mercoledì 9 novembre 2016

Un ramo scomparso dei Georgi, 2'001 e Romano 2015

Importante è imparare a giudicare da sé: Georgi e...Romano

Georgi,  sarebbe stato questo agli inizi il nome di quella che poi sarebbe stata la famiglia De Giorgi. La loro origine da ricercare dopo che i Longobardi erano scesi in Italia nel 568. E il suo capostipite sarebbe stato un figlio della regina Gundeberga, figlia di re Agilulfo e della regina Teodolinda, andata sposa a re Rotari.
Teodolinda, oltre che sposarsi a Lomello, si sarebbe fatta costruire una chiesa in Pavia dedicandola a S. Giovanni Battista. Nome che rimarrà in quel ramo disceso dai re longobardi, come quello di S. Floriano, santo da quel popolo venerato e il cui nome è ancora oggi diffuso in Germania come lo fu, almeno fino alla metà del 1900, pure nel Veneto. Sentii parlare di altre chiese in giuspatronato e no, monasteri, fra i quali il S. Felice di Pavia, con monache della famiglia. E di nomi di arcivescovi (Genova), vescovi (Piacenza), commissari del principato di Pavia e, dal XIV secolo al XVIII decurioni di Pavia, sparsi in antichi diplomi e privilegi. Pure il Sitoni di Scozia ne nomina nel suo latino, tracciando alberi genealogici. Come il typus  genealogicus nobilum de Georgiis de la Regalia che inizia con Jacobus e termina con Hieronymus: quel Gerolamo, del quale sentii accennare prima di Tomaso e di Giovanni Battista, bisnonno materno. Interessante lo stemma  dei de Giorgi del 1722 del Sitoni, in bianco e nero, presso l'Università di Pavia.
Per gli anni che precedono il Comune e l’inizio della Signoria dei Visconti, mancando i documenti, è un po’ come entrare in un labirinto senza il filo di Arianna.   
Per i discendenti di Teodolinda: il figlio di Gundeberga che avrebbe dato principio a quella famiglia fu castaldo o gastaldo regio, vale a dire ufficiale alle dirette dipendenze del re incaricato di amministrare i beni della corona esistenti in ciascun ducato, con poteri civili e militari; mentre il maggiore successe a Rotari.
Nell’800 con Carlo Magno, che nel 774 aveva sconfitto l’ultimo re longobardo, Desiderio, la famiglia dei Georgi ebbe la contea di Pavia e del Palazzo d’Italia (da qui i conti palatini): Il forte si mesce col vinto nemico – col nuovo signore rimane l’antico … (A. Manzoni).
In seguito i conti di Lomello, lo furono anche del Palazzo fin che Pavia fu capitale del regno.
Attorno al Mille, esauritasi la linea maschile, quel ramo confluì con Adelaide nel quarterium paternum dei Georgi come si legge in Monumenta nobilitatis Familiae de Georgiis de la Regalia Ticinensis, Milano 1722,  Sitonus  de Scotia J. =Giovanni Sitoni di Scozia,  giureconsulto milanese e genealogista (1674-1762); Biblioteca centrale dell’Università di Pavia,  (segnatura: Ticinensis T.1 n. 34, nella seconda metà del Novecento).
Nel 1725 sempre il Sitoni pubblicò: Quadripartitae Nobilitatis Monumenta in Stemmate Genealogico Patricii D. Hieronymi de Georgiis de la Regalia Nob. Ticinensis. Georgiae stirpis apud Ticinenses clarissimae stemma gentilitium circumpositis gestorum cum laudes numerum jeroglificis adanctum.   
I Georgi, però, avrebbero avuto principio da un Pietro, sotto Onorio Flavio (Costantinopoli 384-Ravenna 423), imperatore romano d’Occidente succeduto al padre Teodosio, ai confini della Germania, come compare nello stemma di questo ceppo. Nel quale non manca proprio niente a partire da un fascio di verghe romano, a destra, da cui esce una scure – simbolo della potestà dominatrice, una delle più alte insegne degli alti magistrati romani, portato davanti a loro dai littori ogniqualvolta comparivano in pubblico-  e, sopra, un signum (insegna, vessillo dell’esercito romano), sotto, appese delle croci (di Lorena ed altre) e  cappello, mitria cardinalizia e pastorale.
L’ascesa e la caduta di re e d’imperatori segnano i secoli. E anche l’asse del potere per i signori del contado di Lomello si sposta e tra alterne vicende si riducono i territori che in precedenza erano stati loro sia al di qua del Ticino che al di là del Po.  Come Pinarolo Po, Olévano, Castellario (Castellaro de’ Giorgi), Rocca de’ Giorgi, Soriasco, Cerreto o Ceretto Lomellina, Regalia ultra Padus…e la domo a nobili sita Papiae in P.S. Georgi in Monte Falcone.
Qualche de Georgi s’incontra ancora oltre che a Pavia, a Genova,  Piacenza e Cremona fra vescovi (Georgius 1218 Pavia, Corrado 1376 Piacenza, Pietro 1494 Tortona) arcivescovi (a Genova morto nel 1436, gerosolimitano)  e commendatari(Hieronimus 1674) fino al XVIII secolo. Quando l’appellativo dominus ha lasciato il posto a quello di nobile. Un particolare, non certo insignificante, del quale nella famiglia si preferiva parlare il meno possibile comprendendo situazioni per i suoi componenti non certo piacevoli sotto l’aspetto economico e  finanziario.
Nella ricerca del Sitoni non ho rinvenuto traccia di una donna longobarda entrata nella famiglia de Georgi che pur deve avere significato qualcosa d’importante dal punto di vista economico, politico e strategico se il ramo dei De Giorgi derivatone di lei non si dimenticò. Si accenna, invece, alle origini e sono riprodotti i quattro stemmi dei quattro rami dei De Giorgi formatisi dal 1300 e quello che coincide con la descrizione che fa parte dei miei ricordi e cioè quello con un’aquila coronata, ad ali distese e con la testa rivolta ad oriente, sopra una scacchiera circondata da due rami di acànto.  Quella del quarterium paternum (1300); ma anche il quarterium de Barsiziis maternum (un ramo milanese-bergamasco, 1500) ha un’aquila sotto la quale sta un albero, mentre gli altri due non hanno aquile (….Pro quarterio de Georgiis paterno - ex linea Ascendenti, Patricio Ticinensi…e quarterium de Georgiis  -Ex linea transversali...Pro quarterio materno de Barzisiis Patricio Mediolanensi…Pro quarterio Aviae paternae de Sartirana Patricio Ticinensi - quarterium de Sartirana...Pro quarterio Aviae maternae de Pagnanis Patricio Mediolanensi... ) E si prosegue. Gli stessi nomi si presentano nel tempo e non è difficile confonderli tra i diversi rami e linee transversali delle famiglie. Malgrado ciò non ritengo sia impossibile condurre ulteriori  ricerche  sulla gens de Georgiis Equestrium ac Pedestrium fortisssimi Doctores, Urbium Praefecturae, amplissima feuda, eminentissimae nobilitatis Hierosolymitana Religio (l' arcivescovo di Genova citato), almeno per qualche ramo.  Come ho constatato, a volte, in alcune ricerche riguardanti altre famiglie.  Purtroppo alla ricerca storica, in archivi pubblici e privati, mi sono dedicato più tardi. Dopo che l’ultimo rappresentante maschile di quel ramo della famiglia morì alla metà del Novecento e… le poche superstiti ben presto lo seguirono.  
Ma nel leggere le genealogie che per tutte le famiglie le cui origini si perdono nel tempo va tenuto presente che alla loro compilazione provvedevano, quasi sempre, uomini di lettere al loro servizio. A loro, infatti, si affidavano documenti apocrifi e biografie celebrative dipanate all’interno di quelle classi emergenti di cui l’ignoranza e la miseria della popolazione che le circondava favorivano l’avallo.
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 I Romano, originari della Marca Trevigiana, nei primi sessantanni del Duecento in Italia.

 

Non ho riscontrato finora un accenno nella Storia d’Italia sulla provenienza dei Romano che compaiono nel Meridione nel XIII secolo

Ho visto una scatola con carte vecchie un po’ ingiallite e non facili da leggere, mi disse un giorno il padre di mia moglie, un Romano che da ragazzo aveva anche sentito il nonno dire che la loro presenza in loco risaliva a un tal Ezzelino e all’imperatore Federico II. Una sorella di suo padre aveva sposato il prof. Francesco Brandileone, noto storico del Diritto, e il baricentro della famiglia si spostò  verso Roma.  E di Amalfi e Sorrento nella casa di villeggiatura degli avi a Buonabitacolo, toponimo di georgiche memorie, i ricordi uniti a quelli della capitale del Regno delle due Sicilie scomparvero con loro.

In quel tempo ero impegnato in altre ricerche storiche, non facili da realizzare per gli spostamenti dei documenti fuori città durante il secondo conflitto mondiale effettuati dagli Archivi di Stato. E quella voce rimase a gridare nel deserto.

Quando tornai a quel ricordo molti anni erano passati e gli Archivi di Stato si erano riorganizzati.  L’anno che trascorsi nel Veneto mi imbattei, non lontano da Vicenza, nella località Ezzelino da Romano ed in un amico veneto il quale conosceva il prof. Sante Bortolami, medioevalista, presso l’Università di Padova. E molte cose erano cambiate.

Tentai allora di dedicarmi a quella ricerca: gli ultimi testimoni erano tutti scomparsi e pure la casa che si incuneava in un’antica torre era stata ristrutturata. Erano rimaste solo poche foto del 1925: una della famiglia e altre due della casa. Mia moglie del casato e della casa conserva soltanto in sé la memoria e di nobildonna lei non volle mai sentir parlare,

Constatai, invece, che più di uno storico si è occupato dei Romano nel Mezzogiorno a incominciare dal prof. Ciro Romano dell’Università Federico II di Napoli. E pure Riccardo Filangieri di Candida Gonzaga archivista, storico e genealogista italiano, eminente figura di funzionario e direttore dell'Archivio di Stato di Napoli; Giovanni Battista di Crollalanza; Francesco Bonazzi di Sannicandro; Luigi Pescatore; ma l’origine dei Romano di Ezzelino non è facile discernerla tra quelle di altre famiglie omonime.Soltanto in sito della Famiglia Romano si legge: ….. Nel territorio della repubblica amalfitana è stato possibile rintracciare le sue origini. Il Codex diplomaticus Cavensis, da un lato, e le pergamene custodite ad Amalfi e Ravello, tramandano i nomi di parecchi individui dal cognome Romano.

Ovviamente ciò non basta.

Purtroppo il Codice diplomatico cavense e i pochi accenni in carte del 1238 e del 1239 di quel Olderico ad Amalfi e quel Alcherio in Sicilia al seguito di Federico II che il medioevalista di Padova fornì qualche anno fa al mio amico mi potevano aprire una pista che, purtroppo, non ero più in grado di seguire: il tempo della lettura e della trascrizione delle pergamene era finito con l’aggravarsi dei miei occhi malati.  

Mentre si sarebbe potuto a questo punto, forse, segnalare i nomi di coloro che appartennero ai rami di Amalfi e Sorrento consultando le fonti archivistiche: Pergamene degli Archivi vescovili; Codici diplomatici; Registri delle cancellerie; Archivi privati e di Stato.

Non mi rimane che rievocare molto brevemente il periodo storico-medievale di cui le carte raccontano le vicende ed il vissuto. Di Ezzelino III, ripercorrendo attraverso un racconto multimediale che rivisita le trascrizioni delle cronache duecentesche, le lettere papali e i racconti popolari, si è contribuito a far nascere e a mantenere viva la sua leggenda di  egemone, e  tiranno, nella Marca Trevigiana e Veronese nel XIII secolo. Mentre si sarebbe potuto scrivere che furono i suoi rapporti con l’imperatore Federico II a portare i Romano del suo casato dal Veneto nel Meridione fra il 1237 ed il 1238 quando i due si battevano contro Comuni e Papato per il controllo nella Penisola con un patto d’acciaio ante litteram.

Ezzelino III, terzo di questo nome, nacque nella domus denominataoriginariamente da Onara e successivamente da Romano.  

La famiglia degli Ezzelini o dei Da Romano venne dalla Germania tra il X e XI secolo. Prima tappa Onara, attuale frazione di Tombolo. Fece costruire un castello nell’alta pianura e uno nel Pedemonte veneto. Stabilendosi dal 1199 a Romano, un borgo nelle vicinanze di Bassano del Grappa che dal 20 novembre 1867, per non venir confuso con l'omonimo lombardo e piemontese, prese il nome di Romano d'Ezzelino.

Un rapido excursus nell’arco di tempo fra l’Alto e Basso Medioevo in cui Ezzelino III e Federico II (1194 o 1195 -1259; 1194-1250) esercitarono il loro potere  movimentando l’intera Penisola. Anche se per alcuni eventi una lettura a posteriori tra un altalenarsi di dati, nomi e miti possa finire a volte per far credere anche quello che non è.

Ezzelino era un guerriero, nella sua Arma: alabarda, spada e mazza.

Quel valoroso (fino al XVI secolo la guerra era una macelleria di umani anche se in seguito non ha dimostrato certamente umanità); ma anche un astuto Signore della Marca Trevigiana, che era riuscito a estendere il suo potere su Vicenza e Padova creando un dominio indipendente che si estendeva dall’Oglio e dal Po fino a Trento.

Erede dei possedimenti trevigiani della famiglia, riuscì a egemonizzare Verona, di cui fu podestà dal 1226 al 1230. Fino alla dieta imperiale di Cremona e alla ricostituzione della seconda Lega nel 1226, la famiglia romanense era rimasta su posizioni di ostilità a Federico II.

Gli anni scorrono tra le condizioni e le soluzioni temporanee nel corso degli scontri fra la Lega lombarda e Federico II e la loro riconciliazione grazie alla mediazione papale nel 1227.Poi gli errori di valutazione sugli Ezzelini da parte dei rettori della Lega spinsero il giudice vicentino Gerardo Maurisio, che parteggiava per loro, a recarsi in Puglia nella domus imperiale d’Apricena per perorare la loro causa. 

Ezzelino, secondo il cronista Rolandino da Padova, si sarebbe recato solo ad Augusta alla corte imperiale. Sicuramente lui e il fratello Alberico incontrarono Federico a Trento. Seguirono i diplomi imperiali di piena protezione e il protocollo d’intesa fra i da Romano e Federico II: il loro giuramento di fedeltà fu prestato non più alla Lega bensì all’imperatore. I Romano che per tradizione erano stati contrari all’Impero e agli Svevi. E questo per l’incomprensione dei capi della Lega lombarda che avevano disatteso alle promesse fatte alla famiglia Romano: l’ avevano tradita abbandonandola nel momento di un cruento conflitto che travagliava la Marca trevigiana. 

Fatti che si riscontrano per motivi di dominio anche nei secoli successivi un po’ da ogni parte  del Nord Italia.

Fu, poi, la situazione di difficoltà in cui vennero a trovarsi Ezzelino e Federico fra il 1236 e 1237, soprattutto in quest’ultimo anno dopo il tentativo federiciano di risolvere militarmente il problema della Lombardia, che fece nascere quell’intesa fra i due.  Intesa che, si può dire fu più a favore dell’autonomia di Ezzelino; ma che durò fino alla morte dell’imperatore.

FedericoII, lo Stupor mundi, aveva una personalità poliedrica e affascinante, che ha polarizzato l'attenzione degli storici. Egli, nella prima metà del Duecento per arditezza di concezioni politiche, cultura e governo, si può considerare il primo dei sovrani per la sua concezione moderna dello Stato.

Più latino che germanico per la sua mentalità, cultura e di idee che andavano oltre l’orizzonte di quel mondo; tollerante in fatto di dottrine, di religione tanto da essere considerato dal Papato un eretico aveva la spregiudicatezza che distinguono i grandi,  qualità di statista e di legislatore di primo piano. Se astrologia e astronomia furono per lui scienze indispensabili che possono avere orientato le sue scelte non si può dire che altrettanto non sia avvenuto per sovrani antichi e moderni ricordati nella Storia.

Dopo che Ezzelino III si fu schierato con l'imperatore Federico II di Svevia questi lo nominò suo Vicario Imperiale in Lombardia segnando la fine di ogni libertà comunale, sulla quale prevalse la volontà del dominus Romano.  

Nel veneto continentale già nel 1238 egli veniva definito dominus, vale a dire signore o padrone. Il nostro  aveva una ferma volontà e capacità di far valere la propria forza. E i suoi rapporti prima con la Lega lombarda, poi con Federico II e il Papato lo dimostrano.

I fatti non fecero rinunciare a Federico Ezzelino, suo caposaldo nel Nord-Est dell’Italia e custode della via di comunicazione con la Germania.

E quando Ezzelino sposa Selvaggia, una figlia naturale di Federico II nel 1238, alcuni appartenenti al casato del Romano sono nel Meridione dove Federico li investe di cariche ed onori, incominciando da Amalfi, che fu la più antica Repubblica marinara, fondata da coloni romani nel IV secolo d.C. Finisce il regno longobardo nel 774  e tra alterne vicende arriviamo al 900. Dal 950 in poi, Amalfi conobbe un periodo di grande splendore. I suoi commercianti crearono basi commerciali in Terra Santa, in Egitto, a Tunisi, a Tripoli, ad Alessandria, a S. Giovanni d’ Acri e a Costantinopoli. Le sue navi si spinsero anche oltre il Bosforo ed, infatti, nel Mar Nero, nelle vicinanze di Sebastopoli, esistono ancora oggi i resti di un antico Porto Malfitan. Pertanto, all’inizio dell'anno Mille, Amalfi era diventato il più grande emporio commerciale del Tirreno. Si devono agli Amalfitani l’invenzione della bussola e la redazione della Tavole Amalfitane, cioè di un codice di diritto commerciale marittimo che in seguito servì come base per tutti i codici marittimi del Medioevo.

Presi dall’enorme sviluppo commerciale, gli Amalfitani non si preoccuparono mai di organizzare una forza militare. Scomparso Federico II e saliti al potere gli Angioini, Amalfi si avviò ad un’ inesorabile rovina. 

Personaggio stimolante, sfaccettato, dalle enormi ambizioni e dalle ancor più strabilianti conquiste, molto discusso lo definisce Giuseppe Tramontana in Una tirannia moderna Ezzelino III da Romano nel 750° anniversario della morte nel castello di Soncino.

Ezzelino a mezzogiorno del 25 agosto del 1259 aveva lasciato Brescia per tentare di occupare Milano la più ricca ed irriducibile nemica dell' Impero. Ferito gravemente a Cassano d’Adda e catturato dalle forze guelfe, nel castello di Soncino si lasciò    morire e vi fu onorevolmente sepolto.

Dagli storici che hanno studiato la vita del Mezzogiorno d’Italia non appresi, però, quel che mi aspettavo sull’origine dei Romano del periodo federiciano. Il conte Berardo Candida Gonzaga, discendente della nobile famiglia Filangieri nel V vol. del suo magnum opusMemorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia, 6 volumiscrisse che la famiglia poteva essere originaria di Roma. La ricerca non è sempre facile e nessun aspetto va mai considerato marginale. Così almeno fu per le mie ricerche. Avevo cercato inutilmente la data del matrimonio, avvenuto nella seconda metà del Trecento, di Balzarino Pusterla  (vedi la mia ricerca: Balzarino Pusterla e la Certosa di Baggio) e Ursina figlia naturale del fu Matteo Visconti, l’esistenza della quale non era nota.  Il documento si trovava nel faldone che un libraio antiquario, che quando finisce un casato dall’ultimo erede acquista archivio, biblioteca e tutto il resto, il quale mi propose l’acquisto; ma in quel momento ancora non era di mio interesse e lui lo aveva ceduto ad un collezionista.

Dallo storico Riccardo Filangieri, I registri della cancelleria angioina, si ricavano dati anche sui rami dei Romano che seguirono Federico II senza specificarne l’origine. Che l’imperatore Federico abbia dato in custodia ai Romano di Amalfi ostaggi lombardi nessuno si è chiesto perché custoditi proprio da loro. Potrebbe trattarsi di prigionieri importanti scampati alla più cruenta battaglia del secolo XIII, quella di Cortenuova presso il fiume Oglio.  La quale avvenne il 27 novembre 1237 fra l'esercito di  Federico, con l’appoggio di Ezzelino, e le truppe milanesi recatesi nella zona per difendere Brescia. Fu una delle vittorie più significative nell'ambito del conflitto che opponeva l'imperatore alle città padane riunite nella seconda Lega lombarda. Ed i custodi di costoro furono i Romano che con gli stessi o contro gli stessi si erano battuti nel Nord Italia.

Sia Federico che Ezzelino non risparmiavano, però, anche l’esilio ai loro avversari.  A Treviso Federico esiliò nel Meridione la figlia e il fidanzato del fratello di Ezzelino per motivi politici.

Con Federico le città del Nord continuarono ad essere turbate anche da passaggi di cavalieri tedeschi e di arcieri saraceni.

Federico II morì nel 1250 e l’ultima fase del dominio svevo in Italia subì un cambiamento.   

La dinastia sveva in Sicilia durò dal 1198, anno in cui fu proclamato re Federico II di Svevia, al 1266 quando Manfredi di Sicilia fu sconfitto da Carlo I d'Angiò.

Il secondo Federico aveva rappresentato con la sua politica un pericolo di accerchiamento dello Stato della Chiesa. Come imperatore egli controllava l’Italia centro settentrionale e l’Italia meridionale quale erede della dinastia normanno-sveva. Ora il Papato favorì l’insediamento nel Regno di Sicilia di una dinastia senza altri interessi nella penisola: quella di Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX, il santo.

Manfredi d'Altavilla, figlio naturale di Federico II di Svevia, nacque intorno al 1232. Quando nel 1250 morì il padre, Manfredi prese saldamente il controllo del regno di Sicilia e dell'Italia Meridionale, fino all'arrivo dalla Germania di Corrado IV, l'erede legittimo. Ma, sconfitti nel 1266 Manfredi e nel 1268 il giovane nipote, Corradino, ultimo rappresentante della dinastia sveva, con l’aiuto dei guelfi italiani, Carlo I d’Angiò diede principio al dominio angioino nel Regno di Sicilia. Dal 1266 fino alla sua cacciata dall'isola nel 1282 con i Vespri siciliani re Carlo I d’Angiò fu re di Sicilia.

Seguì una grave crisi per la monarchia angioina. Alcuni fra i Romano che avevano seguito Federico II sopravvissero: chi prestò denaro al re angioino, chi fu capitano della città di Napoli prima che terminasse  il secolo XIII.

Che altri personaggi della Famiglia siano stati presenti fino al XVIII in posizioni di prestigio nel Regno delle due Sicilie, nel quale mantennero pure i loro feudi, hanno scritto altri ricercatori senza occuparsi della loro origine.

Da parte mia sono già andato oltre la morte di Ezzelino III nel 1259.

Solo tempo e pazienza per la ricerca e gli storici che volessero approfondire queste pagine di storia duecentesca non hanno, che consultare, come accennato, nei codici diplomatici, registri delle cancellerie, archivi privati, archivi delle Curie arcivescovili e in quelli di Stato le tracce di questa famiglia dal XIII al XIX secolo. Completando pagine di storia medioevale e di storia moderna non tutte ancora conosciute.


Lelia- Floriano in aeternum

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

     

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


     




  


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