto d’ira e di sprezzo: Con un bigliettone pensano di comprare te e la tua vita…come si compra un’auto…un giocattolo…
Gli occhi sembrano roteare nelle orbite di Wanda: Eh, no,eh! Basta, giovinotto! Tienti la tua grana… 
Sputa per terra.
Lucio,  strappato di colpo dai suoi pensieri appare sorpreso: Senti la professionista dei baci a gettone! Poi, adirato:  E piantala!
E  prende le braccia della donna e le stringe, gridandole: Wanda, sei sbronza! Và a dormire!
Wanda, vacilla non appena le mani di Lucio hanno lasciato la presa. Poi, urla con voce isterica: Brutto burino!..
Lucio prosegue per la sua strada. Un campanile batte le 3 e il vociare di Wanda si perde, confuso, in lontananza.
Ora la nebbia si è alzata sopra i tetti delle case, tutte di uno o due piani.
Lucio, camminando, alza gli occhi e, ad ogni portone, conta: …14…16…18…
Giunto dinanzi al numero 20 di via Cassiodoro, con una smorfia di disgusto, come parlasse a qualcuno: Che catapecchia!

Dissolvenza

La casa è vecchia, malcurata e lo si nota pure al buio.
 Nessun segno di vita.
Si sente il rumore delle ruote di un’auto che sfregano la cordonatura di un marciapiede.
Uno stridere di freni e, subito dopo, uno sportello che si chiude.
 Slienzio
Una lampadina tascabile filtra la sua luce da una fessura del portone, tarlato e scheggiato, che si schiude quel tanto sufficiente per far passare una persona.
La mano di Chicco entra in campo tenendo la lampadina rivolta verso il basso per fare luce a chi aspettava.
Chicco, fuori campo a un uomo sulla sessantina: Novità, dottore?
Il Dottore, scuotendo la testa: No, Chicco, andiamo su.
Chicco, sempre f.c.: Vieni, Lucio.
La luce della lampadina rientra nel portone. Uno dopo l’altro, dietro quella luce i tre salgono senza aprire bocca una scala stretta e scalcinata. Quando la luce della lampadina passa sopra la ringhiera della scala si vedono emergere qui e là piccole incrostazioni di vernice e di ruggine.
Dei tre che salgono si vedono nel cerchio di luce più che altro le gambe in movimento.
Giunti che sono su un angusto pianerottolo Chicco spinge un uscio.
Una plafoniera, scurita dalla polvere, rischiara a mala pena un piccolo squallido locale.  
Chicco,  quasi sibilando: Noi, Pierina…
Quindi, a Lucio con il medesimo tono: Il dottor Anfi.
Il dottore e Lucio si fanno reciprocamente un cenno col capo senza parlare.
Chicco, a Lucio, impedendogli di fare domande: Andiamo di là…ti spiegherò.
Oltre una porta a vetri coperta da tendine di pochi soldi vi è una stanza, un poco più grande della prima. Serve da cucina e da camera da letto. In un angolo una stufa a carbone sulla quale sono riposte pentole e pentolini anneriti nel tempo dalle fiamme.
Sdraiato accanto alla stufa un gatto che dorme.
A meno di un metro sopra la stufa una cappa aspirante, nera per il fumo, la polvere e il vapore.
Con una sponda quasi appiccicata alla stufa una branda sulla quale una ragazza è distesa sotto uno stinto tappeto di velluto.
Poco più in là una finestra con le imposte chiuse.
Solo la ragazza è in campo.
Ginetta, la sua  capigliatura é abbondante e scomposta, il suo viso esangue. Agita la testa, lentamente prima a destra, poi a sinistra; socchiude gli occhi… un fil di voce le esce dalla  bocca. Si notano le labbra screpolate:
Sto male…Aprite la finestra…Dov’è… Fanny…?
Fa per sollevare un braccio, che subito ricade sul suo corpo.
Rovescia la testa da una parte e si ammutolisce.
Esce di campo.
Una donna si alza quasi a fatica da una sedia accanto a un tavolo nel mezzo della stanza alla luce di una lampada saliscendi.
Sopra il piano di marmo del tavolo, al quale la donna stava appoggiata con i gomiti, si notano sparse macchie scure, di sangue. Su di esso Pierina ha compiuto una pratica proibita, e finita male. La faccia della donna è segnata da rughe; l’espressione tesa, dura.
Pierina: Dottore…!
Il dottore: lentamente si muove verso la ragazza supina sulla branda. Le prende un braccio e le tasta il polso: E’ passato… un po’ troppo tempo, Pierina… Il polso è piccolo e molto frequente. Facies hippocratica…..
Chicco e Lucio si guardano. Il primo è piuttosto impacciato; mentre gli occhi del secondo esprimono meraviglia.
Chicco, rivolto a Lucio: E’ Ginetta…Te la ricordi, Lucio? Che cotta fu la tua!
Poi, come fra sè, ma sempre rivolto a Lucio: Piaceva tanto… a molti…Stupida.
Lucio, mostrando ora indifferenza: Certo, come tante altre. Ma, che le è successo?
Chicco, un po’ incerto sul come incominciare: Che vuoi…è un incidente…è capitato…
Poi, animandosi: un incidente di percorso. E’ stata la paura dei suoi e le chiacchiere che avrebbero fatto al suo paese a spingerla a questo passo.
Tace un istante.
Il suo sguardo indica Pierina e con rabbia: Anche Fanny a suo tempo passò per le sue mani. E se ne serve ancora quando ce n’è bisogno.
Punta un dito sulla ragazza fuori campo e si infervora: Stavolta, purtroppo, le cose sono andate di traverso…Sta disgraziata…Tutte le porcherie le imparano in un amen queste farfalle di campagna…All’infuori, però, di come si evitano i guai!  
Pierina, che è sempre in piedi accanto al tavolo, si avvicina al dottore. E a lui parla, ma si capisce che è più per se stessa, quasi per non farsi trascinare nella spirale della paura: Questa volta che le cose erano meno complicate dell’ultima, non siamo in grado di tirarci fuori dai pasticci.
Ha un attimo di incertezza. I suoi occhi sono fissi sul pavimento sbocconcellato. Perde la calma e: Sì, quel…coso, come si chiama?, sì…me l’ha dato lei, dottore, il…accidenti… quel coso…
Le sue mani si incontrano in una stretta spasmodica, e minaccia: Oh, ma sono stufa, io!.... Vedrà…
Il dottore, interrompendola, irritato: Lascia perdere quell’arnese! E stai zitta!
Quindi, controllandosi: Non ti devi far prendere dalla paura, Pierina!
Lo sguardo che egli ha per la ragazza stesa sulla branda sprizza rabbia.
Sembra non badi più a Pierina, la quale con evidente eccitazione: Allora, dottore, cosa decide di fare?!
Il dottore, sembra perdere quell’espressione di rabbia che vi si coglieva un momento prima.
Guarda Chicco e Lucio come pervaso da un’idea risolutiva: Ma ci sono questi due giovanotti…e voilà!
Il solo a non comprendere le parole del dottore è Lucio e lo si coglie sul suo volto.
Chicco, le abbia interpretate o no, rimane impassibile.
Pierina, che sembra aver capito ciò che voleva il dottore, sempre più eccitata: No! No!...Non si può! Questa ragazza per i suoi genitori è al servizio di Fanny che loro credono abbia sposato il figlio dei padroni.  E con l’indice della mano destra indica Chicco.
Il dottore, con cinismo: E con questo?!
Pierina, spaventata: Farebbe presto la polizia a risalire a me. Lo sa bene, dottore, da quanti anni io non posso più fare il mio mestiere alla luce del sole…
Fa un cenno verso Ginetta sulla branda: E Fanny mi ha detto che son gente testarda i genitori di quella lì…Ho paura…!
Chicco sta fumando, Lucio è fermo a pochi passi da lui. Entrambi guardano la donna.
Il dottore, sembra non abbia sentito altro che le ultime parole della donna; ma sa che cosa possano significare in momenti come questi: non è la prima volta che le sente.
Non risponde subito a Pierina.
Aspira una boccata di fumo, lo soffia in aria e, con finta indifferenza, quasi scandendo le sillabe: Per me il rischio è minore…E non ho intenzione di aggravare la mia posizione.
Sollevando poi le braccia e mostrando le mani aperte: Stavolta, io, mano non ce l’ho messa……
Quello che, semmai, potrei fare sarebbe di denunciare l’accaduto…Ma lo posso fare anche all’ultimo momento…
Tira un’altra boccata. E, apparentemente calmo: Sta a te vedere che cosa vuoi fare.
Pierina, le parole del dottore hanno sortito l’effetto che egli sperava. Infatti, la donna é presa dal panico: dottore, ci sarebbe quella tal clinica dove coi soldi si accomoda tutto… I suoi occhi si posano pieni di speranza su Lucio, che, sempre più meravigliato, tace. Probabilmente non ha ancora compreso le ultime parole di Pierina.  
Il dottore: che aveva chiuso gli occhi li socchiude, fissa Pierina e senza pietà: Quella clinica c’era! Non è una gran città questa. E non é possibile ripetere la stessa operazione più di due o tre volte senza che qualcuno parli.
Continua a fumare. Quindi, cambiando espressione e tono di voce: Del resto, quando lavoravi con me all’ambulatorio ti sarai ben resa conto quant’era difficile trovare chi ti dava una mano se non ti arrangiavi. E come è finita. Cosa puoi sperare a questo punto?
Pierina, non si rassegna, è disperata: Proviamo per l’ultima volta, dottore.
Implorando gli si avvicina, gli mette una mano sul braccio e le parole le escono dalla bocca rapidissime: Ma possibile che nessuno sappia proprio che cos’è la ragione in questo paese ? Nessuno vede come vanno le cose e di chi è la colpa delle miserie che perseguitano noi poveri!? Mi aiuti…lei che qualcosa può fare…!
Il dottore, impassibile a questo messaggio che va ramingo nei secoli, si scosta da lei muovendo verso la stufa e, per distoglierla da quei pensieri, parla di denaro:  Sì, ma mezzo milione, come stanno le cose non basterebbe più per tappare la bocca a certa gente. E io non l’ ho! Chi lo paga, Pierina?
Scopre un pentolino, vi immerge un dito e con cinica indifferenza: E’ inutile. Non c’è che affidarsi ai due giovanotti, come ti ho già detto.
 Pierina, con la disperazione nella voce, aggrappandosi con forza agli orli del tavolo: Però, quando mi ha fatto lasciare l’ambulatorio mi aveva promesso la sua protezione. E, invece, lei ha cominciato a incassare i quattrini, mentre a me dava gli spiccioli!
Muove qualche passo per la stanza, e: Poi, quando è saltata fuori quella storia, non meglio di questa, chi ci ha rimesso le penne sono stata io: lei se l’è cavata ancora facendomi delle promesse.
Ora guarda con odio il dottore: Allora ho taciuto e ho pagato anche per lei e adesso lei mi pianta per la strada. Eh, no! Non ci sto più!
Il dottore, probabilmente sperava che una reazione simile non si sarebbe presentata, puntando, come aveva fatto sulla paura della donna. Ed è allarmato. Cerca di guadagnar tempo, di aggirare  anche questo ostacolo. Rivolto a Chicco, facendo un passo verso di lui. Negli occhi gli si scorge un lampo di cattiveria suscitato in lui dalla paura: Ma questa donna è fuori di testa! Avete sentito che discorsi mi fa? Proprio ora…Non capisce che ho un nome io in città, mentre lei…chi la conosce!?
Lucio, nel frattempo, ha tirato fuori una sigaretta e la batte meccanicamente sul dorso di una mano, mentre nell’altra stringe un accendisigari d’oro. Si vede che è stanco. E forse per questo non ha ancora piantato in asso costoro.
Pierina, alle parole del dottore il suo sguardo corre a Lucio come alla sua ultima speranza. La paura, la disperazione non le hanno consentito di leggere sulla faccia del giovane stanchezza e indifferenza. Vede in lui il ricco che può tirarla fuori da questa situazione: Mi aiuti lei, signore…mi presti i soldi che servono per risolvere questa brutta faccenda. Glieli restituirò…lo giuro…
Lucio, come risvegliandosi: Mi dica la ragione per cui dovrei farlo?  E il denaro che lei guadagna con questi sporchi lavori dove lo mette? Io non condivido queste vostre faccende!
Pierina, fa un movimento con la resta e con amarezza e rabbia insieme: Ma non vede che casa è questa…non vede come vivo?!
Lucio, come sopra: non lascia certo il denaro su questo tavolo.
Pierina, perde il controllo di sé, accenna con un gesto a Chicco e al dottore: I soldi li guadagnano quelli come loro che hanno inventato l’amore prenotato per telefono!
Lucio, fa cadere la cenere della sigaretta sul pavimento e con disprezzo la interrompe: Allora il denaro lo chieda al “fidanzato” di Fanny!
E, forse, senza volerlo i suoi occhi corrono alla ragazza sulla branda, fuori campo: E’ lui che gestisce la vita di quella ragazza. E lui non aveva certamente bisogno di quel maledetto denaro per vivere comodamente.
Chicco, solleva una mano come volesse cancellare ciò che Lucio ha appena detto di lui. Ha una smorfia che vorrebbe essere di compatimento, e risentito: Stai ancora digerendo il principio della ragion sufficiente di Leibniz o le sballate teorie di quel Thoreau? Già che…, chiuso anche il capitolo del cinema neorealista, sei approdato a quello svitato di Freud e ti dedichi alla ricerca dell’ interno paese straniero…   
Lucio, senza togliersi la sigaretta che stringeva fra i denti, duro: Questi sono affari miei! Malgrado quello che accade attorno a noi, sono teorie sempre migliori delle tue con le quali si perpetua una schiavitù mascherata da un buonismo ipocrita: per usare un eufemismo, ovviamente.
E riscaldandosi come gli succede solo raramente: Facendo di ragazze inesperte vittime sacrificali di una vita senza senso … o nel migliore dei casi via le gettate come cestelli di fragole andate a male!
Chicco, con grande meraviglia, rivolto al dottore: Ma lo sente? E di che ti sei nutrito finora?
Il dottore, freddamente, quasi con disgusto: Discorsi di incontri salottieri! E’ il momento di agire!
Si odono i lamenti flebili della ragazza, fuori campo.
Chicco, sempre al dottore, facendo segno col capo alla ragazza che si lamenta: Ne avrà per molto?
Il dottore, come sopra: Non molto…I segni di un collasso mi sembrano oramai evidenti.
Chicco, si nota in lui agitazione. A voce alta: Sveglia! Non c’é tempo da perdere!
Dà un’occhiata all’ingresso. Apre la porta a vetri ed esce svelto.
Nella stanza tutti tacciono. Anche i lamenti della ragazza sono cessati.
Chicco, rientrando quasi subito: Nessuno, forse un gatto al piano di sotto.
Si vede Pierina che espira profondamente, come se avesse trattenuto il respiro.
Chicco, a Lucio, come se gli parlasse per la prima volta: Non ci sei che tu, Lucky, che puoi trarci da quest’imbroglio. Un favore ad un vecchio amico non lo vorrai rifiutare.
E al dottore, Sa, dottore, che a scuola avevano scambiato il nome di Lucio in quello di Lucky.
Ammiccando: Non gliene andava mai male una.
Lucio, intervenendo con distacco: Acqua passata. Non lo hai appena detto tu, Chicco? Veniamo al dunque.
Chicco, fa uno sforzo per cercare di apparire calmo: Sei un ragazzo strano, Lucio. Sai che a volte non ti capisco proprio?
E al pari di un bambino imbronciato: Oh, sai che Fanny ce l’ha ancora con te perché non hai voluto unirti a noi?
Lucio, sempre con distacco: Dovresti saperlo che prima di tutto viene la mia libertà. Figuriamoci poi per questo genere di legami!
E come ricordando la battuta di Chicco: Inoltre quelle cose mi disgustano fatte come le fate voi.
Chicco, perde la calma apparente che si era sforzato di mostrare: Però, la Bettina, la Lisetta del Moulin Rouge…
Lucio, senza lasciarlo proseguire, con vivacità: Ma hai pur visto come sono finite le cose. Non puoi certo dire che le abbia sfruttate e che le abbia poi lasciate al loro destino come stai facendo tu ora con la Ginetta!
Fa un passo verso la ragazza in fin di vita: E nessuna si è mai trovata nelle condizioni di lei.
Chicco, con ironia: Già, lui ha imparato come ci si comporta con le donne negli States!
Il dottore, con visibile impazienza: Non mi sembra il momento di perdersi in chiacchiere...Anche i minuti stanno diventando preziosi.
Lucio, con irritazione: Ma si può sapere che cosa volete fare!? E io che c’entro in tutto ciò!?
Chicco, al dottore: Questo devo ricordarglielo, per forza.
A Lucio: E’ passato qualche anno, ma le corse alla James Dean non te le puoi essere scordate.
Lucio, lo guarda: Chicco, ora sei tu che stai proprio dando i numeri!
Chicco: insiste nel toccare il tasto dei ricordi dell’adolescenza. E con un sorrisino: Dai! Eri il migliore nel gettarti da quelle macchine che prendevamo a prestito accanto ai marciapiedi delle vie. Altro che le esibizioni nelle riprese di Gioventù bruciata!
Ride, nel tentativo evidente di muovere al riso pure uno come Lucio: Ah, ah, ah! Che tempi, eh, Lucio?
Lucio, staccato, distante: Ti sta dando di volta il cervello?! Qui, adesso che c’entrano?
Poi con fermezza: Non penserai che io voglia rovinare me e la mia Jaguar per le vostre azioni degne delle teorie di Cesare Lombroso? Levatelo dalla testa!
Chicco, ride ancora: Rovinare la tua Jaguar…Nemmeno per sogno…
Finge di fare marcia indietro: No, no dicevo così per dire. Purtroppo ricordo tante cose stanotte.
Lucio, con stizza: E le vuoi raccontare a me!? A quest’ora? E’ per questo che mi hai svegliato in piena notte!?
Chicco, con tono mellifluo, tentando di nuovo il tasto della vecchia amicizia: Lo sai bene che sei il mio miglior amico, Lucio. Volevo solo domandarti un consiglio, un aiuto. Vedo che non so trovare le parole giuste per chiederti di aiutarmi…Se mi espongo io trascino con me troppa gente, amici…
Con gli occhi fissi nel vuoto, dentro si scorge un’ombra di terrore che il suo piano possa fallire, ora quasi lo supplica: Lucio, tu sei estraneo all’ambiente e puoi riuscirci senz’altro, con facilità.
Lucio, cerca di celare la sua stanchezza nascondendosi dietro una risolutezza che non ha: Ma riuscire a far che? Senti, Chicco, te lo ripeto, non è proprio il momento per me di pensare e tanto meno di fare qualcosa. Non sono nella forma di fare alcunché. Sono molto stanco e ho bisogno solo di dormire.
Pierina, pregando Lucio: Signore, dia retta al suo amico…una mano…un momento ancora…non mi faccia finire in prigione!
Lucio, indignato: Ma fatemi il favore! Siete voi che dovevate aiutare la ragazza!
Il dottore, alzando la voce: Ma è finita…E’ troppo tardi…Nessuno potrebbe fare più niente per lei.
Lucio, come sopra: E adesso ci pensa!? Sbrigatevela voi! Io che c’entro?
Il dottore,  c.s., ma un po’ meno sicuro di sé: Ma non ha sentito cosa ho detto alla Pierina? Io sono troppo conosciuto in città, ho un nome…
Lucio, inflessibile: La verità che siete dei pusillanimi, dei…
Chicco, scattando come una molla: Pusillanime sei diventato tu da quando tieni quelle strane festicciole nella tua villa con quelle attricette da strapazzo!
Sembra concentrarsi un attimo: E in assenza di tua madre, naturalmente!
Lucio, colto di sorpresa da queste rivelazioni ha una nota di incertezza nella voce: Tu hai voglia di scherzare.
Chicco, con aria di trionfo: Non scherza, però, la Carmen che mi ha spiattellato tutto. In una cittadina come la nostra certe cose non si possono fare senza rischi: dovresti saperlo…Le registrazioni nelle mani di Fanny basterebbero a convincerti che non parlo solo per sentito dire.
Sfodera un sorrisino e aggiunge: Figurati se finissero nelle mani di tua madre….
Tutti e quattro i presenti nella stanza sono in piedi, in campo, in un silenzio rotto ancora soltanto dai lamenti sempre più flebili e radi della ragazza sulla branda.
Lucio, ora la paura riempie i suoi occhi che corrono per la stanza. Esclama: Banda di delinquenti!
Poi fa uno sforzo per controllarsi e si rivolge a Chicco: Su! Dimmi quello che altro ti frulla in quella testa! Fa presto!
Chicco, ormai sicuro di sé, se pur trionfante, incomincia per accenni: Sulla provinciale, dalla parte opposta dell’ospedale, c’é un cascinale e quel canale… Un taxi…Una disgrazia…può capitare…
Lucio, con gli occhi come persi nella paura…in un sogno: Che ore sono?
Pierina, nervosissima: Un quarto alle cinque.
Lucio, con tono imperioso a Chicco: Intanto che questa donna veste la ragazza, tu scendi a chiamare un taxi!
Chicco, visibilmente soddisfatto si appresta ad uscire: Ok, Lucky!
Lucio,  come sopra: Un momento…
Chicco ha uno scatto, si gira. L’ombra della soddisfazione è scomparsa dalla sua faccia. Ma Lucio aggiunge: Il taxi non davanti al numero 20 di questa via, ma al 18. Sarò lì fra meno di dieci minuti.
Chicco esce più tranquillo.
Si vedono le mani di Pierina che tremano toccando la ragazza.
Il dottore fuma un’altra sigaretta appoggiato al tavolo.
Osservandoli bene, i tre rimasti nella stanza fanno pensare a quei gorgoglii dell’acqua che sta  raggiungendo l’ebollizione in una pentola. L’uno evita lo sguardo dell’altro. 
Pierina ha finito di vestire la ragazza.
Lucio, molto teso, si carica la ragazza sulle braccia: Su, dottore, mi faccia strada fin giù al portone.
Il dottore, incerto: Ma…
Ginetta, con gli occhi chiusi: Ho…. sete…
Lucio, a Pierina, in modo brusco: Le dia da bere!
Il dottore, ancora più bruscamente di Lucio: Neppure per sogno! Il dolore si risveglierebbe…
Lucio, al dottore: Avanti, si muova!
Pierina, dopo avere socchiuso le imposte della finestra che dà sulla strada, subito le richiude. Spaventatissima a Lucio: Stia attento, signore, fra poco farà giorno!
Lucio esce per la porta a vetri seguendo il dottore senza risponderle.
Sulla scala buia una massa scura appare in un rettangolo di luce di un uscio che si è appena aperto.
Il dottore, si ferma e sottovoce a Lucio: C’è gente, si fermi!
Lucio, senza fermarsi, a voce alta: Adesso ha paura di questa povera gente? Vada avanti!
Gocce di sudore sono sparse sulla fronte di Lucio che regge sulle braccia la ragazza.
DISSOLVENZA
Il dottore, sulla via a Lucio: ora tutto è nelle sue mani!
Lucio, si allontana con il suo fardello senza rispondergli.   Fatto qualche passo egli depone la ragazza e l’appoggia al petto.
Un garzone di panettiere spinge un triciclo carico di ceste di pane. Vede i due e si mette a fischiettare, scambiandoli probabilmente per innamorati che hanno fatto la notte.
Si sente un motore che stenta ad avviarsi per il freddo.
Un operaio in bicicletta viene verso Lucio, che stringe a sè la ragazza, ora soffiandosi sulle dita di una mano ora su quelle dell’altra. Passa oltre senza accorgersi di loro.
Poco più avanti un taxi è in attesa.
Lucio riprende la ragazza stringendosela più forte fra le braccia e si avvia verso il taxi. Sembra che l’aria fredda del primo mattino gli abbia fatto riacquistare una certa padronanza di sé.
Lucio, entrato nel taxi, all’autista che nel suo giubbotto di pelle si sfrega le mani per il freddo: All’ospedale, presto!
Il tassista, con la voce di uno che o non ha dormito nella notte o si è alzato troppo presto: Signore, guardi che la portiera non è chiusa bene.
Lucio riapre lo sportello e con un colpo la chiude. Ma nella portiera rimane impigliato un lembo del suo cappotto. Se ne accorge. La apre di nuovo. Lo sportello sbatte con un colpo secco.
Il tassista, toccandosi con una mano il berretto a visiera: Vado.
Il taxi si mette in moto.
Lucio, Presto, si sbrighi!
Ginetta, con un fil di voce: Tonino…perché?...
Si vede la mano di Lucio che le tasta il polso e si ritrae con un fremito nelle dita.
Un braccio della ragazza cade penzoloni lungo una gamba di Lucio.
Il taxi ora corre nella luce ancora scarsa del mattino che viene. Si sente solo il suo motore che sembra si scavi la strada nel silenzio.
Di profilo il volto di Lucio mette in evidenza i suoi muscoli contratti.
Lucio, serra ancora più le labbra e sibila: Maledetti farabutti!
Il taxi procede più veloce per la strada deserta. Accanto ad essa si stende un canale di cui si scorge soltanto il bordo che costeggia la strada.
Il tassista, a un certo punto, guarda Lucio dallo specchietto retrovisore interno e: Ha detto qualcosa, signore?
Lucio: No, niente.
La sagoma di una grande costruzione si intravvede non molto lontano: è l’ospedale.
Gli occhi di Lucio, però, sono fissi su un punto più vicino: il canale.
Il tassista, che il sonno non ha del tutto abbandonato, si sforza di stare sveglio cercando di parlare con il passeggero: Ci siamo quasi…Ma lei non è il signor Racci?
Lucio, appare molto teso, nervoso e risponde sgarbatamente: Sì, sì…ma acceleri!…
Nello stesso specchietto retrovisore, muovendosi, è Lucio che scorge gli occhi del tassista su di loro. Lo sta fissando, insospettito, oppure assonnato cerca di abituarsi ai primi visi umani del mattino o al viso di lui che è nel suo taxi e che egli ha riconosciuto? Lucio suda per la paura, la rabbia: i suoi occhi sono lucidi e mobilissimi.
Il tassista, meno cortesemente: Ma sta proprio male quella ragazza?
Lucio, adagio allarga le gambe, chinandosi come per guardare meglio la ragazza il cui corpo lascia scivolare raggomitolato fra i sedili del taxi. E con un grande evidente sforzo cerca di apparire calmo.  E al tassista: Certo che sta male! Dia più gas all’acceleratore!
Quindi con uno scatto si raddrizza, si getta sul volante e urla: Bestia, ma che fai!?
Il tassista, non fa in tempo a mostrare quanto è sbalordito, forse più che spaventato.
(Tutta l’ultima scena avviene all’interno del taxi. Attorno, fuori non si vede nulla).
Lucio con una mano sterza il veicolo dritto dalla parte dove si era intravvisto il bordo del canale, mentre con l’altra mano cerca la maniglia della portiera.
Ora si vede quasi soltanto la mano di Lucio aggrappata disperatamente alla maniglia della portiera, che, malgrado tutti i suoi sforzi, non si apre.
Si sente un tonfo di un oggetto molto pesante, il taxi, che cade nell’acqua del canale.
I giochi con cui, adolescenti, imitavano scene del film con James Dean, dei quali Chicco accennò a Lucio erano finiti.  

DISSOLVENZA
                                                                      FINE

Nella pagina successiva
la lettera del dr. Merlin








 


  

 








           


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