Concorezzo.
La chiesa parrocchiale
edificata sul progetto di Luigi Cagnola: nel luogo, nel tempo e nell’avvenimento.
Intervento di Floriano Pirola al convegno
sul 90° della chiesa:
1989.
Incontri
come questo, per rievocare avvenimenti del passato, suscitano sempre non pochi
ricordi. Ma sollevano pure degli interrogativi. E non tanto su quel determinato
avvenimento quanto su come e perché esso si è verificato.
L’opportunità
che mi si offre oggi per un profilo storico sulla nuova chiesa parrocchiale,
dalla sua collocazione alla sua progettazione e alla sua consacrazione di cui
si celebra il 90°, mi consente qualche risposta.
Se
sulla parrocchiale come opera architettonica si sa tutto o quasi, come
fondazione religiosa riassume in sé un passato piuttosto remoto e, quindi,
parlare di tale chiesa vorrebbe dire non solo parlare di Concorezzo, ma
inserirsi in profondità nella storia del borgo e del suo territorio.
Approfondimento che i tempi programmati per questa celebrazione, purtroppo, non
consentono.
Incomincerò,
allora, con il rendere noto che l’area sulla quale è sorta la nuova
Parrocchiale, non è, contrariamente a quanto ha scritto il Dozio, la stessa
sulla quale fu la chiesa dedicata a Sant’Andrea. Quella chiesa, già scomparsa
da almeno tre secoli, sorgeva, infatti, sull’attuale via San Rainaldo fra la
grande costruzione, detta il Palazzone, e il ristorante La Gabina. Là dove era
un incrocio, importante sicuramente dal tempo della presenza di Roma, sul
raccordo delle vie romane Milano-Lecco e Milano-Imbersago. Quel tricudai che, nominato in carte dei
secoli scorsi, ha contribuito a crearmi qualche difficoltà per arrivare ad
individuare con sicurezza l’area sulla quale fu l’antica chiesa di Sant’Andrea.
Precisato
questo punto di non poco rilievo, procederò a dare una risposta ad altri
interrogativi, più o meno espliciti, affiorati nella pagine della mia Storia di
Concorezzo. E cercherò di rispondere, ricorrendo a documenti reperiti dopo la
sua pubblicazione, nella speranza di riuscire a chiarire una pagina basilare
per la storia di questa nuova Chiesa, in particolare come essa è stata
realizzata.
Inizia
l’Ottocento e l’antica parrocchiale, ubicata all’angolo fra le attuali vie
Libertà e Battisti, con la facciata rivolta alla piazza San Damiano, vale a dire
verso occidente, è in stato rovinoso, in
luogo depresso, incapace a contenere la metà della popolazione. Popolazione
che nel 1807 il parroco Angelo Maria Frigerio calcola in 1300 anime.
E’
evidente che l’attenzione del clero è orientata su una nuova parrocchiale.
Tanto che già il 22 febbraio 1808 gli abitanti di Concorezzo si impegnano per
iscritto a fornire prestazioni gratuite (manovalanza, trasporti, ecc.) pro
Chiesa valutate 37mila lire.
E a
fine aprile il problema chiesa viene discusso in Consiglio comunale. Un mese
dopo, Antonio Pasetti, il quale era entrato a far parte dei proprietari di Concorezzo,
presenta cinque progetti: due per l’adattamento e l’ingrandimento della
parrocchiale, che vennero, però, considerati troppo dispendiosi; e tre per un tempio proporzionato alla popolazione. Ai
progetti è unito un rapporto dell’ing. Carlo Righetti. L’ Amministrazione
comunale, i Fabbriceri e un’apposita delegazione optano per una nuova chiesa e
chiedono al Pasetti un nuovo disegno che riunisca sufficiente venustà, con moderato costo.
Il
nuovo disegno, preparato gratuitamente dall’arch. Luigi Cagnola e appoggiato
dall’ing. Righetti viene presentato dal Pasetti nel Consiglio comunale del 12
dicembre dello stesso anno e approvato all’unanimità. Secondo la perizia
dell’arch. Righetti la sua realizzazione
comporterà una spesa di 97mila lire
che il Consiglio comunale trova
meno gravosa di quella che il Comune avrebbe incontrato per altri progetti.
I delegati alla Fabbrica presentano allora alle competenti autorità governative
un prospetto nel quale sono indicate cifre dettagliate, e relative fonti, di
cui si può disporre per la costruzione della chiesa. La somma é superiore a
quella preventivata: 100mila lire contro le 97mila della perizia Righetti.
Danno, inoltre, assicurazione che non vi sarà bisogno di aggravare in qualunque momento l’estimo comunale
E’
da ricercare qui la causa prima dei tempi lunghissimi nell’edificazione della
chiesa e della sua incompiutezza il giorno della sua benedizione.
Nel
febbraio 1809 don Frigerio muore e in maggio gli succede don Luigi Lavelli. E
tutto è già quasi pronto per l’inizio dei lavori che verranno avviati dopo meno
di un anno. E’, infatti, il 2 aprile 1810 quando il Cagnola delinea la chiesa e
il 5 inizia a segnare il terreno per le fondamenta. E il 29 aprile viene posta
la prima pietra. All’una del pomeriggio dello stesso giorno, domenica in Albis,
innanzi a notaio si vuole che di tutto
ciò abbia per la perpetuità a constare da pubblico solenne atto. Il mattino
col massimo concorso di popolo, presenti
anche molti forestieri e ragguardevoli personaggi tanto ecclesiastici che
secolari era stata celebrata una solenne
messa cantata dal parroco Lavelli accompagnata dal suono di scelta musica e
collo sbarro de’ mortari (fuochi d’artificio). Che processionalmente si erano trasferiti al luogo in cui sarebbe stata
eretta la nuova chiesa. E trovatisi
escavati li fondamenti, per ampie scale si discese nella fossa, indi la Signora
Giovanna Serbelloni De Capitani pose con la massima solennità, avanti tutto il
popolo tripudiante e pieno di giubilo, la Prima Pietra, precisamente ubicata
alla profondità di braccia 5 (circa 3 metri) nel muro presso l’altare della Cappella di mezzo dalla parte della
fabbrica del Duomo di Milano in Candoglia, di forma rettangolare, recava incisa
un’iscrizione latina con i nomi di Giovanna De Capitani, Don Lavelli, il
canonico Vergani (della Chiesa plebana di Vimercate) e l’arch. Cagnola.
L’area
sulla quale erano state gettate le fondamenta era una piazza di ragione
comunale e un orto che i De Capitani, a Concorezzo dal Cinquecento, di cui
furono in seguito i più grandi proprietari terrieri e per circa un secolo
feudatari, con scrittura del 3 febbraio 1810, permutarono il fondo occupato
dall’antica parrocchiale e annesso
circondario, confinante con loro
proprietà. Il 6 marzo il Vicerè, Eugenio Napoleone, come egli si firmava, ne
autorizzò la permuta.
Il
2 maggio il parroco Lavelli riceve facoltà per la profanazione dell’antica
parrocchiale da demolirsi, le cui parti di un certo valore finirono in casa De
Capitani. Si valutò 72mila lire il materiale che si sarebbe ricavato dalla
demolizione. Nell’attesa del nuovo tempio,
la chiesa di Sant’Eugenio fungerà da parrocchiale.
Concepita
sotto i migliori auspici, la nuova chiesa, però incontrò subito molti ostacoli,
crescendo con estrema lentezza in un incrociarsi di contrasti fra possessori
del borgo e organi di governo da una parte e l’Amministrazione comunale,
Parroco e Fabbriceri dall’altra.
La
prima nota delle attività e spese della Fabbrica della nuova chiesa apre in
data 2 aprile 1810 e chiude il 31 dicembre 1811.
Ma
è dopo la fine del Regno Italico, con la caduta di Napoleone nel 1814, che
Parroco e Comune cercano il sostegno del Governo. Mentre il Consiglio di
Prefettura chiede conto al Consiglio comunale delle spese sostenute e su quelle
previste per portare a compimento la Parrocchiale. E’ così che si apprende che
a tutto il 1813, ma i lavori sono fermi dall’anno precedente, si sono spese
62.250 lire milanesi e che per portare a termine la costruzione della Chiesa,
almeno al semplice stato di officiatura omessa,
si scrive, la costruzione del
campanile, del portico davanti e degli altari, occorre la somma di 86.720 lire
di Milano, secondo i calcoli dell’arch. Cagnola. Troppi, è la risposta. E
si invita il Consiglio comunale a domandare al Cagnola di riformare il disegno in modo di ridurre il più possibile la spesa.
Altri
dispacci e si arriva a proporre, sotto la pressione dei proprietari di
Concorezzo, di esaminare gli introiti della Fabbrica in rapporto agli atti di
obbligazione e garanzie emessi tra il 1808 e il 1809. A questo punto interviene anche il canonico
Vergani, in quel momento Delegato del Ministero per il Culto, per giustificare
la spesa di 62mila lire molte delle quali
assorbì il fondamento per essere fatto più profondo con palificata a causa
del fondo cedevole. Senza risultato.
Dal
1815 al 1818 è, infatti, un susseguirsi di suppliche, opposizioni e inchieste
governative.
Si
parla di ricorrere a una sovrimposta sull’estimo che solleva accese proteste
fra i grandi e i piccoli proprietari. Ma non se ne fa nulla.
La
contessa De Capitani propone il ricorso a una lotteria con l’appoggio del vice
Prefetto di Monza, considerata irrealizzabile dal Sindaco e dal Consiglio di
Prefettura.
La
Fabbrica non procede e Comune e Parrocchia premono per ultimarla e siccome, dicono a Milano gli organi di
Governo, a termine delle vigenti massime ove mancano di mezzi le Chiese per far
fronte ai loro bisogni vi si debba supplire a carico comunale, il convocato
di Concorezzo nell’adunanza del 18 giugno 1818 decide per una sovrimposta
sull’estimo di 36 e più centesimi, da eseguirsi ratealmente in sei anni. I voti
favorevoli sono 24, i contrari 3: 13 danno il loro assenso per iscritto e gli
altri si devono rassegnare ad accettare.
La
spesa verosimilmente necessaria per mettere la Chiesa nelle condizioni di poter
convenientemente esercitare il divino culto viene calcolata ora in 35.140 lire.
Ma quando il 6 maggio 1819 si riprendono i lavori le difficoltà non sono
finite. La Congregazione provinciale appoggia ancora qualche proprietario che
non si vuole arrendere a versare la sovrimposta e l’Imperiale Regio Governo
austriaco eserciterà il controllo sulla Chiesa anche dopo la sua benedizione
impartita dal Vicario foraneo don Carlo Pagani il 28 ottobre 1821.
Dall’anno
successivo la Parrocchia si trova coinvolta in vertenze che si trascineranno
per anni: con Angelo Maria Argenti per l’altare maggiore e con la contessa De
Capitani, il conte Rovida e don Vincenzo Pini per i marmi appartenenti
all’antica Parrocchiale e depositati presso Casa De Capitani, insieme ad altre
suppellettili, che don Lavelli aveva venduto a tal Francesco Rossi che li
reclama.
Nel
1839 il parroco Lavelli muore. Qualche altro passo verso il compimento della
chiesa è stato fatto.
Manca
il campanile che il suo successore, don Agostino Tomaso Meraviglia, farà
erigere fra il 1842-43, dotandolo di orologio nel 1845 e provvedendo pure a
chiudere altre partite in sospeso.
Sarà
con il parroco Gerolamo Bonomi che si procederà all’allungamento della Chiesa
ed alla sua consacrazione.
Da
un verbale di visita quinquennale alla Parrocchia dell’ottobre 1872 la Chiesa
risulta in istato lodevole di ordinaria
manutenzione e decoro.
Passano
vent’anni e il Parroco lamenta infiltrazioni che deturpano la volta giorno dopo giorno. Ne parla con il suo
coadiutore don Melchiorre Cavezzali, il quale fa venire a Concorezzo il parroco
di Vergiate, don Enrico Locatelli, perito
come un ingegnere per un sopralluogo. Secondo don Locatelli la volta non si
può sanare se non alzandola. Al principio del 1894 inizia uno scambio di
comunicazioni fra Parroco e Comune sul
caso. Nel frattempo il parroco di Vergiate presenta il suo progetto anche per
il prolungamento della Chiesa e don Bonomi rende la notizia di pubblico dominio
obbligandosi per la metà della spesa,
quanto all’altra metà fosse assicurata dai parrocchiani, dai padroni e da
altri. Ma i capomastri interpellati rifiutano di impegnarsi per tale cifra.
Ci si rivolge allora al Genio Civile, che rimanda alla Prefettura previo rapporto di un Architetto. Don
Cavezzali conosce un giovane architetto, Virginio Muzio, che sta lavorando per
l’arch. Mucecchini alle porte del Duomo di Pavia. Il Muzio viene a Concorezzo,
esamina la volta e dice che nella Chiesa tutto è perfetto e degno del Cagnola. La volta è di una architettura singolare e
non può cangiarsi senza enorme spesa: bisogna piuttosto pensare a sanarla.
Nel
Borgo anziani e autorità sostengono che la volta non è quella disegnata dal
Cagnola, ma bensì una volta schiacciata per mancanza di mezzi e di materiali.
Si consulta anche l’arch. Poerio, il quale lo esclude. Per la conferma ci si
reca nella villa del Cagnola, la Rotonda che per sé eresse a Inverigo, per
consultare il suo Archivio, ora proprietà dello Stato, nel quale si trovano gli
spaccati che servirono per la costruzione della nostra chiesa: tutto è suo,
volta compresa.
Si
chiude allora con il progetto del parroco di Vergiate. E il denaro raccolto é
destinato all’allungamento della Chiesa del quale viene incaricato il Muzio.
La prestazione della
popolazione, scrive
il Parroco, è stata edificante. Non solo,
essa si è contagiata d’entusiasmo e sul filo della memoria pensa di sanare con
la volta le sofferenze dei bisnonni per questa Chiesa. Si ebbe così, conclude, la
volta risanata e decorata la Chiesa allungata e il portico com’é. Il 1898,
l’anno anche dei moti di Milano, è finito. Il 7 maggio 1899 il card. Andrea
Ferrari, arcivescovo di Milano, venne a Concorezzo trattenendovisi pure il giorno seguente. Per
la circostanza un arco trionfale fu eretto al ponte della Ghiringhella e il
cardinale venne ricevuto sotto il portico di casa Pini, lì accanto, trasformato
in cappella. Molti sacerdoti e tutti i più importanti signori del paese, le
Confraternite e la banda con suoni e canti lo accompagnarono alla Chiesa che egli
consacrò. A ricordo fu posta nella Chiesa una lapide e si fissò per la quinta domenica
dopo Pasqua la festa della sua consacrazione.
Sono
questi dati e tratti essenziali della storia di questa Chiesa la cui
costruzione fu molto travagliata; ma che è rimasta nel tempo un esempio e un
modello fra altri edifici di culto eretti su disegno del Cagnola.
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